12 novembre 2014
TORNERANNO I PRATI
Scritto e diretto da Ermanno Olmi [Italia, 2014, 80′]
Fotografia di Fabio Olmi, Montaggio di Paolo Cottignola
L’ultimo film di Ermanno Olmi, potente, bellissimo e senza reticenze, è un film che costringe a ricordare. Ricordare ciò che è avvenuto ormai un secolo fa, e che abbiamo dimenticato e che cento libri di storia pieni di date e battaglie e confini che cambiano e ricambiano non sono in grado di restituire con la lucidità e sensibilità di questo commovente racconto cinematografico.
Ricordare che quella terribile prima guerra mondiale fu una guerra di uomini e tra uomini. Quante volte usiamo la frase ‘essere in trincea‘? E quante volte ne cogliamo appieno il suo significato vero? Olmi ci dà l’occasione di comprenderlo fino in fondo.
La trincea scavata nel fianco della montagna, è abitata e vissuta da una manciata di soldati di diversa origine e grado, che convivono, si ammalano e combattono, difendendo uno degli ultimi avamposti d’alta quota contiguo e vicinissimo ad altre trincee austriache dove stanno uomini come loro ‘che par di sentire il loro respiro‘.
Uomini che ugualmente patiscono malattie, febbri che portano deliri, che vivono la solitudine e l’abbandono da soli, pur stando insieme vicini vicini, e che ugualmente, italiani e austriaci, cercano conforto, chiedendo al portatore d’asini, unico civile che passa, di cantare ancora. Intorno solo neve e silenzio. E in questo deserto di neve, attesa. Attesa della morte, più che di una battaglia.
Con la consapevolezza di essere stati mandati a morire, come le bestie, anche se la morte nei loro sogni non c’era, come dice uno dei soldati che sceglierà, da solo e disubbediente, come morire per riprendersi la sua dignità. Contadini e uomini istruiti, uomini di campagna e ragazzi di città, tutti uguali nella stessa sorte, tutti uguali nello stesso posto dimenticato da Dio, quel Dio chiamato infame che sentono assente.
Un’ora e un quarto o poco più densa e spessa, di commozione e di sentimento, di profonda umanità, una prova intensa di un autore che ha il coraggio di esprimere la vergogna e di ammettere l’incapacità di spiegare il perché di tutte quelle morti. “Chi torna si sentirà come un sopravvissuto e la via più difficile sarà perdonare.”
Meraviglioso il gruppo di attori, professionisti e non, dove nessuno è primadonna, che compiono il miracolo di far sembrare tutto vicino a noi anche nel tempo, pur così distante, attraverso una perfetta mescolanza di dialetti (rigorosamente in presa diretta, che rappresenta un’eccezione nei film di Olmi) e attraverso il rigore dei costumi, la sapienza del trucco e la ricostruzione scenograficamente perfetta dello spazio claustrofobico e spartano della trincea. Trincea ricostruita nella neve, nel pendio del monte, e non in un comodo teatro di posa. Condizione di ripresa che sicuramente ha molto aiutato gli attori ad avvicinarsi alla condizione dei soldati che interpretavano.
La fotografia di Fabio Olmi è molto bella: mai leccata e di grande pulizia, quasi un bianco e nero, che alterna luci calde e fredde in grande armonia. Il montaggio di Paolo Cottignola è fluido, quasi invisibile, ma minuzioso, capace così di restituire grande naturalezza alla ricostruzione di una vicenda in unità di tempo. E il sonoro degli effetti dei colpi di mortaio che si alternano ai silenzi ricostruisce un ambiente di surreale abbandono, con il contrappunto discreto e mai invadente della bella colonna sonora di Fresu.
Da non perdere, assolutamente, per ricordarsi di ricordare. E da far vedere ai ragazzi capaci ormai solo di studiare le guerre sui libri di storia, per poi dimenticarne il significato, subito dopo aver chiuso il libro.
Adele H.
Torneranno i prati: la Grande Guerra vista da Ermanno Olmi
intervista di Vincenzo Mollica
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi