21 settembre 2009

IL ’68 E QUARANT’ANNI DOPO


Caro Direttore, cerco di rispondere al quesito che mi hai posto sul confronto tra il movimento degli studenti del ’68 e i movimenti odierni impegnati nella scuola. Si tratta, ovviamente, d’impressioni frutto di esperienze dirette e del confronto con i miei due figli (una ragazza di 18 anni, studentessa di Liceo Scientifico e un ragazzo di 20, studente al Politecnico di Milano che si è diplomato anche al Conservatorio), che definirei socialmente sensibili ed anche saltuariamente impegnati. Come si usa scrivere, la responsabilità delle considerazioni è però solamente mia.

La prima precisazione riguarda il ’68. Le considerazioni sono riferite esclusivamente all’anno 1968 ed, in parte, all’anno successivo. Poi inizia un’altra storia, di cui ho fatto parte e che ricordo anche con nostalgia, non solo perché avevo 20 anni, ma profondamente diversa, che presenta qualche analogia con l’attuale situazione.

La prima grande differenza è data dalla diversa ampiezza del grado di coinvolgimento delle masse studentesche. Ricordo ancora bene la partecipazione alle assemblee nella seconda metà del ’68 e della prima metà del ’69. Le decisioni del movimento, prese nelle assemblee a seguito degli interventi dei vari leader, Mario Capanna in testa, erano in qualche modo fatte proprie, anche se magari non del tutto condivise, dall’insieme degli studenti. In assemblea e, anche nelle manifestazioni contro l’autoritarismo dei ‘baroni’ e delle autorità accademiche ed anche contro la guerra del Vietnam, mi ritrovavo con ragazzi e ragazze che conoscevo di vista ai tempi della scuola superiore ad Arona sul Lago Maggiore, ma che le barriere sociali non ci facevano quasi mai incontrare. Con i ragazzi del Liceo la vera, sola frequentazione, di noi di Ragioneria, era la tradizionale partita annuale di calcio (che noi vincevamo sempre).

Il ’68, per dirla con Antonio Gramsci, fu vera egemonia, capace di abbattere barriere socio-culturali e convenzioni sociali radicate e far incontrare ragazzi e ragazze provenienti da mondi assai lontani, dentro e fuori la scuola.

Le esperienze scolastiche dei miei figli mi portano a escludere qualsiasi analogia con quella stagione. Le barriere socio-culturali si sono nuovamente riformate, gli attuali studenti, salvo rare eccezioni, frequentano gruppi ristretti di coetanei più o meno dello stesso ceto sociale.

Dal punto di vista politico, l’analogia, seppur con capacità di mobilitazione assai diverse, è più con la situazione degli anni ’70, dove un gruppo organizzato, più o meno grande, proponeva iniziative cultural-politiche e mobilitazioni, fatte proprie però solo da una minoranza degli studenti.

L’altra grande differenza è nel diverso coinvolgimento personale, caratterizzato nel ’68 da una sorta di imperativo ad assicurare la propria presenza ‘fisica’ a tutte le iniziative ed, oggi, in gran parte sostituito da internet, facebook e le altre aggregazioni virtuali, rese possibili dallo sviluppo tecnologico.

Sta, probabilmente, anche in questa evoluzione del modo di relazionarsi, la grande differenza tra le leadership del ’68 e quelle, a mio avviso, più labili ed incerte degli attuali movimenti, che non a caso, durano più o meno il tempo di un TG.

La voglia di stare assieme, probabilmente, nasceva anche dalla concreta necessità di far fronte comune nei confronti dell’autoritarismo della scuola e della famiglia che, salvo eccezioni, contraddistingueva la società di allora. Quel collante non c’è più e un altro collante generale non si è ancora riusciti a trovarlo.

Resta la volontà di relazionarsi, che è propria soprattutto delle giovani generazioni, che va al di là dei ‘pretesti’ politico, culturali, sportivi ecc. ecc. che di volta in volta possono essere messi in campo.

E qui mi rifaccio alle testimonianze dei miei figli che una volta si sarebbe potuti definire di sinistra. Mia figlia, infatti, che ha partecipato alle primarie del PD, va agli incontri sulla legalità organizzati da professori in sintonia con l’impegno cultural-politico di Nando dalla Chiesa, ha condiviso con il fratello la battaglia di Beppino Englaro e quelle a difesa della laicità dello stato di Emma Bonino, Ignazio Marino ed altri ed entrambi mi hanno accompagnato in occasione di manifestazioni a fianco degli studenti iraniani e contro l’invasione russa della Georgia.

Secondo loro, tuttavia, c’è un crescente disinteresse per un impegno continuo in particolare tra coloro che sono appena arrivati alle scuole superiori, anche se poi, confrontandosi con i loro amici, riscontrano idealità e valori, vissuti però soprattutto come fatto personale . Chi sembra soffrire di più di questa situazione sembrano essere i collettivi di sinistra.

Gli unici a mantenere una relativa capacità di coinvolgimento, sempre circoscritta a minoranze, seppur non trascurabili, di studenti e dare continuità all’organizzazione di momenti d’incontro non virtuali nelle scuole e fuori sono i ragazzi di CL. Magari strumentalmente, non chiedono però mai un’adesione a priori alla loro visione del mondo, e sembrano dare risposte più convincenti al bisogno di stare assieme.

 

Sergio Vicario

                                


 



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