7 settembre 2009

¡EL LADRILLO! ¡EL LADRILLO! (NON) FARE COME LA SPAGNA


Per qualche anno abbiamo invidiato la Spagna, fino a farne il nostro modello ideale di riferimento: capacità di utilizzare le risorse comunitarie, attrattività turistica, crescita delle infrastrutture, sviluppo immobiliare impetuoso, erano gli aspetti che più ci colpivano nel paese che in poco tempo è passato dall’essere il sud del primo mondo alla competizione economica con le nazioni più forti dell’Europa. Ora fatichiamo a interiorizzare, pur conoscendoli, i difetti e le tare di quel modello: il luccichio di successi troppo recenti ci abbaglia ancora e non rivela del tutto le difficoltà del presente.

“Negli ultimi anni, l’economia spagnola è cresciuta più della media europea per tre fattori: trasferimenti di risorse dall’Unione Europea, immigrazione e boom delle costruzioni.”

Per quanto concerne i trasferimenti comunitari, per il periodo 2007-2013, la Spagna è il paese più penalizzato, divenendo paese finanziatore e cedendo la propria posizione di privilegio.

Anche per quanto riguarda l’immigrazione in futuro il paese non potrà più contare sull’aiuto che questa ha fornito alla crescita del consumo e della produzione globale.

Ma soffermiamoci sul boom del sector constructor-inmobiliario. Qui vale la pena dire qualcosa di più. Alla fine degli anni Novanta si costruivano 350.000 abitazioni l’anno; nel periodo 2000-2004, agli inizi del boom, se ne costruivano 500.000; nel 2006 circa 700.000; nel 2007, si arrivò a 850.000. Non si voleva riconoscere che i benefici del mattone prima o poi si sarebbero esauriti. Intanto sia l’industria nazionale che l’agricoltura s’impoverivano e l’economia spagnola accentuava sempre più la propria dipendenza dall’estero, dal turismo e dagli investimenti immobiliari.

Il contributo del settore delle costruzioni all’ammontare del PIL spagnolo passa dall’11,50% del 1997 al 19,2% del 2007, mentre la produzione di beni passa nello stesso periodo dal 25% al 19%.

“Da questi dati si capisce chiaramente come il modello di crescita degli ultimi anni fosse basato, in gran parte, sul settore delle costruzioni e dei servizi, a danno della produzione, soprattutto quella industriale, che ha ridotto il suo apporto al PIL e che, di fatto, s’inscrive in un processo di deindustrializzazione abbastanza accelerato al confronto con altri modelli di crescita come quello tedesco, nel quale è avvenuto l’esatto opposto (aumento della percentuale di produzione industriale nell’ammontare del PIL negli ultimi tre o quattro anni). Inoltre, il settore delle costruzioni ha contribuito tra il 28 e il 30% all’aumento del PIL (2000-2007), vale a dire che è cresciuto praticamente il doppio degli altri settori produttivi.

In definitiva, l’economia spagnola cresce, crea lavoro e mantiene una posizione apparentemente sana. Apparentemente la diagnosi macroeconomica sembra corretta e inizialmente sembra offrirci una visione generalizzata di prosperità. Ma guardiamo alla struttura, ai fondamentali dell’economia spagnola e facciamo una prima affermazione decisiva:

Il modello di crescita economica basato sul settore delle costruzioni e immobiliare non è sostenibile e si può affermare che è giunto alla fine.“.

Secondo altri autori, se la crisi in Spagna non è stata ancora peggiore i meriti sono essenzialmente della banca centrale, vaccinata dagli effetti della crisi bancaria del 1977 che, secondo uno studio molto autorevole, sarebbe da collocarsi tra le cinque più gravi a livello mondiale, prima di quella globale del 2008.

Però, non ostante la prudenza del Banco de Espana, che vincolava le banche a mantenere ingenti riserve per i periodi difficili, se fino al 2000 praticamente la totalità dei crediti delle banche spagnole era coperta dai depositi dei clienti, già nel 2002 non meno dell’80% del credito non poteva più essere finanziato con i depositi.

L’ossessione per l’investimento nel mattone in Spagna ha creato l’illusione di una falsa prosperità al punto che, a fronte di una crescita del potere d’acquisto delle famiglie di appena lo 0,4% tra il 1997 e il 2006, si è riscontrata una crescita inverosimile dell’indebitamento, e in particolare dell’indebitamento ipotecario.

Come abbiamo visto, in Italia la situazione è notevolmente differente, il settore delle costruzioni rappresenta solo il 5% del PIL, il boom degli immobili, che pure è stato rilevante, è ben lontano dai livelli di Spagna e Gran Bretagna, l’indebitamento delle famiglie rimane contenuto pur essendo cresciuto notevolmente. Resta tuttavia la considerazione che, invece di fare di questa differenza un punto di forza per un piano di rilancio dell’economia del paese, sembra ancora prevalere l’obbiettivo di voler ridurre questo gap.

Ci sono paesi che hanno speculato molto più di noi, diamoci da fare! Una visione di corto respiro che, come già accaduto per la Spagna, potrà mascherare per qualche tempo l’entità di un Prodotto Lordo nazionale che, strutturalmente, è destinato ad indebolirsi.

Mario De Gaspari



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