24 settembre 2014

IL CASO ACERBO E L’IMMORALITÀ MILANESE


Come si dice in questi casi, anche solo per evitare querele, un avviso di garanzia non è una condanna e comunque anch’io mi cautelerò usando molti “se” e molti “pare che”. Cosa certa è che Antonio Acerbo è stato raggiunto da un avviso di garanzia e i suoi uffici e le sue pertinenze sono stati perquisiti dalla Guardia di Finanza. Si parla dell’appalto delle Vie d’acqua ma pare che anche sul Padiglione Italia fossero corse voci.

01editoriale32FBTra malavita organizzata e corruzione i tempi della Milano definita “Capitale morale” sono del tutto tramontati, non c’è che dire. Com’era prevedibile corruzione e malavita organizzata s’intrecciano, forse questa è la ragione per la quale il governatore Maroni quando proclamò incautamente “Expo mafia free” non osò aggiungere “Expo corruption free”. Probabilmente sapeva di non poterlo dire. Se Expo, ormai chiamata in causa in ogni occasione anche quando il pizzicagnolo rifà la sua vetrina, deve o dovrebbe essere il grande rilancio economico del Paese, se non a scala mondiale almeno a quella europea, certo non ne è il rilancio sul piano morale.

Nemmeno su quello della dignità personale di chi amministra le società: ciò che in Expo accade e continua ad accadere, nei Paesi dove la dignità imprenditoriale ha ancora valore, avrebbe portato alle dimissioni dell’intero consiglio di amministrazione, presidente in testa e questo prima che la magistratura debba interessarsi del rispetto degli articoli 2381 e 2403 del Codice Civile in materia di vigilanza sull’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e soprattutto rispetto al Decreto Legislativo 231 del 2001 in materia di modelli organizzativi, loro adozione e adeguamento di fronte a eventi di mala gestione. Per i digiuni della materia in due parole: il “modello organizzativo” è l’insieme delle procedure che una Società deve adottare per evitare che i dipendenti commettano reati, primo tra i quali la corruzione, imputabili genericamente alla società o al suo consiglio di amministrazione.

Con Expo ormai l’abbiamo capito, nessuno ce lo ripeta più perché ne abbiamo piene le tasche, siamo in regime di necessità, di emergenza, in un regime eccezionale che vede alcuni amministratori “legibus soluti”, liberi dal rispetto delle leggi, e lo sono di fatto o, il che è ancor peggio, per decreto. Se non ci fosse da piangere rideremmo: Expo è diventata una gara di velocità tra chi cerca di finire in tempo i lavori e la magistratura che insegue i rei. Uno spettacolo edificante, soprattutto per i giovani, gli startupper, dei quali abbiamo grande bisogno, e che pensano alla meritocrazia vincente in un sano mercato!

Non ho richiamato a caso il decreto 231 perché, se il modello organizzativo di cui parla e che Expo senza dubbio ha adottato e poi aggiornato a seguito degli ultimi accadimenti, non proteggerà gli amministratori, i danni causati dai loro sottoposti ricadranno sulle loro spalle e qui certamente di danni si parla non tanto e non solo di danni di immagine ma di tutti i maggiori costi che i rallentamenti dovuti a questi “incidenti” giudiziari provocheranno e stanno provocando magari solo per l’indispensabile ricorso al lavoro straordinario, ben più costoso per gli operatori e che gli stessi vorranno recuperare.

Un’ultima notazione. Rubare su Expo 2015, visto il tema, vuol dire oltretutto appropriarsi di risorse che la collettività ha destinato (o almeno avrebbe voluto destinare) per risolvere uno dei più gravi problemi del pianeta: dar da mangiare a chi ha fame. C’è chi dorme tranquillo.

Luca Beltrami Gadola



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