8 ottobre 2014

cinema – PASOLINI


 

PASOLINI

di Abel Ferrara [Belgio Italia Francia, 2014, 86′]

con Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio

 

cinema34FBUn film da vedere. Forse è un film da rivedere perché, pasolinianamente, è difficile e pieno di letture. Non si può non apprezzare il progetto ambizioso di Abel Ferrara nel ripercorrere l’ultimo giorno di vita di Pierpaolo Pasolini.

Il film procede su binari diversi: da una parte la narrazione, material fact, dello scorrere delle ore. A questa si sovrappone, anzi scorre accanto, la messa in scena, estremamente onirica, di ‘Petrolio‘, romanzo sul quale stava finendo di lavorare Pasolini in quel periodo. Romanzo su cui si interroga: “Questo romanzo riesce a dire dignitosamente e poeticamente quel che volevo dire?”

Pasolini rientra a Roma da Stoccolma, e nelle 24 ore che precedono la sua morte rilascia un’intervista a Furio Colombo, incontra Ninetto Davoli con moglie e bimbo e racconta loro il personaggio di Epifanio, si rammarica che il Nobel sia andato a Montale e non a Sandro Penna, pranza in famiglia e consiglia alla cugina di leggere il nuovo libro di Sciascia (La scomparsa di Majorana), gira per Roma e il litorale romano alla ricerca di ragazzi di vita.

In una intervista a un cronista francese Pasolini afferma che tutto è politica, che la sua vita è politica, i suoi scritti, il suo cinema. Nell’intervista a Furio Colombo, Pasolini spiega che la storia la fanno coloro che dicono no. Solo il rifiuto ha cambiato il mondo, e il rifiuto deve essere “grande, assoluto e assurdo”.

Parallelamente scorre ‘Petrolio‘, con il protagonista che, come Pasolini, passa con sguardo ironico e trasognato, incantato e sardonico nel mondo. Si inginocchia religiosamente di fronte al sesso dei ragazzi di vita e ascolta con distacco i maneggi clerical-politici di una Roma “bene” che vive di loschi intrecci.

Si rimane pieni di pensieri dopo aver visto questo film. Magnifico e straordinariamente somigliante Willem Dafoe nella parte di Pasolini. Manca però una lettura critica di tutta questa narrazione, la morte di Pasolini viene descritta solo come un pestaggio da parte di un gruppo di ragazzi che hanno incontrato una coppia omosessuale sulla spiaggia. La matrice politica è del tutto assente.

La scena di un’orgia, eccessiva, infastidente, punto erotica perde mordente quando viene spiegata. Ninetto Davoli nostro contemporaneo, e il Ninetto Davoli contemporaneo di Pasolini interpretato da Riccardo Scamarcio, vengono attratti da un rumore assordante. E viene spiegato loro che il mondo è abitato da gay e da lesbiche e che una volta all’anno questi si incontrano e si accoppiano.

Peccato che il politicamente corretto di oggi, strida con quello che è stato Pasolini, il quale ha chiamato le cose con il loro nome, anche quando era un nome eccessivo e infastidente. Nel 1975 a Roma non c’erano i gay, c’erano i froci, gli invertiti, i ricchioni. Un film su Pasolini che non riesce ad andare fino in fondo, a premere sull’acceleratore, ad essere “grande, assoluto e assurdo” come lui è stato.

Bella la colonna sonora con “La passione secondo Matteo” di Bach e Maria Callas, sua amica e compagna, che canta Rossini. È un film da vedere, perché “È bello anche se non si può capire o spiegare” come scriveva Sandro Penna a Pasolini nel 1970 in una lettera privata in cui lodava “Porcile“.

Tootsie

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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