17 settembre 2014

arte – IL DESIGN AL TEMPO DELLA CRISI


 

IL DESIGN AL TEMPO DELLA CRISI

arte31FBSe il caldo impazza e si ha voglia di vedere qualcosa di alternativo e diverso dalle solite mostre, ecco che la Triennale di Milano offre tante valide opportunità. Ricco come sempre il ventaglio delle mostre temporanee di architettura, ma interessante ancor di più è il nuovo allestimento del TDM, il Triennale Design Museum, giunto alla sua settima edizione.

Dopo “La sindrome dell’influenza“, tema del’anno scorso, per la nuova versione ci si è concentrati su temi quanto mai cruciali, che hanno a che fare molto e soprattutto con gli ultimi anni: “Autarchia, austerità, autoproduzione” sono le parole chiave che fanno da titolo e da fondo all’edizione di quest’anno. Un racconto concentrato sul tema dell’autosufficienza produttiva, declinato e affrontato in modo diverso in tre periodi storici cruciali: gli anni trenta, gli anni settanta e gli anni zero. La crisi ai giorni nostri, insomma.

Sotto la direzione di Silvana Annichiarico, con la curatela scientifica di Beppe Finessi, l’idea alla base è che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività progettuale: da sempre condizioni difficili stimolano l’ingegno, e se questo è vero nelle piccole cose, è evidente ancor di più parlando del design made in Italy.

Dal design negli anni trenta, in cui grandi progettisti hanno realizzato opere esemplari, ai distretti produttivi (nati negli anni settanta in piccole aree geografiche tra patrimoni basati su tradizioni locali e disponibilità diretta di materie prime) per arrivare alle sperimentali forme di produzione dal basso e di autoproduzione.

Viene delineata una storia alternativa del design italiano, fatta anche di episodi all’apparenza minori, attraverso una selezione di oltre 650 opere di autori fra cui Fortunato Depero, Bice Lazzari, Fausto Melotti, Carlo Mollino, Franco Albini, Gio Ponti, Antonia Campi, Renata Bonfanti, Salvatore Ferragamo, Piero Fornasetti, Bruno Munari, Alessandro Mendini, Gaetano Pesce, Ettore Sottsass, Enzo Mari, Andrea Branzi, Ugo La Pietra fino a Martino Gamper, Formafantasma, Nucleo, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian, Massimiliano Adami.

Il percorso si sviluppa cronologicamente: si comincia con una stanza dedicata a Fortunato Depero, artista poliedrico e davvero a tutto tondo, e alla sua bottega Casa d’Arte a Rovereto (dove realizzava quadri e arazzi, mobili e arredamenti, giocattoli e abiti, manifesti pubblicitari e allestimenti) e termina con una stanza a cura di Denis Santachiara dedicata al design autoriale che si autoproduce con le nuove tecnologie.

In mezzo, un racconto fatto di corridoi, box e vetrine, che mette in scena i diversi protagonisti che, dagli anni trenta a oggi, hanno saputo sperimentare in modo libero creando nuovi linguaggi e nuove modalità di produrre. Uno fra tutti Enzo Mari con la sua semplice e disarmante autoprogettazione.

Il percorso si arricchisce anche di “momenti” dedicati ai diversi materiali, alle diverse aree regionali, alle varie tecniche o città che hanno dato vita a opere irripetibili, “quasi uniche”, come recitano i pannelli esplicativi.

Anche l’allestimento segue il concept di base: sono stati scelti infatti materiali che rievocano il lavoro artigianale e autoprodotto: il metallo e l’OSB (materiale composito di pezzi di legno di pioppo del Monferrato).

Dopo aver risposto alla domanda “Che Cosa è il Design Italiano?” con Le Sette Ossessioni del Design Italiano, Serie Fuori Serie, Quali cose siamo, Le fabbriche dei sogni, TDM5: grafica italiana e Design, La sindrome dell’influenza, arriviamo a scoprire come il design si salva al tempo della crisi.

Il design italiano oltre le crisi. Autarchia, austerità, autoproduzione Triennale Design Museum, Orari: Martedi – Domenica 10.30 – 20.30 Giovedì 10.30 – 23.00 Biglietti: 8,00 euro intero, 6,50 euro ridotto

 

LA GENESI DELLA BELLEZZA DI SALGADO

Un fotografo tra i più amati inaugura il nuovo Palazzo della Ragione. Nuovo perché finalmente il Comune di Milano ha deciso di usare lo storico palazzo per farlo diventare il centro deputato ad accogliere qualcosa di continuativo, nello specifico mostre di fotografia. Dopo la chiusura di Spazio Forma, si tenta di ripartire puntando sul riutilizzo di un edificio centralissimo e davvero suggestivo, a contatto con una forma espressiva tra le più amate degli ultimi anni. Ecco perché per la prima mostra in loco si è scelto di partire davvero in grande con il progetto Genesi, l’ultima fatica del brasiliano Sebastiao Salgado.

Genesi è un progetto decennale, iniziato nel 2003 e concepito, usando le parole di Salgado stesso, come un canto d’amore per la terra e un monito per gli uomini. Un viaggio fatto di 245 scatti in bianco e nero divisi in cinque sezioni per raccontare un mondo primigenio e ancora puro, un mondo fatto di animali, natura e uomini che vivono insieme in armonia ed equilibrio. Quello stesso equilibrio che viene rovinato ogni giorno dalla noncuranza della maggior parte del mondo “civilizzato”, che sembra dimenticarsi delle sue stesse origini.

Sono a tratti commoventi le immagini presentate, dagli scatti dei maestosi ghiacciai del circolo polare artico, alle dune del deserto che creano disegni quasi perfetti, passando per tutti i cinque continenti.

Montagne, foreste pluviali, canyon, animali della savana o mandrie di renne, pinguini e iguane, abitanti di tribù quasi estinte con tradizioni per noi quasi intollerabili alla vista, come la scarificazione, scorrono davanti agli occhi dello spettatore per ricordagli la ricchezza e la vastità del nostro mondo. Così era all’inizio, così dovrà essere sempre, sembra ammonire Salgado.

Un vero e proprio atlante animale e antropologico, che diventa non solo un viaggio affascinante alla scoperta del nostro pianeta, ma soprattutto un grido di allarme per cercare di riparare ai danni fatti e alla preservazione della flora e della fauna mondiali.

Una immersione a tutto tondo quella di Salgado, non solo perché il fotografo stesso ha vissuto per diverso tempo in ambienti estremi e a contatto con la natura più vera, ma anche perché Salgado porta in mostra frammenti di mondo che sembrano essere lontanissimo da noi, come le immagini delle tribù del Congo, dei Boscimani e degli indigeni brasiliani, ritratti davvero in totale armonia con il proprio habitat naturale.

“Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo fatto una scoperta molto interessante: circa il 46% del mondo è ancora come il giorno della genesi” ha detto Salgado in conferenza stampa, aggiungendo che insieme tutti possiamo continuare a fare in modo che la bellezza della Genesi non scompaia mai.

Genesi, Sebastiao Salgado Fino al 2 novembre Milano, Palazzo della Ragione Orari: mar – merc – dom: 9.30-20.30 giov – sab: 9.30-22.30 Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8,50 euro.

 

 

PERCHÈ IL MUSEO DEL DUOMO È UN GRANDE MUSEO

Inaugurato nel 1953 e chiuso per restauri nel 2005, ha riaperto le sue porte e le sue collezioni il Grande Museo del Duomo. Ospitato negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo del Duomo si presenta con numeri e cifre di tutto rispetto. Duemila metri quadri di spazi espostivi, ventisette sale e tredici aree tematiche per mostrare al pubblico una storia fatta d’arte, di fede e di persone, dal quattordicesimo secolo a oggi.

Perché riaprire proprio ora? Nel 2015 Milano ospiterà l’Expo, diventando punto di attrazione mondiale per il futuro, così come, in passato, Milano è stata anche legata a doppio filo a quell’editto di Costantino che quest’anno celebra il suo 1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la Veneranda Fabbrica ha scelto di inserirsi in questa felice congiuntura temporale, significativa per la città, dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.

Il Museo è un piccolo gioiello, per la qualità delle opere esposte così come per la scelta espositiva. L’architetto Guido Canalico lo ha concepito come polo aperto verso quella varietà di generi e linguaggi in cui è riassunta la vera anima del Duomo: oltre duecento sculture, più di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal XV secolo alla contemporaneità.

E l’allestimento colpisce e coinvolge già dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue di santi e cherubini, da apostoli, da monumentali gargoyles – doccioni, tutti appesi a diversi livelli attraverso un sistema di sostegni metallici e di attaccaglie a vista, di mensole e supporti metallici che fanno sentire l’osservatore piccolo ma allo stesso tempo prossimo all’opera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ciò che è stato sul “tetto” del Duomo per tanti secoli.

Si è poi conquistati dalla bellezza di opere come il Crocifisso di Ariberto e il calice in avorio di san Carlo; si possono vedere a pochi centimetri di distanze le meravigliose guglie in marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del ‘400 e ‘500, alcune su disegno dell’Arcimboldo, sopraffini esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.

C’è anche il Cerano con uno dei “Quadroni” dedicati a San Carlo, compagno di quelli più famosi esposti in Duomo; c’è un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potrà gustare il Paliotto di San Carlo, pregevole paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto, con bozzetti e sculture in terracotta; per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che più che un congegno in ferro del 1700, sembra un’opera d’arte contemporanea. E al contemporaneo si arriva davvero in chiusura, con le porte bronzee di Lucio Fontana e del Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.

Il Duomo è da sempre il cuore della città. Questo rinnovato, ampliato, ricchissimo museo non potrà che andare a raccontare ancora meglio una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che è il Duomo stesso.

Museo del Duomo Palazzo Reale piazza Duomo, 12 – biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro orari: martedì – domenica: 10.00 -18.00.

 

 

 

questa rubrica è a cura di Virginia Colombo

mailto:rubriche@arcipelagomilano.org

 


Temi correlati:

Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


9 gennaio 2024

IL PRESEPE DELLA MEMORIA DEL LAGER

Rita Bramante



17 ottobre 2023

MUDEC. PALINSESTO 2023-2024

Rita Bramante



30 maggio 2023

BIENNALE ARCHITETTURA 2023

Paolo Favole



11 dicembre 2020

CHIARA FERRAGNI DAVANTI A BOTTICELLI

Paolo Biscottini



28 maggio 2020

UOVA DI GALLO SULLA MILANO-BOLOGNA

Marco Ceriani



13 aprile 2019

DALL’AMBROSIANA A CASALEGGIO

Giuseppe Gario


Ultimi commenti