15 ottobre 2014

ARCHITETTURA: L’ORIZZONTE CRITICO DELL’AMMINISTRAZIONE MILANESE


Per la rappresentazione, anche comunicativa, della figura umana, sono accettati e condivisi specifici canoni estetici; per cui la gioventù, la freschezza e l’agilità, sono mediamente elementi più apprezzati e quindi più ricercati e utilizzati, rispetto ai relativi opposti. Ci chiediamo, se anche per quelli relativi alla costruzione del paesaggio metropolitano, sia lo stesso. Se è chiaro e condiviso, questo canone, tra gli operatori privati, sembra infatti esserlo un po’ meno per le Amministrazioni pubbliche.

07rovere35FBMentre il prossimo 19 novembre, a Francoforte, con la proclamazione del vincitore dell’International Highrise Award 2014, con cui si premierà l’edificio a torre più bello e innovativo del mondo realizzato nel 2014, nella cui lista dei cinque favoriti spicca “il Bosco Verticale” progettato dallo studio Boeri, si avvierà trionfalmente a conclusione la stagione immobiliare del developer americano Hines, relativa allo sviluppo dell’area denominata Porta Nuova, non altrettanto chiara, è risultata la scelta degli ultimi progetti, esiti di procedure concorsuali pubbliche a completamento di due aree situate ai margini della suddetta trasformazione urbana, da parte dell’Amministrazione comunale Milanese.

Se da un lato infatti troviamo una serie di edifici stilisticamente riconducibili a scelte di campo ben precise, legate al marketing territoriale e alla ricerca di una fotogenia delle immagini iper-iconiche proposte, dall’altro, ci chiediamo, quale sia stata la musa ispiratrice, ovvero l’idea di città, secondo la quale sono stati premiati i progetti, al di là del giudizio forzatamente sintetico rilasciato dalle giurie.

I progetti in questione sono quelli per il nuovo Centro Civico e la sistemazione superficiale del cavalcavia Eugenio Bussa. Il primo, seppur nel suo complesso sia definito da un disegno razionale e da un quadro distributivo apparentemente molto funzionale, in maniera un po’ ingenua dichiara di evocare dei caratteri stilistici e tipologici, tipici della Milano “tradizionale”. Lo fa, infatti, travisandone il significato intrinseco e giocando a un’architettura della metafora, dove l’ambiguità rischia di sfociare nel vernacolare e invece di evocare un monumento (certo, “alla piccola scala”, che cos’è d’altronde un Centro Civico?) rischia di ricordare un piccolo edificio pubblico, realizzato alla fine degli anni settanta, per ospitare gli uffici di una ASL di periferia.

Per quanto riguarda il cavalcavia Eugenio Bussa, il progetto vincitore, indica una soluzione interessante per le due testate verdi, integrandole nel sistema e donandogli nuova vita. Propone però una visione generale che cerca di strizzare l’occhio alla High Line newyorchese, senza coglierne la portata innovativa, ma limitandosi a riprodurre una sistemazione superficiale nella quale si alternano, aree verdi, per il gioco e per lo sport, dimenticandosi di dare maggior enfasi a quel verde, che come accade invece a New York, diventa l’assoluto protagonista della rovina di ruggine.

Ma l’aspetto più sorprendente e caratterizzante il progetto, è il gigantesco “fossile” che si attesta sul lato ovest del ponte, che è stato appositamente proposto, a una scala paragonabile a quella degli edifici che svettano alle sue spalle. Evidente illusione, solo per chi lo possa traguardare volando su un elicottero o viaggiando, da Torino a Milano, su un treno cabriolet. Per chi invece abiterà il ponte, avrà la probabile sensazione, che la scelta di un architettura dell’effimero si sia tramutata in quella di un architettura del precario dove, al posto dell’installazione diafana di Piazza Castello per Expo 2015, ci troveremo di fronte ad una impalcatura, figlia di una cultura dell’evento e dell’improvvisazione, che invece di programmare la cura del paesaggio, preferisce optare per continue e occasionali riparazioni dello stesso.

Forse, è nella perdita di un significato collettivamente condiviso, o almeno compreso, delle forme, che potremmo trovare una risposta. Fatto sta che questi concorsi, seppur figli di una innovazione condivisibile nelle premesse, che tendono ad agevolare l’ingresso delle nuove generazioni di architetti nel mondo della progettazione degli edifici pubblici, ci invitano a riflettere sulle modalità di selezione dell’Amministrazione, poiché gli attuali risultati denunciano i limiti del suo stesso orizzonte critico.

 

Nicola Rovere



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