12 novembre 2014

arte – MARC CHAGALL PORTA LA LEGGEREZZA A PALAZZO REALE


 

MARC CHAGALL PORTA LA LEGGEREZZA A PALAZZO REALE

arte39FBNon si può essere a Milano nell’autunno 2014 e non aver visitato la grande retrospettiva dedicata a Marc Chagall, tale è stato il battage pubblicitario che ha tappezzato l’intera città. Non solo, ma Chagall è anche uno di quegli artisti che rimangono nei ricordi anni dopo la fine degli studi, che sembra facile capire e apprezzare e per i quali si è più predisposti a mettersi in fila per andarne a vedere una grande mostra. Su questa scia è stato pensato il percorso che ha condotto all’ideazione della mostra, che prende proprio le mosse dalla domanda “Chi è stato Marc Chagall? E cosa rappresenta oggi?”

L’esposizione, a Palazzo Reale fino al 1 febbraio, accompagna il visitatore in una graduale avvicinamento all’artista; attraverso 15 sale e 220 opere si scopre l’artista affiancando l’esperienza artistica alla sua crescita anagrafica. Uomo attento e profondamente sensibile al mondo che lo circonda, Chagall, è figlio ed erede di tre culture con le quali si è confrontato e che nel suo lavoro ritornano spesso: la tradizione ebraica dalla quale eredita figure ricorrenti, come l’ebreo errante, e immagini cariche di simbologie; quella russa, sua terra natia dei bianchi paesaggi e delle chiese con le cupole a cipolla, e quella francese delle avanguardie artistiche, incontrata più volte durante i suoi soggiorni.

Queste eredità si manifestano in maniera eterogenea e armonica in uno stile che rimarrà nella storia per essere solo suo: colori pieni di forma e sostanza, animali e uomini coprotagonisti in una sinergia magica, l’atmosfera quasi onirica e l’amore assoluto che ritorna in ogni coppia raffigurata, quello tra Marc e Bella Chagall e che intride di felicità e leggerezza ogni altro oggetto raffigurato intorno a loro. Persino il secondo conflitto mondiale e poi la morte dell’amata Belle paiono non appesantire il suo lavoro, quanto invece lo conducono a una maggiore profondità e pregnanza di significato.

L’immediato godimento della mostra, che potrebbe essere ostacolata dalla lunghezza e dal corpus così importante di opere, è dato anche dalla capacità didattica della audioguida e dei pannelli di mediare tra il pensiero e il valore pittorico dell’artista e l’occhio poco allenato del visitatore. I supporti presenti in mostra contestualizzano in maniera chiara il periodo e i lavori del pittore, offrendo tal volta una descrizione, tal volta un approfondimento nelle voci della curatrice Claudia Zevi o dell’erede dell’artista, Meret Meyer.

La mostra racconta anche la poliedricità dell’artista: attraverso i costumi, i decori e le grandi scenografie che l’artista ha realizzato per il Teatro Ebraico Kamerny di Mosca emerge lo Chagall sostenitore entusiasta e attivo protagonista in ambito culturale della Rivoluzione d’ottobre; nelle illustrazioni per le Favole di La Fontaine e nelle incisioni per Ma vie (la sua autobiografia) si incontra un altro Chagall ancora, che non teme in nessun modo il mettersi alla prova con qualcosa di nuovo e diverso.

Uomo e artista che si fondono in una personalità quasi magica che al termine della percorso espositivo non si può non apprezzare e che sancisce, ancora una volta, il ruolo dell’artista nella storia dell’arte moderna.

Marc Chagall. Una retrospettiva 1908 – 1985 – fino al 1 febbraio 2015 Palazzo Reale, piazza del Duomo Milano – Lunedì: 14.30-19.30 Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30 Giovedì e sabato: 9.30-22.30

 

IL PAC SI MOSTRA TRA ARTE E CINEMA: GLITCH

Glitch è la distorsione, è l’interferenza non prevista all’interno di una riproduzione audio o video. È anche il titolo della mostra, al PAC fino al 6 gennaio, dedicata alle interazioni tra arte e cinema: attraverso il video si compie una ricerca molto soggettiva, indirizzata talvolta a raccontare delle storie, tal altre a documentare accadimenti o performance, altre ancora a sperimentare tecniche espressive. Il glitch, la fermatura improvvisa della proiezione, offre una pausa alla visione e un’occasione per cogliere una sfumatura che altrimenti passerebbe inosservata. Tra arte e cinema il confine è quasi invisibile, sempre opinabile e mai definibile laddove ciascuna voce è lecita e autorevole.

La mostra raccoglie 64 video realizzati da artisti italiani che, raggruppati per aree tematiche, vengono proposti in loop nei tre mini-cinema allestiti negli spazi del museo in palinsesti ripetuti a giorni alterni. Al fianco delle proiezioni vengono presentate una selezione di opere di artisti che hanno scelto il video come mezzo espressivo ma che si avvalgono anche dell’oggetto come concretizzazione tangibile dell’idea artistica.

Tra le opere di maggiore impatto: Mastequoia Op. 09-013, una lunga striscia di frame selezionati da un girato di 54 ore su un viaggio compiuto dai tre artisti tra Rotterdam, Fés e Tokyo (vero e proprio film, vincitore del premio Lo schermo dell’arte 2013); attraverso l’uso del VHS come supporto la qualità perde molta definizione acquisendo però un velo quasi melanconico e onirico, oltre che di ricordo che si va lentamente sbiadendo.

Per rendere più esaustivo il tema è stato presentato poi un fitto palinsesto di proiezioni e performance che vanno ad ampliare ancora di più la panoramica sul tema che l’esposizione si propone di offrire, dando la possibilità al pubblico di ascoltare il contributo diretto che l’artista può dare.

Alla mostra, però, è come se mancasse un collante tra le opere: ciascuna porta con sé un valore riconosciuto e condiviso ma sembra non essere in dialogo con quelle a fianco, privando di conseguenza il visitatore di quell’accrescimento dato dall’interazione e dal confronto con un percorso complesso che presenti artisti differenti.

Glitch fino al 6 gennaio 2015 al PAC via Palestro – Orari da martedì a domenica 9.30 – 19.30; giovedì 9.30- 22.30 Biglietti Abbonamento € 10,00: consente un accesso illimitato alle proiezioni e agli eventi della mostra, Intero € 8,00 Ridotto € 6,50 Ridotto speciale € 4,00: per tutti i visitatori ogni giovedì a partire dalle 19.00;

 

GIOVANNI SEGANTINI TRA COLORE E SIMBOLO

Una retrospettiva come Milano non ne vedeva da tempo: 18 sale ricche di ricerca, dipinti e testi che ripercorrono la vita e il lavoro del maggiore divisionista italiano, Giovanni Segantini. Si tratta di un ritorno ideale quello di Segantini a Milano, il capoluogo lombardo rappresentò infatti il polo di riferimento intellettuale e artistico per l’artista; era la Milano della rivoluzione divisionista che stava lentamente dimenticando lo spirito scapigliata per cogliere la sfida simbolista. Al fianco del Segantini maturo delle valli e delle montagne svizzere si riscopre anche un giovane Segantini che a Milano compie il proprio apprendistato e ritrae i Navigli sotto la neve o delle giovani donne che passeggiano in via San Marco.

La mostra è un racconto complesso sul mondo di Giovanni Segantini che accompagna il visitatore in un graduale avvicinamento all’artista, che lo invita ad avvicinarsi attraverso i quadri, alle emozioni, ai pensieri e alle riflessioni che alle opere sono vincolati.

I grandi spazi, gli animali, le montagne sono elementi non di complemento e non casuali in Segantini ma anzi, acquisiscono un valore mistico e quasi panteistico che permea l’intero lavoro, frutto del forte legame tra l’artista e la natura. Quest’ultima, madre spirituale per l’artista (e orfano di quella biologica), è spesso resa (co)protagonista delle opere al punto che giocando sui titoli e sulla compresenza tra uomo e animali si arrivi interrogarsi su quale sia il vero protagonista. L’uso dei colori, che si scopre con il tempo, sempre più potente grazie alla giustapposizione dei colori complementari e uno dei momenti culmine si raggiunge nell’azzurro senza eguali del cielo di Mezzogiorno sulle alpi (1891).

La mostra può essere percorsa e goduta in diverse maniere: in ordine cronologico seguendo l’evoluzione artistica e personale dell’artista accompagnati dallo scandire degli accadimenti della vita dell’artista, oppure seguendo le sette sezioni tematiche in cui l’esposizione è suddivisa: Gli esordi, Il ritratto, Il vero ripensato, Natura e vita dei campi, Natura e Simbolo attraverso i pannelli chiari e lineari che accompagnano ciascun gruppo di sale; o ancora, lasciandosi trasportare dall’uso magistrale della tavolozza dei colori, che ha reso Segantini il maggiore esponente del divisionismo italiano. È una delle poche occasioni dove le scelte curatoriali e allestitive consentono al visitatore di unire la vita e il lavoro dell’artista creando un percorso omogeneo dal quale emerge la complessità del carattere dell’artista, composto, come tutti gli uomini, da vari ruoli: figlio, padre, uomo, artista. Qualsiasi modalità si sia scelta per la fruizione della mostra se ne uscirà con appagata la necessità di bellezza e colore, ma più vivida quella di percorrere le montagna e le valli tanto amate dall’artista.

Una nota positiva: i toni alle pareti che vengono giustapposti uno dopo l’altro, stanza dopo stanza, creando come una rappresentazione visiva al sedimentarsi delle conoscenze dell’artista.

Una nota negativa: nessuna segnalazione all’ingresso della mostra sul numero di sale e il tempo previsto di visita, l’orario di chiusura sono le 19.30 ma dalle 19 i custodi provvedono incessantemente a fare presente la questione facendo uscire il pubblico dalle sale alcuni minuti prima dello scoccare della mezza. Alla stessa ora chiude anche il bookshop, non una scelta vincente laddove quest’ultimo rappresenta notoriamente una delle maggiori fonti di entrata per mostre e musei. Benedetta Marchesi

Segantini fino al 18 gennaio 2015 Palazzo Reale (Piazza Duomo, 12 – 20121 Milano) Biglietti (con audioguida in omaggio) €12/10/6 Orari Lunedì: 14.30-19.30 Martedì, Mercoledì, Venerdì e Domenica: 9.30-19.30 Giovedì e Sabato: 9.30-22.30

 

ALLA TRIENNALE DI MILANO TUTTE LE TRAME DEL RAME

Dalla pepita, forma in cui il rame viene trovato e raccolto, al Tracciatore di vertici a silici dell’esperimento BaBar, Trame è un inno al cuprum, uno degli elementi chimici con maggiore duttilità, conducibilità di calore e energia, e al tempo stesso è l’esaltazione dell’uomo e delle capacità di trasformare questo elemento. Il percorso espositivo, alla Triennale di Milano fino al 9 novembre, si articola in quattro sezioni quasi concentriche attraverso le quali si esplorano molteplici sfaccettature del prezioso metallo.

Nucleo centrale, cuore della mostra, è la sala dedicata al design, nel senso più completo del termine, che attraverso più di 100 oggetti spazia dall’illuminazione alla moda, dagli arredi all’oreficeria, dagli strumenti di cucina alle forme per budini offrendo al visitatore una panoramica di grandi nomi che hanno giocato con il rame creando oggetti di altissimo livello. Tom Dixon, Odoardo Fioravanti, Shiro Kuramata, Ross Lovegrove, Giò Ponti/Paolo De Poli, Ettore Sottsass, Oskar Zieta Giorgio Vigna, Prada sono solo alcuni dei nomi presenti.

L’architettura da un lato e la tecnologia dall’altro circondano la sala dedicata al design; nella prima attraverso modellini, fotografie e video si evidenzia quanto il rame sia strumento plasmabile e al contempo caratterizzante nelle mani degli architetti. La sezione di Tecnologia, realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, raccoglie le applicazioni pratiche dell’uso del rame: minerali in vari stadi di produzione, macchine elettromagnetiche e alternatori, interfacce di computer, telefoni, rilevatori di particelle. Oggetti, alcuni, che portano con sé il fascino di aver cambiato la storia: tra tutte la pila di Alessandro Volta.

Come a creare un abbraccio inclusivo attorno a tutto questo è la sezione dedicata all’arte: una trentina di opere di artisti contemporanei che hanno studiato, analizzato, sperimentato il rame e le sue caratteristiche. Ogni artista plasma a suo piacimento il rame, facendogli assumere caratteri e colori unici e sempre diversi: chi tessendolo una spirale che tende all’infinito come Marisa Merz; chi rendendolo una parabola riflettente quasi mistica come fa Marco Bagnoli nel suo Janua Coeli; e ancora, chi giocando con le sue qualità ossidative che attraverso l’elettrolisi con il piombo realizza disegni sulle pagine del libro di Anselm Kiefer Unter den Linden. Camminando tra le opere si percepisce la sfida che il rame lancia e che l’artista coglie: nell’incontro tra i due si creano sodalizi meravigliosi che veicolano messaggi e pensieri alla materia.

Il percorso espositivo inaugura un nuovo modo di concepire la mostra: non più legata solo alla bellezza e al messaggio delle opere esposte ma volta ad indagarne la loro essenza concreta.

Benedetta Marchesi

Trame – Le forme del rame tra arte contemporanea, design, tecnologia e architettura Fino al 9 novembre alla Triennale di Milano – Orari Martedì – Domenica 10.30 – 20.30 Giovedì 10.30 – 23.00 Ingresso 8,00/6,50/5,50 euro

 

 

questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi

rubriche@arcipelagomilano.org

 


Temi correlati:

Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


9 gennaio 2024

IL PRESEPE DELLA MEMORIA DEL LAGER

Rita Bramante



17 ottobre 2023

MUDEC. PALINSESTO 2023-2024

Rita Bramante



30 maggio 2023

BIENNALE ARCHITETTURA 2023

Paolo Favole



11 dicembre 2020

CHIARA FERRAGNI DAVANTI A BOTTICELLI

Paolo Biscottini



28 maggio 2020

UOVA DI GALLO SULLA MILANO-BOLOGNA

Marco Ceriani



13 aprile 2019

DALL’AMBROSIANA A CASALEGGIO

Giuseppe Gario


Ultimi commenti