12 novembre 2014

BREVI NOTE SUL CONSUMO DI SUOLO


Il Consiglio regionale della Lombardia si appresta a votare la legge sul consumo di suolo come modifica alla legge urbanistica (la n. 12 del 2005); probabilmente con i soli voti della maggioranza. Un testo ambiguo nelle finalità e che rende ancor più confusa la legge urbanistica. Ne hanno già trattato in due articoli su ArcipelagoMilano, Pompilio, Arcidiacono e Di Simine.

Provo a focalizzare i punti della questione che ritengo essenziali.

05targetti39FBL’obbiettivo, formalmente condiviso da tutte le forze politiche, è azzerare nel tempo il consumo di suolo agricolo (e naturale) obbiettivo posto dalla Comunità europea. Vuol dire ribaltare i processi di sviluppo territoriale dell’ultimo secolo. Una questione dunque di portata epocale che deve essere posta al centro della riforma urbanistica nazionale e delle leggi regionali. Non si può pensare di risolverla con provvedimenti legislativi tampone o di settore. D’altra parte il processo di trasformazione dei suoli, se pur rallentato dalla crisi, prosegue ed è necessario invertire da subito la tendenza a partire dalla pianificazione in atto.

I PGT vigenti in Lombardia, redatti sulla base della legge urbanistica regionale, prevedono circa 55.000 ettari (550 Kmq) di aree agricole trasformabili; una quantità pari al 5,6% della SAU – (Superficie agricola utilizzata) della regione o il 4,5% della SAT (Superficie agricola totale). Non poco. In realtà nei 550 kmq c’è di tutto. Aree agricole di scarso valore agronomico, intercluse tra insediamenti e infrastrutture, la cui trasformazione migliora la struttura urbana e persino il paesaggio periurbano. Oppure aree agricole di pregio la cui trasformazione, dettata da meri interessi immobiliari, impoverisce la struttura produttiva agricola, impatta pesantemente sul paesaggio, preclude corridoi ecologici ecc., Una situazione difficile da governare con generici parametri e percentuali di legge.

In realtà si sta procedendo alla revisione della legge 12, in assenza di valutazioni di merito sugli esiti della pianificazione degli ultimi nove anni: ovvero degli esiti di una pianificazione provinciale voluta debole dalla legge e delle scelte dei PGT fatte dai comuni in totale autonomia. Quali sono dunque le alternative di linea politica che si profilano in campo?

Da una parte la proposta di legge della Giunta regionale conferma tutte le previsioni dei PGT vigenti per tre anni e rinvia ai nuovi PGT l’applicazione di criteri più rigorosi per il contenimento del consumo di suolo; criteri che saranno definiti dal Piano territoriale regionale (non si capisce se l’effetto sarà il blocco o una riduzione del consumo di suolo, entro parametri predefiniti).

Ora se il mercato fosse in fase espansiva e nei tre anni si attuassero o fossero consolidate con convenzioni tutte le previsioni dei PGT, la legge sarebbe praticamente inutile; per dieci o quindici anni il consumo di suolo non si ridurrebbe, anzi registrerebbe un trend crescente rispetto agli ultimi dieci anni (Arcidiacono – Di Simine).

All’opposto i sostenitori di una linea di più rigorosa salvaguardia delle aree agricole vorrebbero che la legge congelasse con effetto immediato tutte le previsioni di trasformazione delle aree agricole (con qualche problema giuridico di non poco conto) e imponesse parametri predefiniti (astratti) di massimo contenimento del consumo di suolo per la revisione dei PGT o per i nuovi PGT. Sarebbe come ammettere il fallimento della legge urbanistica regionale, il fallimento della pianificazione provinciale, il fallimento della pianificazione paesistica. Una scelta dura che se non controbilanciata da processi di riuso urbano, per altro lenti e difficili, avrebbe oltretutto effetti recessivi, quanto meno nel breve periodo.

D’altra parte la legge urbanistica regionale deve essere rivista se non altro per adattarla al mutato quadro istituzionale, con particolare riferimento all’istituzione della città metropolitana di Milano e alle relative competenze in materia di pianificazione. Dunque che fare?

Se si vuole avviare un disegno riformatore generale, chiaro, di lungo termine, bisogna mettere subito mano alla revisione complessiva della legge urbanistica e regolare con un’apposita legge una fase transitoria, utile a invertire una preoccupante deriva; una fase che duri fino all’entrata in vigore della “nuova legge urbanistica”.

Anzitutto la nuova legge urbanistica dovrà regolare tutta la pianificazione d’area vasta che deve assumere un ruolo essenziale nel controllo del consumo di suolo. Deve definire i contenuti del nuovo Piano territoriale generale della Città Metropolitana, il destino dei PTCP delle moribonde province, il ruolo della pianificazione intercomunale delle Unioni dei comuni che in qualche modo dovrebbe sostituire la pianificazione d’area vasta delle province. Poi la legge dovrà finalmente dare contenuti e obbiettivi di qualità alla pianificazione urbanistica comunale e porre come obbiettivo generale dei PGT la rigenerazione urbana versus un ulteriore consumo di suolo.

Invece per la gestione della fase transitoria, fino all’approvazione della nuova legge urbanistica, una specifica legge a termine dovrebbe affidare ai comuni che hanno consistenti aree agricole in trasformazione, la responsabilità di rivedere da subito le scelte dei PGT, anche se approvati da poco, prendendo atto delle mutate condizioni di mercato ed economiche in generale, con l’obbiettivo di contenere al massimo il consumo di suolo e di verificare con maggiore attenzione le opportunità di riuso urbano. In questa fase i comuni più che i privati dovrebbero avere il compito di individuare gli interventi urbanistici da confermare e attivare subito, anche se coinvolgono aree agricole, in quanto di preminente interesse pubblico; interventi la cui fattibilità sia stata verificata con gli stessi operatori privati, attraverso impegni concreti e vincolanti.

Gli andamenti del mercato e dell’economia danno il tempo necessario.

 

Ugo Targetti



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