1 ottobre 2014

GOVERNO METROPOLITANO: IL NECESSARIO RIEQUILIBRIO DELLE COMPETENZE


Lo scollamento tra i problemi indotti dai processi di metropolitanizzazione e il quadro del governo pubblico locale è questione annosa e incancrenita. Ma correre ai ripari gettando precipitosamente nell’arena modelli di riassetto istituzionale senza chiamare in causa le strategie politiche è un modo sterile, se non pericoloso, di intendere le cosiddette «riforme». È questa la strada scelta con la legge 56/2014 istitutiva delle Città metropolitane (la cosiddetta legge Delrio). Per non sapere né di storia né di geografia (in linea con le ultime riforme della scuola italiana), la legge lascia la possibilità di scegliere fra due modelli opposti: a) il comune capoluogo assume di fatto il governo dell’intero territorio metropolitano; b) il comune capoluogo sparisce, frantumato in municipi, e il governo metropolitano, eletto a suffragio universale, si costituisce su una base avente parvenza egualitaria. Due modelli assurdi, entrambi antidemocratici (in modo palese il primo, in modo subdolo il secondo).

10consonni33FBLa legge, bontà sua, in verità offre la possibilità di una terza via (lo chiamerò modello c), decisamente più ragionevole e praticabile, ma solo per le città metropolitane superiori ai tre milioni di abitanti (Roma Capitale e Milano): per questi due contesti può essere «condizione necessaria, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee, ai sensi del comma 11, lettera c), e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana». Premesso che la scelta di non estendere una simile opportunità anche a Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria è pura follia, non vi è dubbio che intanto per le Città Metropolitane di Roma e Milano, questa terza via, se perseguita con Statuti appropriati, può aprire una prospettiva proficua, evitando le semplificazioni nefaste dei modelli a e b.

Evito qui di tornare sulla polemica innescata, anche su ArcipelagoMilano, dai fautori del modello b. L’idea di far saltare il banco eliminando dalla sera alla mattina il Comune di Milano potrà essere incorniciata come una boutade e, per i futuri storici, come un indice dello scadimento culturale e politico di questo nostro tempo. L’invito poi a fare come Roma ha aspetti comici: il Comune capitolino (che pure, è bene ricordare, ha più del doppio della popolazione di Milano e un territorio che è 7 volte quello ambrosiano) con l’istituzione dei Municipi si è guardato e si guarderà bene dal fare harakiri. Semmai Milano può fare tesoro di quell’esperienza per attuare seriamente il decentramento amministrativo.

Se, dunque, la scelta di quello che ho chiamato modello c per la realtà milanese è in qualche modo obbligata, di fronte all’organo ‘costituente’ chiamato a redigere lo Statuto della Città Metropolitana Milanese si ergono problemi assai rilevanti e complessi. Con in più il vincolo, non scritto ma inderogabile, per cui per l’apparato politico – gestionale della pubblica amministrazione non vi sia, complessivamente, alcun aumento di spesa.

Mi limito qui a porre l’accento su una questione su cui si è già espresso con competenza e lucidità su ArcipelagoMilano Arturo Calaminici: il necessario riequilibrio delle competenze esclusive tra i vari livelli del governo locale.

Un primo nodo è quello delle «zone omogenee». Se il Comune di Milano (che, ai sensi della legge 56/2014, potrà essere considerato come una di tali zone) non potrà che delegare alcune sue prerogative ai Municipi (da ripensare rispetto alle attuali Zone del decentramento), i restanti Comuni dovranno consorziarsi in zone omogenee alle quali cedere a loro volta elementi della propria sovranità. Se così non fosse, si ricadrebbe di fatto nel modello b: ogni Comune si troverebbe a misurarsi isolatamente con il Governo metropolitano con una scarsa capacità di interloquire e di incidere sulle decisioni di pianificazione territoriale. A dispetto dell’elezione diretta del Governo metropolitano, avremmo una gestione centralistica con i comuni alla ricerca di alleanze strumentali, e non alla luce del sole, per sostenere interessi campanilistici. Anche per contrastare simili derive, va costituito il livello intermedio (le zone omogenee, appunto) che abbia la forza di perseguire politiche di riequilibrio e di valorizzazione delle potenzialità dei contesti.

Su questo terreno per la realtà milanese non si parte da zero: si può far tesoro dell’esperienza dei cosiddetti “Tavoli” che la Provincia di Milano ha attivato nell’ultimo decennio nell’ambito dei lavori per la messa a punto del Ptcp (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale). Certo: la vicenda dei “Tavoli” non è esaltante: presenta luci e ombre e quella stessa ripartizione territoriale va sottoposta a verifica; ma procedere in sede statutaria ignorando quella sperimentazione sarebbe l’ennesima dimostrazione di insensatezza.

Un secondo nodo, non meno rilevante e delicato, è il riequilibrio delle competenze fra la Città Metropolitana Milanese e la Regione Lombardia. Una via ardua ma appropriata alla specificità del contesto lombardo è che si dia vita a una Federazione di città metropolitane, in cui la Regione venga rifondata dal basso e con compiti di ordinamento e indirizzo nei confronti di un contesto regionale inteso per quello che è: un sistema policentrico di realtà metropolitane interdipendenti.

Sto sconfinando nell’utopia? Sì (anche perché, mentre si sbandiera l’abolizione delle province, con la Legge 56/2014 non si riconosce valenza metropolitana alle realtà che fanno da corona a quella milanese, per limitarci alla Lombardia). Ma, se si vuole evitare che nel prossimo futuro Città Metropolitana Milanese e Regione si trovino l’una contra l’altra armate, la via più ragionevole è pensare la sussidiarietà in senso cattaneano.

 

Giancarlo Consonni

Gruppo Sandòr Petöfi, “Dialoghi sulla città metropolitana”/12

 

** Gruppo Petöfi – Dialoghi sulla Città Metropolitana**

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