15 ottobre 2014

CITTÀ METROPOLITANA: IL NOSTRO BONSAI


Ho letto i sempre più numerosi articoli ospitati da ArcipelagoMilano sulla formazione della Città Metropolitana Milanese, dovuti alla curiosità e all’interesse per questa nuova forma di Governo Locale. Ma in tutte queste interessanti opinioni che hanno riguardato l’importante e attesa riforma, probabilmente a causa di insufficiente attenzione o distrazione, due argomenti sono assolutamente assenti; e non sono argomenti da poco. Possiamo dire che uno è politico e l’altro amministrativo. Ma sono ambedue enormi problemi che renderanno inutile questa finta trasformazione dei quali nessuno dei volonterosi che hanno partecipato al dibattito su ArcipelagoMilano ha fatto cenno.

04zenoni35FBIl primo, quello politico, è che non si sono resi conto di quanto modesta, vecchia ma tipicamente italiana sia la proposta politica, la quale trascura il fatto che milioni di cittadini, operatori ed Enti pubblici e privati la Città Metropolitana la vivono già nei loro atti di tutti i giorni, malauguratamente affaticati però dalle sovrapposizioni dei vari poteri amministrativi decentrati che dominano e intralciano le loro attività. Cittadini, operatori ed Enti pubblici e privati che resteranno per la maggior parte fuori dai confini della Città Metropolitana formata dalla Provincia di Milano, la più piccola, dopo Napoli, tra i capoluoghi delle regioni italiane.

Questa deludente proposta politica si può inquadrare invece nel più puro gattopardismo italiano: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Quello che ci racconta Alan Friedman nel suo ultimo libro Ammazziamo il Gattopardo. E farcelo ricordare da lui, italo-americano ma esperto di politica italiana, che solo dopo questo libro (guarda caso!) è tornato agli onori dei dibattiti televisivi, è un ulteriore segno della crisi in cui ci ha sprofondato la classe politica del dopo Mani pulite. La trasformazione della Provincia di Milano in Città Metropolitana fa loro comodo anche se dovranno rinunciare a una parte di remunerazioni ma che probabilmente recupereranno, dovendo scriverne lo Statuto, spostando e creando nuove inutili funzioni o istituti sempre nello stesso spazio. Esattamente come ci insegnò Tomasi di Lampedusa.

Il secondo argomento, quello amministrativo ma fondamentale, è la dimensione della Città Metropolitana. La riforma tanto attesa per migliorare le condizioni di vita dei Milanesi si tradurrebbe quindi nell’avere una Città Metropolitana, nulla di più che l’attuale Provincia, già mutilata dalle recenti autonomie di Monza – Brianza e Lodi che stanno ancora inaugurandosi le loro sedi senza badare a spese.

Ma, io mi chiedo, come si può pensare ad una Città Metropolitana Milanese senza la provincie di Monza/Brianza e Lodi? Ma non abbiamo sempre parlato di industria e agricoltura come facenti parte con il sistema bancario, la moda e il design dell’identità di Milano? L’industria della Brianza è ora in Provincia con Monza, Varese, Como e Lecco e l’agricoltura, quella vera e non quella mitizzata del Parco Agricolo Sud Milano, è attorno a Lodi a Pavia e a Cremona.

Questa nuova legge doveva essere l’occasione per riparare gli incredibili errori del recente passato consistente nel fornire Provincie a semplice richiesta da parte di partiti avidi di poltrone.

Gli stessi uomini politici milanesi che avevano accettato in modo colpevolmente superficiale il ridimensionamento amministrativo della Provincia di Milano non hanno colto la grande occasione della legge sulla Città Metropolitana per recuperare la dignità persa mutilando la loro Provincia. Quando in Italia si cominciò a parlare di Città Metropolitana si pensò subito al territorio milanese, poi per non chiare ragioni politiche ne furono previste altre 9.

Ebbene Milano, che doveva essere l’unica vera Città Metropolitana italiana a livello europeo, si troverà ad essere la più piccola tra quelle Italiane (dopo Napoli) cioè con le dimensioni della ex Provincia esistente.

La Città Metropolitana milanese se volesse coprire la sua reale dimensione economica dovrebbe riassorbire in toto le ex Provincie di Monza Brianza e di Lodi – ma anche molti Comuni della parte sud delle ex Provincie di Como, Lecco e Varese nonché della parte nord di quelle di Cremona e Pavia.

Lunedì 14 luglio presso l’Assimpredil, nell’occasione della presentazione del nuovo PTCP, si percepiva l’imbarazzo dei relatori ad accettare un piano che non dovrebbe esserci. Non sono intervenuto sui contenuti ma solo per far notare il differente approccio del mondo degli operatori e quello della politica, prendendo esempio dall’Assimpredil che ci ospitava, la quale ritiene naturale che il territorio di sua competenza sia formato dalle Provincie di Milano, Monza/Brianza e Lodi, dimensione che più si avvicina, anche se non basta, alla reale e ragionevole Città Metropolitana.

Certo, lo so bene che questa legge in elaborazione da più di venti anni ma ora vigente, a leggerla bene potrebbe non impedire una soluzione più ragionevole, ma stava ai politici milanesi avere un sussulto di dignità e non partire come hanno fatto a queste condizioni umilianti.

Proponendo invece una immediata modifica alla legge e nel frattempo aprendo un tavolo con la Regione Lombardia per definire i nuovi limiti necessari per riconoscere la vera Città Metropolitana che non può essere che quella, non formalizzata amministrativamente, che più di tre milioni di cittadini vivono già, ma rifiutando la gattopardesca trasformazione della Provincia.

 

Gianni Zenoni

 

 

 



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