12 novembre 2014

BILANCIO PARTECIPATIVO E RESPONSABILITÀ DECISIONALE


Come noto, il Consiglio comunale di Milano ha di recente impegnato il Sindaco e la Giunta a intraprendere la sperimentazione del «bilancio partecipativo», processo che coinvolgerà i cittadini nella elaborazione di progetti concernenti la riqualificazione di aree ed edifici di proprietà comunale. Fra i commenti in materia particolare rilievo assume, per chi scrive, quello di due Assessori che hanno sottolineato che “Sarà un modo per passare dai No a tutto alla responsabilità della decisione” e le conclusioni cui è pervenuto il gruppo che ha realizzato una ricognizione delle pratiche partecipative milanesi nei primi anni della attuale consiliatura (ComitatixMilano), in particolare sui punti di debolezza identificati. Da tali contributi si prendono le mosse per condividere con i lettori alcune considerazioni sull’importanza della sperimentazione a venire per l’inserimento di dispositivi partecipativi fra gli strumenti di cui l’amministrazione possa ordinariamente avvalersi.

06ciardello39FBSe il commento degli Assessori si focalizza sulla responsabilità, i punti di debolezza indicati nella ricognizione si focalizzano sul rischio, per i cittadini, che la partecipazione generi deresponsabilizzazione e sia solo occasione di lamentela e pretesa; che, per il Comune, sia solo azione di ascolto e ricerca del consenso. Un siffatto impiego della partecipazione è, infatti, suscettibile di generare delusione, «sfiducia dell’elettorato nelle istituzioni e aumento dell’astensionismo». Posto ciò, occorre, pertanto, progettare e condurre i processi partecipativi attraverso modalità in grado di influire sull’interazione fra cittadini e fra cittadini e istituzioni supportando gli uni nell’assunzione di un ruolo competente rispetto alla comunità, le altre nell’accrescimento delle proprie competenze in tema di responsività fra un ciclo elettorale e l’altro, ed entrambi nella costruzione della condivisione dell’agenda pubblica e delle priorità di intervento.

La posta in gioco, in tal senso, è il superamento della frammentazione degli interessi in vista del bene comune e il configurarsi della partecipazione dei cittadini come uno strumento al servizio della finalità di generare la condivisione di responsabilità posta al cuore della “Carta per la responsabilità sociale condivisa“, e tradotta in una Raccomandazione del Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa (CM/Rec 2014), in applicazione della quale, le metodologie utilizzate devono quindi poter operare attraverso: un coinvolgimento che si distolga da un approccio focalizzato su singole istanze per approdare a una configurazione di comunità in cui cittadini e istituzioni sono coautori della vita della comunità; l’impiego strategico delle risorse presenti nelle comunità, comprese le istituzioni, di cui occorre sollecitare e accompagnare il cambiamento; l’attivazione di processi deliberativi che superino l’aggregazione di preferenze individuali, secondo il principio di maggioranza, per consentire la costruzione di azioni pubbliche basate su un confronto tra gli attori su argomenti generalizzabili quanto condivisibili.

Occorrono, pertanto, metodologie di intervento adeguate all’obiettivo di co-generare il “senso della vita insieme” favorendo la sostenibilità dell’azione pubblica attivata. Si colloca a pieno titolo in questo scenario quanto realizzato a Cascina per l’elaborazione del Bilancio partecipativo, connotato peculiarmente da una Metodologia – denominata Respons.In.City (Università di Padova), che si avvale della partecipazione quale strategia al servizio della promozione dell’esercizio di competenze di cittadinanza nell’ambito di processi di costruzione di soluzioni condivise rispondenti alle esigenze del territorio.

L’impiego dell’interazione dialogica è finalizzato a sollecitare i partecipanti a contribuire alla definizione delle esigenze della comunità con riferimento al bene comune e non rispetto a richieste di porzioni della comunità. Le prassi utilizzate non sono, pertanto, riferite alla dialettica tra ciò che ognuno tutela (stakeholders), ma tra ciò che cittadini e amministrazione possono offrire per il bene comune (community holders, cfr. Turchi, Gherardini, Politiche pubbliche e governo delle interazioni della comunità. Il contributo della metodologia “Respons.In.City”, Franco Angeli, in pubblicaz.), coinvolgendo i ruoli tecnico-amministrativi dell’ente nella costruzione di progetti la cui valutazione di fattibilità non venga posticipata al termine dei processi partecipativi stessi.

Ciò che ha contraddistinto l’esperienza di Cascina è stata inoltre l’adozione di strumenti di valutazione dell’efficacia dei processi promossi attraverso specifici indici di misura, che hanno consentito di rendere conto di quanto generato sul territorio rispetto alla shared coresponsibility. Quanto promosso ha consentito, peraltro, di prendere atto dell’incremento rilevato circa le competenze dei ruoli tecnico-amministrativi del Comune coinvolti, che assume particolare pregnanza per il rinnovamento durevole delle politiche e l’avvicinamento fra cittadini e autorità pubbliche.

Considerando che è il Comune a detenere la legittimazione istituzionale a promuovere dialogo all’interno della comunità, la possibilità che i processi partecipativi si configurino come opportunità di apprendimento anche per i ruoli politici e amministrativi dell’ente riveste particolare rilevanza affinché la partecipazione si asseveri come policy instrument di elezione. Fondare sull’interazione dialogica la così intesa partecipazione alla implementazione delle politiche locali può tradursi, in ultima analisi, non solo nel rafforzamento della qualità democratica dei relativi processi decisionali, ma nel fare della corresponsabilità il nuovo paradigma dell’azione pubblica.

 

Patrizia Ciardiello e Luca Florio

consulenti Comune di Cascina (PI) – gestione del bilancio partecipativo 2013



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