24 settembre 2014
FRANCES HA
di Noah Baumbach [U.S.A., 2013, 86′]
con Greta Gerwig, Mickey Sumner, Adam Driver, Michael Zegen
Frances ha ventisette anni e un sogno: diventare una ballerina, è tirocinante in una compagnia di danza e per vivere insegna alle allieve più piccole. La sua vita non è molto diversa da quella del college anche se dalla California si è trasferita nella Grande mela. Vive con Sophie, la sua migliore amica che ha un lavoro presso la Random House. Insieme scherzano, frequentano locali e party e si raccontano dei loro amori.
Ma le esigenze cambiano almeno per Sophie, che decide di andare a vivere con il suo ragazzo nell’ambìto quartiere Tribeca. Frances (che aveva rifiutato una proposta simile) ha pochi soldi e non riesce a vivere da sola, si sposta in una casa con due amici artisti, ma la perdita di un’occasione di lavoro le impedisce anche questa coabitazione. Benché le sue finanze siano in rosso e lei sia indebitatissima trascorre un weekend solitario a Parigi. Tornata con grandi speranze per un ruolo da ballerina, scopre di essere stata esonerata dalla compagnia e rifiuta un lavoro da segretaria che ritiene inadeguato.
In nome della coerenza con il suo sogno si ritrova costretta a lavoretti di solito appannaggio degli studenti dei college. E proprio in una festa all’ex università reincontra Sophie di ritorno da Tokio, sembra un tuffo nei bei tempi ma l’orologio è andato troppo avanti e anche per Frances è tempo di cambiamenti.
Il film muove da una tesi: l’inadeguatezza di Frances (undatable la definisce l’amico Benji) che coltiva i suoi sogni e non accetta facilmente compromessi, Frances che non vuole crescere, che tenta di reiterare la vita dello studente, che si muove nello spazio (i vari indirizzi delle case in cui si sposta a New York) e che sbaglia i tempi (come a Parigi dove l’incontro con un’amica non avviene per una banalità). Anche la nostra eroina cerca il suo posto nel mondo ma lo fa in modo ondivago, senza un vero orientamento e in questo suo fluttuare ascoltiamo alcuni dei dialoghi più freschi, spiritosi e ironici degli ultimi tempi.
Il film è girato in bianco e nero con una fotografia pulita, ha un bel ritmo e una freschezza che ricorda un po’ Woody Allen (forse il paragone è influenzato dal b/n e dall’ambiente newyorkese) e un po’ la lezione della Nouvelle vague.
Dorothy Parker
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi