5 novembre 2014

ACQUA PUBBLICA, MM E CITTÀ METROPOLITANA


Il Comitato milanese acqua pubblica ha sempre avuto, per la gestione dell’acqua potabile dell’area milanese alcuni punti fermi:

– l’unificazione delle due aziende speciali ATO (Milano città e Milano provincia) in cui fu divisa la gestione milanese. Unico e anomalo caso in Italia, concepito dalla Regione Lombardia in ragione dei diversi schieramenti che governavano il Comune e la Provincia;

– unificare le due realtà, la Spa MM che gestisce l’acquedotto cittadino e la Spa CAP Holding che gestisce il Consorzio Provinciale. Il CAP aveva già assorbito le diverse SPA satelliti e si era reso disponibile a ragionare attorno a una visione unitaria dell’intero servizio idrico milanese; unire all’acquedotto la gestione della depurazione;

– lo scorporo dell’acquedotto dalla Spa MM, in quanto la società è composta da due settori di intervento senza affinità alcuna tra loro: l’acquedotto e il settore ingegneria della Metropolitana. A questo accorpamento si era arrivati con la giunta Albertini senza alcuna visione né strategica di ciò che ha rappresentato e rappresenta l’acquedotto per la vita di una città.

07molinari38FB– collocare l’insieme di questi obbiettivi nella prospettiva dell’area Metropolitana, dando a questa una valenza strategica nella quale le acque dell’acquedotto e la tutela/controllo di quelle di superficie (fiumi, rogge, fontanili, canali, navigli) fossero al centro del disegno della nuova Città metropolitana. Determinante per definire il rapporto della città con il suo territorio agricolo, il tipo di colture, di allevamento e di rifornimento alimentare della città stessa.

– cambiare il consiglio di amministrazione di MM sostanzialmente espressione della vecchia amministrazione.

– definire con lo scorporo una vera politica per l’acquedotto milanese che fermasse: il travaso di risorse dal settore idrico a quello ingegneristico e l’esternalizzazione di tante delle sue attività con la relativa perdita di posti di lavoro e professionalità. Ridesse valore culturale, strategico, etico all’acquedotto, come garante della vita e della salute dei cittadini. Garantisse la sicurezza dei controlli. Ora più che mai necessari per i numerosi pericoli (indagine ISPRA sui pesticidi nelle acque) e per gli inquinanti di nuova generazione non ancora testati (droghe ecc. …): una denuncia fatta dal Corriere della Sera. In sostanza si chiede che l’acquedotto venga potenziato e non concepito come produttore di utili per il comune o per sostenere il settore ingegneristico.

Oggi alcuni degli obbiettivi del processo da noi delineato hanno trovato attuazione per i processi che si sono determinati per l’evoluzione della realtà politica, più che per la volontà del Comune. Vediamone alcuni punti essenziali:

– l’area Metropolitana è stata realizzata per legge nazionale a seguito dell’abolizione delle Province. A capo c’è il Sindaco di Milano e in virtù di tale ruolo, il Comune di Milano diventa anche il maggior azionista del CAP oltre che l’unico azionista di MM. (Ma la città Metropolitana resta un involucro senza idee di cosa deve essere e cosa deve diventare).

– con l’area Metropolitana i due ATO sono in procinto di essere unificati.

– il Comune di Milano, ha nomina di Davide Corridore a presidente di MM

Già il determinarsi di queste condizioni rimette al centro il disegno complessivo da noi delineato da tempo, per riproporlo al Comune e all’area Metropolitana.

Mettere in sicurezza l’acqua è metter in sicurezza il ruolo dei comuni.

È un elemento strategico per le amministrazioni comunali, visti gli indirizzi del decreto Sblocca Italia che oltre a sopprimere/privatizzare 7 mila aziende pubbliche, con l’obbligatorietà alla costituzione di Multiutility di servizi essenziali minaccia in prospettiva anche i servizi idrici. Se si aggiunge poi la messa sul mercato di ulteriori quote azionarie e la tagliola del patto di stabilità per chi non fa entrare i privati e un nuovo centralismo che toglie sovranità e trasferisce le politiche tariffarie al centro. Il rischio è più che concreto.

Per Milano si riaffaccia la questione della Multiutility del Nord a cominciare dalla fusione di A2A con IREN nella quale il servizio idrico è già presente in molte realtà, per MM sarebbe difficile sottrarsi. Inoltre tutta la politica europea e il prossimo trattato USA – UE si muovono con determinazione verso la monetizzazione di tutta l’acqua, la sua finanziarizzazione e l’istituzione di una borsa dell’acqua.

Questo pone a noi ma anche ai comuni un compito essenziale: “mettere in sicurezza il servizio idrico da ogni privatizzazione/finanziarizzazione e difendere assieme quel poco di ruolo e di autonomia che i Comuni ancora conservano”.

In questo contesto la decisione del Comune di Milano di affidare a MM la gestione delle case popolari milanesi di sua proprietà, sottraendole giustamente alla disastrosa gestione regionale, non può che trovarci pienamente concordi purché non si tratti di una semplice politica di parcheggio. La gestione delle case popolari in MM è una buona soluzione e congeniale al suo settore ingegneristico. È quindi l’occasione per dare ruolo e autonomia a questo settore e realizzare quindi quella condizione cui l’assessore Maran subordinava lo scorporo dell’acquedotto da MM per dar vita a un processo di unificazione con l’acquedotto provinciale.

In una parola il percorso da noi delineato si attualizza e si rende più urgente perché aumentano i rischi di privatizzazione per l’acquedotto, in quanto vengono meno le condizioni previste dalle leggi Europee e Nazionali sui servizi idrici, che definiscono la natura della gestione in house in quanto l’acqua deve rappresentare la sua attività prevalente. Ora è chiaro che dentro a una MM che gestisce le case popolari, l’attività prevalente non sarà certo l’acquedotto che diventa così a rischio di privatizzazione. Oltre tutto vedrà impoverirsi il proprio ruolo sociale e l’attenzione delle istituzioni sulla sua efficienza.

Infine in questa scelta manca ogni visione politica e industriale, sia per l’acquedotto MM e per il CAP, sia per le case popolari, ci si limita all’emergenza di metterle in una scatola disponibile, ma di come gestirle, con quali mezzi, con quale visione inclusiva per quella parte del patrimonio abitativo metropolitano che resta ancora in ALER non si sa.

Per quanto riguarda il Comitato milanese acqua pubblica crediamo ora più che mai che l’orizzonte da noi delineato sia l’unico che abbia una visione politica e industriale e in quanto tale va riproposto. Discutiamo i tempi le tappe intermedie, ma se abbiamo a cuore l’acqua pubblica e una futura gestione del patrimonio pubblico abitativo metropolitano, lo scorporo dell’acqua da MM e la creazione di un’unica gestione idrica metropolitana e una seria discussione partecipata dai cittadini sull’area metropolitana stessa, è un passaggio inevitabile.

Emilio Molinari



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