5 novembre 2014

REGIONE LOMBARDIA E PROGRAMMA REGIONALE DELLA MOBILITÀ E DEI TRASPORTI


1. Lo stato di attuazione delle politiche dei programmi regionali già approvati e le criticità ereditate – L’iniziativa promossa dalla Regione Lombardia di avviare nel 2014 – a ventiquattro anni dall’approvazione dell’ultimo Piano regionale dei trasporti – un nuovo atto programmatorio di portata generale per la mobilità rappresenta una sfida straordinaria. La straordinarietà non risiede soltanto nel voler dare risposte alla domanda di mobilità regionale di persone e merci in presenza di una crisi acuta dell’economia e del debito pubblico; sta anche nella necessità di recuperare un equilibrio fra tutti i fattori in gioco: insediamenti, infrastrutture, paesaggio, ambiente, investimenti, gestione, sfera amministrativa, utenti, regole.

Che si tratti di affrontare un assetto squilibrato e frammentato dovrebbe essere palese. I corridoi europei delle reti TEN-T – in particolare quelli ferroviari – attendono ancora un avvio mentre si è completata l’autostrada Brebemi, concepita per rinforzare l’accessibilità di un bacino sub-regionale; i lotti brianzoli e bergamaschi dell’autostrada Pedemontana non trovano a oggi investitori convinti; alcune opere d’interesse metropolitano sembrano aver perso l’ordine di priorità che si attribuiva loro (autostrada Rho-Monza, interconnessione fra le autostrade A4 e A51).

05ciocia38FBDel tutto incerto il destino di altre opere autostradali approvate, come la Cremona-Mantova e la Broni-Mortara. Lo stato dei programmi e dei cantieri relativi al sistema ferroviario, di interesse sia metropolitano sia regionale e interregionale, appare piuttosto confuso. I potenziamenti ferroviari previsti sulla direttrice Milano-Genova sono frammentati in lotti costruttivi, che non produrranno benefici sull’esercizio del corridoio nel breve termine. In attesa dell’erogazione di nuove tranche di finanziamenti sono sospesi i progetti ferroviari della tratta AV/AC Brescia-Verona, le connessioni al tunnel del Gottardo, il nodo di Novara, il collegamento a nord di Malpensa, il potenziamento Rho-Gallarate. Da ridefinire i prolungamenti delle linee metropolitane milanesi verso i Comuni di seconda cintura metropolitana – nonostante siano giunti allo stadio di progetti definitivi.

Il settore dell’intermodalità e della logistica appare in profonda riorganizzazione su iniziativa dei grandi operatori privati (HUPAC, DHL), ma al di fuori di una programmazione chiara, che eviti sprechi e traffici impropri sul cosiddetto “ultimo miglio”. Il tutto in un territorio dove l’urbanizzazione diffusa è dilagata. Se questo è schematicamente il quadro, si tratta forse, in primo luogo, di riflettere sulle debolezze emerse delle politiche territoriali e dei progetti infrastrutturali, oltre che sulle effettive possibilità di mantenere una così ampia gamma di interventi, che cercano di “inseguire la domanda di mobilità” (meglio sarebbe dire al plurale: “le domande di mobilità”, sempre più diversificate) anziché mirare a governarla.

Quali connotati dovrebbe avere una strategia regionale orientata al riequilibrio di questi fattori?

2. Reti a servizio di un territorio non disperso – Un primo connotato qualitativo da coltivare è offerto dalla capacità di alcune infrastrutture di porsi a servizio di un assetto insediativo non disperso. Un’urbanizzazione dispersa è consumatrice di suolo, richiede reti tecnologiche sempre più estese e capillari ed è energivora; di conseguenza la dispersione comporta costi economici e impatti ambientali negativi crescenti nel tempo. Viceversa un’urbanizzazione per poli contiene costi economici e impatti negativi sull’ambiente. Se è così, non agiscono a favore di un territorio adeguatamente polarizzato le nuove reti stradali e autostradali, che – in assenza di una pianificazione urbanistica rigorosa sui consumi di suolo agricolo – favoriscono l’urbanizzazione dispersa.

Di verso opposto gli interventi sulle reti ferroviarie, che incentivano scelte modali meno libere (con accesso a stazioni puntuali), gerarchizzano il territorio in funzione della rilevanza dei luoghi e di conseguenza inducono processi localizzativi di residenze e attività più selettivi. In sintesi, poiché gli effetti sui consumi di suolo e di paesaggio del modello d’intervento strada-dipendente prevalso in molti anni si sono dimostrati negativi, nel PRMT merita di essere privilegiata la complementarietà fra sistemi di trasporto individuale e collettivo. Detto in altri termini, si tratta di organizzare valide alternative per limitare gli usi non essenziali dei veicoli privati.

3. Tener conto dei nuovi comportamenti di consumo – Un secondo connotato di una nuova strategia per la mobilità regionale potrebbe trarre ispirazione dai mutamenti nei comportamenti di consumo degli utenti. La tendenza di questi ultimi anni potrebbe essere riassunta dalla constatazione di “treni più affollati e autostrade meno congestionate”. Secondo i dati raccolti dalla Regione Lombardia in attuazione dell’Accordo di programma per la Tangenziale est esterna di Milano, la frequentazione dei treni del SFR è in costante aumento; la densità del traffico sulle autostrade e le strade regionali lombarde è generalmente in progressiva diminuzione (si veda il 4° Rapporto di Monitoraggio, giugno 2011, e i successivi), anche se restano alcuni “colli di bottiglia”. Se è oggi indubitabile il successo dei nuovi treni regionali, più problematica appare l’apertura al traffico dell’autostrada Brebemi, di cui si valuterà nei prossimi mesi l’effettiva attrattività.

Ad agire su questa nuova ripartizione modale non è solo la crisi economica ma, per meglio dire, la disponibilità a pagare degli utenti per sfruttare i vantaggi di accessibilità offerti dalle nuove infrastrutture ultimate. Non solo si contiene la spesa individuale e familiare per la mobilità quotidiana; si è più sensibili alle differenze di prezzo fra un’opzione di spostamento e un’altra, se i benefici percepiti non paiono ripagare il prezzo dovuto. In gergo, sono probabilmente cambiati sia il valore attribuito al tempo dai diversi segmenti di utenza sia l’elasticità ai prezzi praticati. Se questi comportamenti di consumo dovessero consolidarsi in futuro – e non vi sono a oggi motivi per escluderlo – le nuove politiche regionali dovrebbero cautelativamente tenerne conto.

4. Compatibilità ambientale come criterio guida di progettazione – Un terzo connotato da maturare è quello della massima compatibilità ambientale dell’assetto delle reti. In una regione tuttora fra le più industrializzate, urbanizzate e inquinate d’Europa un requisito del genere dovrebbe ritenersi da tempo inderogabile. Interventi che minimizzino le emissioni inquinanti e climalteranti appaiono ovviamente raccomandabili in tutto il territorio regionale, interessato da criticità dovute all’accumulo invernale di polveri fini e altri inquinanti da tempo evidenziate nel PRIA (Piano degli interventi per la qualità dell’aria) approvato dalla Regione Lombardia nel 2013; inoltre, interventi che contengano l’ingombro fisico delle infrastrutture e ne permettano la massima mitigazione e inserimento nel paesaggio sarebbero da preferire rispetto ad altri più invasivi.

Quelli autostradali in particolare (archi e nodi complessi) solo parzialmente riescono a essere mitigati e finiscono così per richiedere massicce compensazioni agli abitati interessati, sotto forme assai diverse da quelle della tutela dell’ambiente. Un caso emblematico al riguardo è rappresentato dall’ampliamento della strada Paullese la quale, nel suo adeguamento da vecchia statale a due corsie a strada veloce a doppia carreggiata, ha visto in alcune tratte aumentare la propria sezione a 8 corsie complessive, avendo realizzato due controstrade a doppio senso di marcia sui margini della piattaforma principale per garantire l’accessibilità a tutti i passi carrai già esistenti dovuti all’urbanizzazione “a nastro” concessa in passato, in piena campagna.

5. Gradualità delle realizzazioni per battere la scarsità di risorse – Un quarto connotato di una nuova strategia regionale potrebbe essere rappresentato dalla gradualità nella realizzazione degli investimenti. A fronte della scarsità di risorse pubbliche e della complessità delle fasi di progettazione, approvazione e affidamento dei lavori delle opere infrastrutturali, abbiamo vissuto l’avvio di opere che stanno richiedendo decenni per essere completate, senza che nel tempo intercorso siano stati offerti veri e propri benefici agli utenti. Anzi, spesso gli utenti sono stati esposti a disagi per il prolungamento dei cantieri, come nel caso dell’autostrada A4 fra Torino e Milano.

Per difendere la collettività dai possibili imprevisti di tipo tecnico, finanziario e/o procedurale, qualunque strategia potrebbe essere articolata in lotti funzionali effettivi, che garantiscano l’anticipazione di benefici rispetto all’opera completa (mentre per il passante ferroviario di Milano sono occorsi 20 anni, la città viveva l’assedio di un traffico veicolare crescente e diveniva una delle metropoli più inquinate d’Europa). L’anticipazione di benefici costituisce un requisito fondamentale di cautela politico-amministrativa in una situazione di arretratezza; certo, per garantire benefici i lotti funzionali dovrebbero essere concepiti con una loro intrinseca efficacia. Ad esempio sulla direttrice Milano-Genova potrebbe essere anticipato il quadruplicamento ferroviario fra Milano e Pavia, dove si svolge il traffico passeggeri più intenso oppure realizzata la doppia circolazione parallela (progetto degli anni ’70 ancora valido oggi, ribattezzato “primo valico” dall’urbanista Paolo Rigamonti) al valico dei Giovi. Allo stesso modo un asse autostradale progettato a 3 corsie per senso di marcia potrebbe nel suo primo ventennio di esercizio essere realizzato a 2 corsie, predisponendo le opere d’arte principali a successivi ampliamenti.

6. Infrastrutture non ridondanti – Un quinto connotato da perseguire, strettamente legato ai precedenti, sarebbe rappresentato dall’approccio per “lean infrastructures” (infrastrutturazione snella), come enunciato recentemente da Ennio Cascetta. In molti casi la soluzione delle criticità dell’accessibilità regionale risiede nei nodi e non in nuovi archi della rete; nella configurazione migliore della maglia e non nelle pure capacità di deflusso delle direttrici. Nel caso del trasporto ferroviario, i sistemi tecnologici di controllo della marcia sono da sempre fondamentali per consentire sicurezza e piena potenzialità alla rete, che a volte non è pienamente sfruttata. Anche la concezione e realizzazione di nuovi sistemi di tariffazione e pedaggiamento possono produrre effetti positivi (come promettono le prime esperienze straniere di “free flow tolling”). L’approccio “lean” può contribuire significativamente a mantenere elevata sia la redditività finanziaria sia la redditività sociale delle opere.

7. Un vero atto programmatorio per la Lombardia – In sintesi, se quanto sopra schematizzato rappresenta il quadro delle problematiche oggi emergenti, il PRMT che la Regione Lombardia ha avviato non può essere considerato come un puro aggiornamento del quadro programmatorio. E’ l’occasione per operare una revisione profonda delle scelte in essere.

Affinché il disegno complessivo del PRMT sia attento ai connotati qualitativi citati occorre vincolarne la formazione a un metodo fine e rigoroso. Un metodo già adottato per il Piani della mobilità della Regione Campania, ad esempio, ove la base conoscitiva è stata attentamente costruita – oltre che con le consuete indagini sui flussi di persone e merci e le relative modellizzazioni – con un approccio avanzato di marketing (indagini innovative sulle caratteristiche dell’utenza, sulle scelte di modo di trasporto di ciascun segmento di utenza rilevante, sulle preferenze di consumo). A queste verifiche possono seguire “Linee guida di progettazione” dettate dal PRMT stesso per infrastrutture snelle, ecocompatibili, realizzabili per gradi, efficaci, accompagnate da analisi benefici-costi accurate sulle migliori opzioni strategiche proponibili, attente alle città capoluogo su cui la grande urbanizzazione dispersa continuerà a gravitare per le funzioni di livello superiore.

E’ necessario che le relazioni con altri strumenti e atti di programmazione, le visioni di lungo periodo, la documentazione di dati e tendenze, le strategie e gli obiettivi non restino enunciazioni di principio o a sé stanti, ma trovino concretezza in una scala di priorità definita, in progetti attivabili nel quinquennio: è questo il periodo di tempo nel quale sarà più difficile gestire tutto il pregresso incompiuto e operare scelte avvedute per il futuro.

Il nuovo PRMT deve per questo rispondere con chiarezza a ineludibili domande. Quali target di riduzione delle emissioni assume nell’orizzonte di riferimento e con quali strumenti intende raggiungerli? Come fare proprio l’obiettivo di non consumare nuovo suolo, ovvero quanto suolo intende occupare, per quali interventi, in base a quali priorità e con quali provvedimenti di mitigazione o compensativi? Come concretamente e con quali risultati attesi intende perseguire i propri obiettivi e ad esempio migliorare integrazione modale e gestione? Quali piani economico-finanziari lo sosterranno? Senza risposte convincenti a queste domande non si potrà parlare di un vero atto programmatorio per la Lombardia.

Aldo Ciocia e Luca Imberti

(INU – sezione Lombardia)



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