21 settembre 2009

RU 486. LIBERO STATO IN LIBERA CHIESA


“E’ la somma che fa il totale”, diceva Totò, un totale che porta verso una Res publica christiana che vuole far discendere le regole di condotta di una collettività di persone da precetti che riguardano invece una comunità di fedeli. E la somma fa:

  • l'”indagine” conoscitiva della Commissione Sanità del Senato finalizzata ad ostacolare la diffusione della pillola abortiva RU 486, la quale altro non è che una diversa modalità di opzioni già previste e disciplinate dalla legge n. 194/78
  • il disegno di legge contro il testamento biologico, che mira a vanificare il diritto fondamentale per cui nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario (art. 32 Costituzione);
  • i finanziamenti pubblici per le scuole private e quelle cattoliche sono la parte maggioritaria;
  • e da ultimo dall’ora di religione a scuola.

E in tema di ora di religione la somma è data anche dall’informazione. Sia i telegiornali che i quotidiani, alterando palesemente la portata dell’importante sentenza del 12 agosto scorso del TAR Lazio, l’hanno resa incomprensibile spacciandola per una pronuncia che aveva per oggetto l’esclusione degli insegnanti di religione dagli scrutini.

La sentenza, la cui portata in tema di laicità è tale da costituire un monito per lo Stato, o più precisamente per il Governo, ha invece ad oggetto due ordinanze del Ministero della Pubblica Istruzione che favorivano gli studenti che avevano deciso di avvalersi dell’ora di religione.

A questi studenti erano riconosciuti crediti scolastici per il solo fatto di avere seguito l’ora di religione con la conseguenza che chi, invece, non sceglieva l’insegnamento della religione cattolica era esposto al rischio di una posizione di svantaggio o sul mercato del lavoro o in occasione della partecipazione alla selezione per l’ammissione ai corsi universitari o a borse di studio, eventi questi connotati da un’elevata competitività. Non solo, ma questa discriminazione che violava le norme vigenti ai sensi delle quali la scelta di non avvalersi dell’ora di religione “non può dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”, mirava a indurre gli studenti a rinunciare alle scelte dettate dal proprio intimo convincimento in vista di un punteggio più vantaggioso nel credito scolastico.

Ma lo Stato, scrive il TAR Lazio annullando le due ordinanze, “non può conferire ad una determinata confessione una posizione dominante violando il pluralismo religioso che caratterizza indefettibilmente ogni ordinamento democratico moderno”. La sfera religiosa concerne aspetti che coinvolgono la dignità dell’essere umano e spetta indifferentemente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano essi atei o agnostici e “peraltro”, prosegue il TAR, “in una società al cui interno convivono differenti credenze religiose, è necessario conciliare gli interessi dei diversi gruppi e garantire il rispetto delle convinzioni di ciascuno e non può manifestarsi una preferenza per una particolare confessione o fede religiosa, ma deve garantirsi il ruolo imparziale dello Stato”.

Ora, se questa è musica per il nostro orecchio costituzionale, abbiamo d’altro canto una certezza e una domanda:

  • la certezza è che chi mira a mantenere la posizione dominante della religione cattolica fa in modo di far cadere tale sentenza nel vuoto e infatti il Ministero dell’Istruzione ha già riadottato le ordinanze contestate;
  • la domanda è: c’è ancora qualcuno nel silenzio assordante della politica che ricordi la distinzione tra sfera personale e sfera pubblica? Che voglia ribadire con fermezza e rispetto che “Stato e Chiesa cattolica sono, ciascuna nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” ?

L’autunno è appena iniziato e il 15 ottobre è la data prevista per la commercializzazione della pillola RU 486. Manca solo un mese.

 

Ileana Alesso



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