17 settembre 2014

BINDI SERRACCHIANI E BUSSOLATI. LA PROVA DEL NOVE


Pietro Bussolati è chiamato a una dura prova il 28 settembre. Dimostrare che il neoeletto consiglio metropolitano non è in ritardo sul “Tempo delle donne”. In quella stessa domenica in città si elegge il consiglio metropolitano e si chiude la kermesse promossa dal Corriere della Sera dedicata a “indagare su scienza e politica, arte e cucina, sessualità, tecnologie e lavoro, per raccontare come stanno le donne nel nostro tempo. E, soprattutto, come vorrebbero stare.”

09_mattace31FBPietro Bussolati è il segretario metropolitano del Partito Democratico che ha costruito la lista unitaria del Centro Sinistra all’insegna del diversity management: donne e uomini, consiglieri e sindaci, contado e città, nord sud ovest est, Pd, Sel, i civici e Rifondazione. A lui e alla sua segreteria il merito di aver costruito una Festa dell’Unità aperta al confronto con la società, ricca di contributi, in sintonia con il paradigma dominante della condivisione / sharing. Eppure al dibattito chiave sul futuro della città in programma alla festa, “Milano città che cresce”, donne sul palco nemmeno l’ombra. Davvero non si fa e non si può più fare.

E tantomeno si può pensare che nel prossimo consiglio metropolitano gli eletti dal centro sinistra non siano al 50 e 50: di queste elezioni di secondo livello si dice che il risultato sia noto la sera prima, ciascun voto è ponderato in base al numero degli abitanti, fatti un po’ di conti, gli esiti elettorali si avvicinano alle nomine. Il consiglio metropolitano in questa fase costituente è il luogo dove si decidono le funzioni della Città Metropolitana, ne scriverà lo statuto, e solo i consiglieri che ne fanno parte potranno assumere in futuro le deleghe del sindaco (e diventare dei simil – assessori): stiamo parlando di un luogo decisionale e di potere vero.

Quante donne ne faranno parte? Non è per salire nelle graduatorie internazionali di gender equity  che ci poniamo la questione. Ma per rispondere a tutte quelle donne che per coincidenza in quegli stessi giorni si interrogano su “storie idee azioni per partecipare al cambiamento”, interrogano se stesse e la società, cercano risposte anche nei partiti.

È una sfida che il Pd metropolitano milanese (e lombardo) non può perdere, per adeguatezza culturale al contesto in cui si esprime e per coerenza con il livello nazionale. Il verso della freccia è ben chiaro: dalle 5 capolista alle elezioni europee, alle nomine nelle partecipate statali, in segreteria, al governo: 50 e 50. “Stiamo costruendo una nuova classe dirigente” dice Deborah Serracchiani.

Esiste il potere femminile in Italia? Questa era la meta-domanda cui stava rispondendo Rosy Bindi, a Monica Guerzoni per il Tempo delle donne, quando ha parlato delle ministre del governo Renzi scelte anche perché belle.

La risposta è si: “In Italia si sta definendo la mappa di un nuovo potere femminile. La stanno disegnando quel 31 per cento di deputate e senatrici in Parlamento dal 2013, le otto ministre su 16 al governo, le capolista alle elezioni europee. E ancora: le manager nominate ai vertici delle società quotate in Borsa, le alte funzionarie di alcune aziende pubbliche strategiche, le 5 rettrici (su 78, pochissime) alla guida di università influenti. La svolta c’è. È in corso.” come scrive l’editoriale de La27ora.

Ma è una fatica collettiva quella di ragionare sulla icona pubblica del potere femminile, di confrontarsi con lo stereotipo, di riconoscere il ruolo e attribuire una immagine: è il vissuto di Rosy Bindi alle prese con il cavaliere, è la proiezione di fondo delle interviste un po’ voyeuristiche alle ministre in carica. C’è resistenza attiva al cambiamento, a questa nuova libertà di scelta delle donne: appena si può si fa cadere il disegno di legge sul doppio cognome, o si addita come svilente per i valori della famiglia (?) che una donna impegnata in politica non faccia la spesa, come ha fatto affaritaliani di recente.

Ma l’onda non si ferma: “Vorrei essere libera, libera come una donna..” canta Andrea Mirò attualizzando Giorgio Gaber, inno inaugurale della manifestazione milanese de il Tempo delle donne. Ci ricordiamo tutti come finisce la canzone: “libertà è partecipazione”.

Alessandro Alfieri segretario regionale alla assemblea regionale del Pd del 14 settembre è stato profetico: “cambia la società, cambiano le istituzioni, cambia il partito”. Bene, questo è il primo varco.

 

Giulia Mattace Raso



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