12 novembre 2014

PIAZZA CASTELLO. PROVE DI GOVERNANCE PER LO SPAZIO PUBBLICO


Dopo un estate densa di incontri pubblici, il 27 settembre scorso, sono stati presentati al pubblico gli esiti progettuali, elaborati dagli undici studi di progettazione consultati dalla Triennale di Milano, tramite l’iniziativa “Atelier Castello” riguardanti il futuro della sistemazione di Piazza Castello per Expo 2015. Mentre Claudio De Albertis si è ritenuto compiaciuto, di quella che ha definito iniziativa di “animazione culturale”, innescata dall’Ente che presiede, Franco Raggi, il vice Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano, evidenziando come proprio l’assenza di progettualità da parte dell’Amministrazione (relativamente alla pedonalizzazione della piazza) abbia innescato questa “anomala consultazione”, auspicava “… che i passi successivi siano compiuti all’interno di pratiche aperte, condivise e trasparenti, con l’obbiettivo di costruire un bando di concorso aperto per la fase finale e definitiva di sistemazione della nuova piazza Castello“.

08rovere39FBMentre più parti continuano a discutere del tema, negli ultimi giorni si è infittito sul web un altro dibattito, innescato dalla petizione di firme lanciata dal Circolo on-line PD Città Mondo, con la quale si richiede al Sindaco Giuliano Pisapia di impegnarsi, alla fine di Expo, a spostare le strutture dell’Expo Gate, inglobando la Piazza nei progetti di sistemazione dell’area pedonale. Da un lato si critica la scelta audace del progetto, esito di un concorso organizzato dalla Triennale nel 2013, poiché troppo distante da un’aspettativa di risoluzione più aderente al contesto, dall’altra si difende la centralità rinnovata e ritrovata di un luogo, prima adibito a parcheggio; da una parte si allude a una irregolarità concorsuale – per la quale verrebbe meno l’oggetto stesso del concorso – dall’altra si inneggia all’aspetto sociale quale innesco di nuova offerta lavorativa … e così via.

Non credo che il tema in questione siano le qualità architettoniche del progetto di ScandurraStudio, del loro rapportarsi con dei fronti e visuali fortemente consolidate, né tanto meno la forza propulsiva dei programmi che hanno fatto diventare, fino a oggi, Expo Gate un incubatore di eventi, oltre ogni sperabile ambizione. Non lo sono le questioni burocratico legali, certamente verificate dall’avvocatura comunale, né quelle legate al mondo del lavoro, né infine quelle teorico concettuali per le quali un’architettura dell’effimero si tramuta in manufatto permanente.

Credo invece che il problema sia più legato alla necessità di un progetto generale da parte dell’Amministrazione, che contempli una programmazione più estesa e coordinata, che utilizzi si procedure di progettazione compartecipata e open-source, ma non per ricercare un consenso politico, ma una vera e profonda condivisione di itinerari e anche di obiettivi con i cittadini.

La struttura di accoglienza dei visitatori della prossima esposizione universale nutre il suo significato, anche perché posizionata nel luogo in cui si evoca quella del 1906, quindi fortemente legata al concetto temporale di Expo 2015. Una volta terminato l’evento, perché non trasferirla in una zona più marginale della città nella quale, “approfittando” di quel forte impulso innovativo e ri-creativo insito nella struttura diafana di Piazza Castello, trasferire quella stessa linfa vitale laddove ne sarebbe più necessario.

Perché infine, non ripensare alla città pubblica ripartendo proprio dalla progettazione complessiva di un vuoto, senza pensare che sia più efficace e veloce farlo, abdicando al pieno. L’Amministrazione, dopo il susseguirsi di imbarazzanti gestioni, per la risoluzione di Piazza Fontana, si trova di fronte a una possibilità epocale di trasformazione e governance dello spazio pubblico, mi auspico che la colga.

 

Nicola Rovere



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