8 ottobre 2014

SAPER FARE: A PROPOSITO DI NUTRIRE IL PIANETA (E NOI STESSI)


Un azzeccato marketing diceva tempo fa che un elettricista può più di un assicuratore, salvare casa e vita. La cultura anche, nutre e dà la vita. Richard Koo, capo economista del Nomura Research Institute di Tokyo, è stato economista della Federal Reserve Bank di New York (1981-84), doctoral fellow nel Board of Governors del Federal Reserve System (1979-81), poi consigliere di premier giapponesi sui problemi bancari e economici; è consigliere anziano del Center for Strategic and International Studies (Washington) e nel comitato consultivo dell’Institute for New Economic Thinking (NY). Insomma, è ben informato. È tra gli autori di Economic Reform Now. A Global Manifesto to Rescue our Sinking Economies (Palgrave MacMillan, NY 2013).

12gario34FBKoo scrive che questa crisi ha precedenti solo in USA (1929) e in Giappone (1990). Fortemente indebitatesi quando era facile e conveniente, famiglie e imprese hanno di colpo subìto il crollo del valore dei loro beni e la simultanea richiesta di restituire i prestiti: ancora una volta è finita così la bolla di una crescita economica fasulla perché speculativa. E per salvare il patrimonio, ancora una volta famiglie e imprese risparmiano all’osso, non vogliono più credito, sia pure gratis; le imprese, neanche con previsioni di alti profitti. È una recessione patrimoniale.

Se prima spendevano 100, risparmiando il 10%, ora spendono 900, l’anno dopo 810, poi 656 e via così, provocando una recessione. Poiché il fisco ne risente, lo Stato spende meno, aggravando la recessione. Le banche centrali possono erogare a tasso zero tutto il denaro che vogliono (possono), ma va in speculazione, anche sui generi di prima necessità, ampliando la crisi.

In questi casi, lo Stato deve compensare l’eccesso di risparmio di famiglie e imprese, aumentando la spesa. Il Giappone, negli anni più bui della crisi, ha aumentato la spesa pubblica (a debito) di 460 trilioni di yen, “comprando” 2.000 trilioni di prodotto interno lordo: un affare. La politiche fiscali proattive sono urgenti e indispensabili fin che famiglie e imprese, superato il trauma della possibile perdita del patrimonio, riprendono a consumare, investire e indebitarsi, rilanciando l’economia. È il turno dello Stato ridurre il suo debito, favorito dalle maggiori entrate fiscali correlate con la ripresa.

Per i debitori il trauma è terribile. In USA il credito è tornato a livelli 1929 solo nel 1959, dopo trent’anni, nonostante il New Deal, la seconda guerra mondiale, la Corea e la guerra fredda. In Giappone, dopo venticinque anni, tuttora gli imprenditori non ricorrono al credito, neppure a tassi irrisori, e la liquidità finisce in titoli di Stato, che paga meno dell’1 per cento di interesse anche col più alto debito pubblico al mondo.

Per non sacrificare intere generazioni, come oggi accade, è indispensabile un tempestivo, deciso e durevole intervento pubblico. Qui Koo fornisce l’informazione più importante: i politici che l’hanno fatto sono stati puniti. I liberaldemocratici giapponesi, nonostante il successo della loro politica, nel 2009 hanno perso a favore del liberista Abe; e in Gran Bretagna Gordon Brown ha perso le elezioni nel 2010 contro l’ultraliberista Cameron, lo stesso anno in cui Obama ha perso le elezioni a medio termine per il Congresso. Dove sta il problema? Il pubblico e l’elettorato, spiega Koo, non sanno quello che fanno: “Chi evita una crisi non diventa mai un eroe. Hollywood insegna che non ci sono eroi senza crisi”.

In democrazia, precisa, è estremamente difficile sostenere per il tempo necessario un intervento pubblico straordinario, senza una guerra che ne semplifichi il perché e il come. Nessun argomento, per quanto chiaro e convincente, ha l’elementarità animale della guerra. Ci vuole cultura. Ecco perché ci dà da mangiare e salva la vita. Nella ‘ricca’ Germania sono comparsi gli Pfandsammler, i raccoglitori di vuoti a rendere, un autoimpiego duro e ambientalista, che a modo suo incarna i valori tedeschi. Eccetto die Linke, la politica li ignora, quando non li nega (the guardian, 3/7/2014, p. 21; pfandgeben.de).

A proposito di nutrire il pianeta, nell’Expo di Milano è doveroso dare spazio alla cultura, specie a quella economica e politica necessaria per uscire da questa crisi senza dar fuoco alle polveri, come accade sempre più di frequente intorno a noi europei, nel Mediterraneo e sul continente, e ora anche all’interno dell’Unione Europea, con i risorgenti estremismi nazionalisti.

 

Giuseppe Gario

 

 



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