17 settembre 2014

PARTECIPAZIONE E CITTADINANZA ATTIVA: IL PD A MILANO CI PROVA


La disgregazione sociale, con tutte le sue declinazioni, è un problema non aggirabile e non rimandabile: è il tema vero della società attuale, quasi un ossimoro politico sociale che non può non toccare in primo luogo i partiti politici e la loro funzione e coinvolgerli nella ricerca di soluzioni.

03_bocci31FBIl Pd metropolitano sabato 6 settembre all’interno della Festa dell’Unità ha organizzato una intensa giornata di confronto con i suoi iscritti, coinvolgendo Movement for Change, Fabrizio Barca, Antonella Agnoli, Arci e Action Aid in uno scambio attivo, articolato in gruppi di lavoro sul ‘costruire comunità’.

La giornata rispondeva al bisogno espresso dagli iscritti di ripensare ai propri luoghi di presidio territoriale, di rinnovare metodi e strumenti per aumentare e facilitare la partecipazione e la cittadinanza attiva.

Come membro della segreteria metropolitana con la delega ai processi partecipativi ho ricevuto moltissime sollecitazioni, segno che il bisogno di trovare strade nuove e di dare un senso concreto alla parola partecipazione, spesso abusata, è forte non solo nella cosiddetta società ‘civile’ ma anche tra i militanti di un Partito di grande tradizione di attivismo sul territorio come il Pd.

Il fattore comune delle discussioni di gruppo è stato la consapevolezza del bisogno che le persone hanno di luoghi dove stare insieme per discutere insieme, per imparare a crescere come cittadini, ma soprattutto per fare delle cose insieme; oltre le campagne elettorali, oltre i Congressi e le tematiche legate a questioni squisitamente interne all’organizzazione e strutturazione del Partito.

Si è cercato di stimolare la discussione sulla (non troppo) sottile differenza tra essere spazio e diventare luogo, andare cioè oltre la caratteristica fisica di essere contenitori, per diventare capaci di sviluppare contenuti e relazioni nuove e motivanti tra persone e azioni.

È forte anche negli iscritti la percezione della distanza tra partito e cittadini, della difficoltà ad avvicinare alla politica chi ne è sempre stato fuori o chi se ne è allontanato.

Le domande: quali azioni possono trasformare uno spazio in un luogo di partecipazione e relazione? Quale ripensamento degli spazi, dei tempi delle attività di un circolo possono supportare il processo di cambiamento di un partito avvicinandolo di più alla società? E ancora: è compito del partito in prima persona, degli iscritti al partito, dei circoli fare comunità e servizio?

Quale equilibrio tra accogliere dentro i propri luoghi, e uscire fuori nel mondo?

La parola partecipazione nei discorsi degli iscritti del partito va spesso a braccetto con la parola innovazione e concretezza: innovare le modalità di fare politica e ritrovare concretezza nell’agire politico legandolo alle politiche del territorio, a progetto concreti e ai veri temi emergenti della comunità che lo abita.

In questo bisogno rinnovato di costruire comunità attraverso sperimentazioni di agire politico attivo che coinvolge la cittadinanza tutta, sta anche la curiosità per le due forme che sono state al centro del lavoro dei gruppi: la pratica del Community Organizing, dal mondo anglosassone e il progetto dei Luoghi Ideali promosso a livello nazionale da Fabrizio Barca. E nello stesso tempo l’attenzione per esperienze spontanee come le biblioteche di condominio oppure per le biblioteche di pubblica lettura, che Antonella Agnoli ha ben raccontato nei suoi libri (“Le Piazze del Sapere“, “La biblioteca che vorrei“) sottolineando quanto “le nostre città abbiano bisogno urgente di biblioteche di nuova concezione, dove i cittadini si possano incontrare stabilendo relazioni sia intellettuali che affettive”.

Il progetto “Luoghi Ideali” di Fabrizio Barca è un progetto nazionale (che coinvolge diversi circoli in città, alcuni inseriti in realtà complesse come quello di via Padova) nato al termine della sua Traversata, che propone una nuova idea di Partito che può davvero far accadere le cose a partire dai luoghi e dai territori.

Movement for Change, di supporto a David Miliband per il rilancio del Labour dal 2011, è un movimento nato per mobilitare le comunità locali all’empowerment: si coinvolgono tutti gli stakeholders per risolvere problemi concreti o per lanciare campagne che possono diventare di interesse nazionale. L’organizzazione centrale mette a disposizione le competenze, la capacità tecnica e raduna le esperienze simili.

Su questi modelli e su esperienze spontanee o civiche ci si è confrontati per diverse ore, con momenti comuni e momenti di lavoro a piccoli gruppi. Alla fine della giornata è rimasto molto di più del confronto su questi nuovi strumenti e modelli di partecipazione e agire politico, sulle possibilità di formare Community Organizer e di reperire risorse con modalità nuove di Crowfunding.

È emersa forte la spinta, il desiderio di non fermarsi qui, ma di andare oltre, rivendicando la necessità di un confronto costante anche con pezzi di società fuori dai Partiti, per interrogarsi su quale sia l’identità di un circolo, sulla capacità di accogliere esperienze e pensieri diversi da sé (accettando anche i conflitti) e di attivarsi per uscire da sé, mantenendo una propria chiara identità.

La partecipazione all’attività sociale della società, dell’amministrazione, spesso è frenata dalla paura della contaminazione e del trasformarsi in sostituti di qualcos’altro, perdendo la propria specificità e confondendo i ruoli.

La strada è appena cominciata, ma la consapevolezza di non dover essere altro, ma di poter diventare ‘facilitatori’ di azioni che coinvolgono altri attori come istituzioni e associazioni, oppure ‘sperimentatori’ temporanei di nuove modalità da lasciare poi in carico alle istituzioni locali, è già un segno di cambiamento e di apertura che mette al centro le relazioni e la possibilità di fare rete per lavorare non da soli alla costruzione di comunità più coese. Questa era la prima puntata, ma ce ne saranno altre.

 

Paola Bocci

 



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