14 settembre 2009

BINARI. A VOLTE RITORNANO


Qualche tempo fa ho acquistato su una bancarella di libri usati un volume “illuminante”: “Fuori porta in Tram”, che racconta la storia delle tranvie extraurbane milanesi dal 1876 al 1980.

Illuminante perché vi ho scoperto che nel periodo dal 1933 al 1947 da Milano si poteva andare in tram (elettrico o a vapore) fino a Bergamo, passando per Vimercate, a Vaprio e Cassano d’Adda, a Lodi, a Pavia, ad Abbiategrasso, a Boffalora, transitando per Corbetta e Magenta, ma pure a Castano Primo, Gallarate, Mombello, Giussano, Monza e Cinisello Balsamo. Una linea diversa per ogni comune, con in più varie interconnessioni come quelle tra Monza e Vimercate, Monza e Seregno via Carate Brianza e ancora Monza e Cantù.

Una rete di collegamenti su ferro impressionante per estensione nel territorio e capillarità. Questo senza contare le linee urbane che innervavano il tessuto cittadino in quegli stessi anni. Quando nasce nel 1939, l’ATM eredita più di 230 chilometri di strada ferrata extraurbana.

La guerra prima e scelte aziendali poi, determinano un forte ridimensionamento della rete. Se nel 1960 Legnano, Vimercate e Cassano rimangono le località più lontane servite da linee tranviarie, già nel 1966 viene soppressa la linea per Legnano, mentre le linee per Vimercate e Cassano sono ammodernate e trasformate nelle Linee Celeri dell’Adda. La storia è lunga, complessa e assai interessante, ma non è l’oggetto di quest’articolo.

Quello su cui vorrei riflettere, stimolato dall’allegato n° 4 del Documento di Piano del PGT di Milano, intitolato “il progetto strategico”, è la capacità milanese, ma forse dovrei dire italiana, di fare e disfare, per poi… rifare!

I piani del comune di Milano e dell’ATM per l’ampliamento della rete nel prossimo futuro, sintetizzati in quella tavola, prevedono 10 (?) linee metropolitane, un secondo passante ferroviario e varie tranvie, urbane ed extraurbane.

Alcuni –molti?- di quei tracciati ricalcano con una buona approssimazione i percorsi “storici”. Si poseranno rotaie dove le rotaie già c’erano, ma erano state rimosse.

Tutto questo per non pensare a quello che avrebbe potuto significare, per il congestionato traffico “milanocentrico” di oggi, poter andare in tram da Bergamo a Corso Buenos Aires o da Pavia a Viale Col di Lana, se si fossero conservati e tenuti attivi i vecchi tracciati. Sicuramente ci saranno stati ottimi motivi, tecnici, strategici ed economici per sopprimere un simile patrimonio infrastrutturale, ma il rammarico rimane lo stesso.

Corsi e ricorsi, insomma.

È curioso, il passante ferroviario “passa” sotto viale Tunisia, ma ad inizio secolo scorso la ferrovia passava in rilevato sopra lo stesso viale.

Una delle ipotesi per un secondo passante (perché nei documenti del PGT ve n’è più d’una) prevede un andamento molto simile alla dismessa cintura ovest, che da Porta Genova disegnava via Dezza e lo scalo Sempione per dirigersi in Porta Garibaldi aggirando il Cimitero Monumentale.

Non basta? La metropolitana 2 sarà prolungata fino a Vimercate, dove fino ai primi anni ’80 si arrivava tranquillamente in tram.

Quelle della metrotranvia 31 non sono le prime rotaie posate per le strade di Cinisello Balsamo. Le precedenti avevano funzionato sino al 1956.

Tutto questo non è ovviamente imputabile all’attuale amministrazione. Ma è comunque un fatto che merita riflessioni e ulteriori approfondimenti.

Per i nostalgici che sicuramente sapranno, ma soprattutto per chi non crede che un tempo si potesse arrivare fino a Gallarate (e quindi quasi a Malpensa) in tram, ricordo che in corso Sempione nell’aiuola all’angolo con via Moscati (r)esiste un respingente in cemento, memento residuale dei binari dell’antica linea.

Pietro Cafiero




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