19 novembre 2014

musica – PAOLO ISOTTA, MUTI E IL CORRIERE


 

PAOLO ISOTTA, MUTI E IL CORRIERE

Qualche settimana fa è uscito in libreria un libro autobiografico di Paolo Isotta, noto a tutti per essere il critico musicale del Corriere della Sera e un grande ammiratore di Riccardo Muti. Considerandone l’incredibile volgarità, e non volendogli fare pubblicità, non ne citerò il titolo. Confesso anche di non essere andato oltre il primo terzo del volume, perché tutto mi lascia supporre che gli altri due terzi siano fatti della stessa pasta. Mi chiederete dunque perché ne scrivo in questa rubrica e dico subito che lo faccio perché lo ritengo un dovere morale.

musica40FBMi spiego. Da anni Isotta è andato sempre più esponendosi a severe critiche, sia per l’uso di un linguaggio pomposo e arcaico, sia per il carattere iperbolico e apodittico dei suoi giudizi (…”il migliore di ogni epoca“… “il peggiore che abbia mai ascoltato“… ecc.) tendenti sempre a irridere alcuni – meglio se grandissimi, come Claudio Abbado o Maurizio Pollini – e a magnificare altri, meglio se sconosciuti: l’importante per lui è épater les bourgeois e con ciò costruirsi la fama di supremo giudice che tutti sovrasta.

Oltre alla curiosità del linguaggio e alla violenza dei giudizi, il nostro sfoggia sempre una conoscenza illimitata di autori, di interpreti, di testi. Non posso confermare o smentire le sue infinite citazioni di esecutori e di esecuzioni, di concerti e di opere, ascoltati in date e in luoghi anche remoti, di particolari e di aneddoti sulle vite di grandi e di piccoli musicisti di ogni epoca, dagli esordi ai contemporanei. Sarà tutto vero? Speriamo. A noi non resta che ammirare tanta erudizione e soprattutto invidiare una così vasta e precisa memoria.

Ed è proprio di fronte a questo possente sfoggio di erudizione che c’è da rimanere esterrefatti cogliendo nel libro ben altro che il nobile interesse per la storia della musica e della sua interpretazione, ma piuttosto quello sordido per il peggior gossip che si possa immaginare, a sfondo scandalistico e pornografico, dedicato anche a persone – e ciò mi scandalizza – che non ci sono più e che dunque non possono né smentirlo né querelarlo.

Trovo indegno svelare e pubblicare vicende personali, delicate e intime, di chi in vita non ha mai ritenuto di renderle pubbliche. È il caso – ecco il motivo per cui ne parlo – del suo insegnante di pianoforte, di cui qui non riporto il nome per non aggravare il pettegolezzo; segnalo solo che è un celeberrimo insegnante scomparso trent’anni fa, uomo di immensa cultura e di grandissima levatura e professionalità, con alle spalle una nobilissima storia di dedizione alla musica e all’insegnamento, di amore e di disponibilità senza confini verso allievi e allieve fra cui moltissimi divenuti celebri e celeberrimi. Lo stesso Isotta ne parla come del più grande Maestro del novecento.

Che interesse può avere parlare della sua omosessualità – argomento che forse lui, nato nel 1908 e sempre vissuto a Napoli, avrebbe desiderato non mettere in piazza – e ancor più con dovizia di dettagli scabrosi? Non si ha idea di come, dal libro di cui stiamo parlando, esca devastata la figura di questo grandissimo Maestro insieme con quelle di tanti altri, noti e meno noti, citati sempre con grande sfacciataggine con nome e cognome, quasi che nella Napoli socialmente disastrata del secondo dopoguerra non ci fosse altro degno di memoria. Isotta scriva quello che vuole, ma non offenda la memoria di chi non c’è più, e soprattutto ricordi che non si ha il diritto di rovistare nel privato e nell’intimità di chi ha vissuto tutta la vita con rigorosa riservatezza e dignità.

Quando, qualche giorno fa, il libro è stato presentato al Conservatorio di Napoli, diversi professori che conoscevano bene il Maestro si sono rifiutati di partecipare alla cerimonia inviando lettere indignate; e io aggiungo di non aver molto apprezzato che, a Milano, l’Auditorium si sia precipitato a presentarlo non appena uscito. Per fortuna l’ha fatto in sordina, e voglio immaginare che in teatro non lo avesse ancora letto nessuno!

***

Nel titolo ho accostato al nome di Isotta quelli di Muti e del Corriere, ed è presto detto il perché: Riccardo Muti è uno dei più celebri allievi di quel Maestro, nei confronti del quale non ha mai lesinato parole di affetto e di riconoscenza; cosa aspetta a dire una parola in difesa del suo insegnante? È mai possibile che non senta il dovere di prendere le distanze da quel critico che è anche un suo acritico adoratore? Ha paura di perdere il sostegno del Corriere della Sera?

E Ferruccio De Bortoli, che in occasione della lite fra Isotta e il Teatro alla Scala difese molto elegantemente il suo collaboratore – e in questa rubrica riconoscemmo doverosamente che dimostrò essere un grande direttore – come farà a ignorare l’orrenda caduta di stile di una delle firme ormai storiche del suo giornale, e a consentirgli ancora di sparare – da quel pulpito – giudizi apodittici su tutto e su tutti?

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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