14 settembre 2009

“BADANTI”: DAL WELFARE CASERECCIO AI NUOVI DIRITTI


Dopo avere costretto all’invisibilità centinaia di migliaia di lavoratori stranieri, dopo aver condotto le famiglie alla sperimentazione obbligata del lavoro nero, dopo aver artificialmente compresso e sviato dalle sue dinamiche il mercato dei servizi personali su scala internazionale (alla faccia della conclamata libertà d’intrapresa e di scelta personale), il governo bossi – berlusconi ha inevitabilmente ceduto obtorto collo all’evidenza dei fatti, aprendo la strada alla regolarizzazione di massa delle lavoratrici (e anche dei lavoratori, certo) addette alla cura degli anziani, dei non autosufficienti e della casa.

Nel farlo ci ha lasciato un ultimo “grazioso” colpo di coda e soprattutto un problema del tutto irrisolto nelle sue dimensioni complessive, com’è connaturato ad una politica populistico – demagogica, che affianca alle grida da osteria dei Calderoli miopia ed insipienza tecnico operativa.

Intanto, le famiglie, per accedere alla sanatoria, hanno dovuto ammettere di avere, “loro”, creato la condizione di lavoro nero da cui far emergere la nuova posizione contrattuale: è difficile qui vedere qualcosa di più patente e provocatorio di un governo che, prima, obbliga dolosamente i cittadini ad operare contro la legge, e poi addossa loro con la “colpa” anche la responsabilità e gli oneri.

Ma, aldilà di questo, resta sul terreno, del tutto irrisolto, il tema del governo di un gigantesco flusso migratorio su scala mondiale: si calcolano in quasi 1 milione le lavoratrici ed i lavoratori addetti alle famiglie ed ai servizi di cura in Italia!!

Un flusso con finalità, modalità e caratteri del tutto particolari rispetto a quello diretto verso le imprese: femminilizzato, con tendenza al rientro nei paesi d’origine, scarsamente professionalizzato, atomizzato e distribuito in tutto il paese.

Ogni giorno, anche oggi che leggete questo articolo, quasi un milione di donne immigrate si sveglia e si avvia verso le nostre abitazioni dove garantisce le condizioni della ordinaria riproduzione della nostra vita sociale: ad esse affidiamo i nostri vecchi, i nostri bambini, le nostre case, insomma le nostre cose più preziose.

Nondimeno ci si occupa poco o nulla della qualità e dell’efficacia del loro servizio e men che meno delle condizioni che ne regolano il movimento dai loro paesi e la vita da noi, lasciando che una sorta di welfare casereccio (non parliamo qui di sussidiarietà, che è ben altra cosa) autoregoli l’efficienza del sistema dei servizi alle famiglie.

Di quest’atteggiamento, la parola “badante” a me pare, come a molti, che racchiuda nel modo più volgarmente espressivo, lo svilimento del ruolo, delle capacità e delle competenze delle persone addette, quasi che, ad un vecchio o ad un bambino, si tratti solo di “badare” che non succeda nulla di grave, rappresentando così un servizio privo di qualità, di connotati tecnici, professionali ed anche umani, di relazione e di comunicazione, reso perdipiù da un esercito di invisibili senza diritti e posizione sociale.

E invece si tratta di un lavoro non solo indispensabile, ma ricco di connotazioni socio professionali, e tanto più efficace quando al “cuore”, di cui queste donne appaiono così “culturalmente” dotate, si sommano conoscenze e competenze linguistiche, culturali, tecnico operative connesse alle operazioni di cura ed assistenza.

Si tratta di persone che, oltre al lavoro, vivono necessariamente una dimensione sociale nelle nostre città e nei nostri paesi, dimorando, consumando, richiedendo a loro volta prestazioni socio sanitarie, costruendo reti amicali e di sostegno reciproco.

Di tutto questo, s’intende, al governo Bossi – Berlusconi nulla cale.

Ciò che contava, in un gretto conteggio dei costi benefici, era che, in ordine, si portasse a casa quanto segue:

 

  1. Applicazione sulla pelle dell’immigrato del marchio di “clandestino”, sia pure “emergendo”;
  2. Soddisfazione della Chiesa in merito alle sue richieste di tutela della famiglia;
  3. Vantaggio economico dalla vicenda.

 

Ma, e qui casca l’asino di destra, alle intenzioni non seguono solo gli effetti desiderati, specie se si cerca di contrapporsi scompostamente alla concretezza di possenti fenomeni reali: per quanto vigorosamente nuoti, la corrente avrà sempre la meglio su di te.

Ed io proprio da qui vorrei partire, tratteggiando alcuni effetti oggettivi di questa politica, certamente indesiderati o imprevisti dal governo Bossi – Berlusconi, ma non per questo meno reali,.

Gli oneri connessi alla regolarizzazione forzata, ed i conseguenti e ben più rilevanti oneri contributivi posti a carico delle famiglie e delle lavoratrici addette alla famiglia ed alla cura, renderanno allo Stato ingenti risorse finanziarie.

Per effetto proprio, specifico, della “emersione”, si riconosce, con l’esistenza del rapporto di lavoro, non solo l’esistenza in vita della “badante” quale lavoratrice (cosa finora negata), ma anche la sua esistenza giuridica, la sua capacità di essere titolare di diritti, anche in tema di accesso al welfare ed alle politiche di tutela e sviluppo del lavoro (formazione, rappresentanza, tutele sociali e reddito….).

Dunque generazione delle basi materiali e dei prerequisiti normativi per l’accesso delle lavoratrici immigrate ai servizi del welfare in primo luogo, e contestualmente ad una sia pur ridotta cittadinanza.

L’emersione di una gran massa di lavoratrici, la generazione di flussi di cassa da esse stesse prodotte, il rafforzamento verso lo Stato e le famiglie della loro condizione soggettiva di lavoratore regolare e di titolare a tutti gli effetti di diritti creati dal proprio lavoro, e non certo gentilmente “octroye”, offrono allora il nuovo scenario su cui riflettere per progettare una nuova politica di gestione del flusso migratorio e della sua presenza in Italia.

Una nuova politica verso cui convergono sia le esigenze di qualità dei servizi da parte delle famiglie, sia le esigenze di trasparenza, certezze e sviluppo professionale delle addette ai servizi di cura. E poi una nuova politica per regolarne l’accesso ai servizi del welfare, diritti di accesso del resto ben pagati dagli immigrati, ed infine per promuovere la partecipazione più ampia degli ex invisibili alla socialità nel senso più esteso del termine.

Si pongono qui questioni che mettono in gioco una strettissima relazione tra globale e locale, tra Stati e comunità, tra diritti e rappresentanze, tra risorse e dispositivi di servizi, tra attori e sistemi, su cui non vi è in questa sede spazio di articolazione ma che sono di grande rilevanza attuale e futura.

Nel processo di globalizzazione accelerata, la regolazione dei flussi migratori e delle convivenze rappresenta una delle maggiori sfide.

La Destra italiana, la destra dei “bingo bongo” e del Presidente “abbronzato” Obama semplicemente non capisce, non è all’altezza del tema, combatte ottusamente battaglie perse in partenza, e deve cedere inevitabilmente e sistematicamente alla pressione dei fenomeni reali, unica sua preoccupazione essendo quella di lucrare vantaggio di consenso politico, ma il gioco dura poco e renderà sempre meno.

Anche per questo, la tutela ed il rafforzamento dei diritti dei lavoratori immigrati è compito, anzi, direi di più, è “missione” della sinistra e della coscienza civile italiana, è una sua battaglia fondamentale.

La sinistra, politica, sociale e sindacale, non deve abdicare alla sua missione per rincorrere umori sociali che dovrebbe invece guidare, né cedere alla tentazione di privilegiare il lavoro nostrano, ma anzi deve far proprio, senza se e senza ma, il principio etico-politico che il lavoro, tutto il mondo del lavoro, va unito e non tenuto diviso. Tanto più che su questo terreno trova e troverà alleati e sensibilità preziose e trasversalmente diffuse, nella chiesa, nella società, e nella stessa politica.

Vi è campo per prendere iniziative al tempo stesso coraggiose, solidali e politicamente utili, contribuendo all’esigenza essenziale di disarticolare il quadro di consenso populistico mediatico che tuttora circonda l’asse bossi – berlusconi. Oggi, bisogna riconoscere, complessivamente la sinistra mantiene sul tema posizioni troppo tiepide ed inefficaci, e non vorremmo mai credere che al fondo vi sia, oltre che la paralisi complessiva dell’iniziativa politica del PD, anche una solida considerazione del tipo “tanto quelli non votano”, sono solo i “meteci” del 21° secolo.

Sarà anche vero che non votano (per ora), ma si faranno sempre più sentire e tenerli separati dal nostro tessuto civile sarà sempre più iniquo, costoso e controproducente.

Sarà sempre più questione che distingue destra da sinistra.

Ed allora infine, anche se le hanno fatte entrare dalla porta di servizio, diamo un bel benvenuto nel mondo dei diritti alle donne immigrate addette ai servizi di cura alle persone ed alla casa.

Se poi gli vogliamo fare il monumento va bene, ma che sia fondato su di un solido basamento di diritti.

 

Giuseppe Ucciero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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