3 settembre 2014

arte – DA MILANO A NEW YORK


DA MILANO A NEW YORK 

A volte i sogni si realizzano. Anche quelli che sembrano impossibili, anche quelli che avevi nel cassetto da anni. E a volte, la persona fortunata sei proprio tu.

La Fondazione Banca del Monte di Lombardia ogni anno finanzia il Progetto Professionalità Ivano Becchi, un fondo che permette a 25 giovani, tra i 18 e i 36 anni residenti in Lombardia, di poter fare una esperienza professionalizzante nel proprio campo lavorativo, per approfondire e acquisire competenze pratiche, tecniche e teoriche, da poter poi spendere nel proprio lavoro. Il tutto interamente spesato.

Per candidarsi, oltre ai requisiti di base, bisogna presentare un progetto da svolgere in Italia o all’estero, per un massimo di 6 mesi, in un istituto/azienda/università ecc che possa portare un valore aggiunto al proprio percorso formativo.

arte29FBMi hanno informata quasi per caso di questo bando, e con grandi speranze ma poca fede, ho deciso di parteciparvi. Con grande emozione, al momento dei risultati, ho scoperto di essere una dei candidati vincitori dell’ultima edizione del bando e il progetto formativo da me proposto mi porterà per 6 mesi negli Stati Uniti, destinazione New York, nello specifico New Museum.

Lavorerò presso il dipartimento curatoriale di uno dei musei dedicati all’arte contemporanea più importanti in America, a fianco di Massimiliano Gioni, curatore associato e direttore delle esposizioni, curatore di fama mondiale che tanti ruoli significativi riveste anche in Italia. Sua l’ultima Biennale di Venezia.

Avrò la grande opportunità di vedere da dentro come funziona un museo che ogni anno ha migliaia di visitatori, organizza mostre, retrospettive e nel 2015 anche una Triennale. Potrò imparare davvero il lavoro così particolare e variegato del curatore di mostre d’arte contemporanea.

La mia permanenza negli USA verrà arricchita da soggiorni a Washington e Miami, dovrò potrò visitare istituti e fiere di settore tra le più significative; ma anche frequentare corsi specializzati presso la casa d’aste Sotheby’s di New York, sempre essendo spesata dal Progetto Professionalità.

Tanto lavoro e sacrifici negli anni, la fortuna di aver trovato chi ha apprezzato e sostenuto il mio progetto durante le selezioni hanno fatto sì che potessi raggiungere questo obiettivo, per me fondamentale: New York è da sempre non solo il sogno ma un punto di riferimento imprescindibile per il settore dell’arte. Vivere la città con tutto quello che in campo artistico può offrire sarà impagabile.

Ecco perché questo sarà l’ultimo pezzo che scriverò per ArcipelagoMilano, almeno per un po’ di tempo. E vuole essere un saluto e un ringraziamento ai lettori che mi hanno accompagnata in questi anni. Ma anche, e soprattutto, vuol essere anche un incoraggiamento a tutti quei giovani che ancora ci sperano, in una grande opportunità. A volte, accade.

Virginia Colombo

 

LA GENESI DELLA BELLEZZA DI SALGADO

Un fotografo tra i più amati inaugura il nuovo Palazzo della Ragione. Nuovo perché finalmente il Comune di Milano ha deciso di usare lo storico palazzo per farlo diventare il centro deputato ad accogliere qualcosa di continuativo, nello specifico mostre di fotografia. Dopo la chiusura di Spazio Forma, si tenta di ripartire puntando sul riutilizzo di un edificio centralissimo e davvero suggestivo, a contatto con una forma espressiva tra le più amate degli ultimi anni. Ecco perché per la prima mostra in loco si è scelto di partire davvero in grande con il progetto Genesi, l’ultima fatica del brasiliano Sebastiao Salgado.

Genesi è un progetto decennale, iniziato nel 2003 e concepito, usando le parole di Salgado stesso, come un canto d’amore per la terra e un monito per gli uomini. Un viaggio fatto di 245 scatti in bianco e nero divisi in cinque sezioni per raccontare un mondo primigenio e ancora puro, un mondo fatto di animali, natura e uomini che vivono insieme in armonia ed equilibrio. Quello stesso equilibrio che viene rovinato ogni giorno dalla noncuranza della maggior parte del mondo “civilizzato”, che sembra dimenticarsi delle sue stesse origini.

Sono a tratti commoventi le immagini presentate, dagli scatti dei maestosi ghiacciai del circolo polare artico, alle dune del deserto che creano disegni quasi perfetti, passando per tutti i cinque continenti.

Montagne, foreste pluviali, canyon, animali della savana o mandrie di renne, pinguini e iguane, abitanti di tribù quasi estinte con tradizioni per noi quasi intollerabili alla vista, come la scarificazione, scorrono davanti agli occhi dello spettatore per ricordagli la ricchezza e la vastità del nostro mondo. Così era all’inizio, così dovrà essere sempre, sembra ammonire Salgado.

Un vero e proprio atlante animale e antropologico, che diventa non solo un viaggio affascinante alla scoperta del nostro pianeta, ma soprattutto un grido di allarme per cercare di riparare ai danni fatti e alla preservazione della flora e della fauna mondiali.

Una immersione a tutto tondo quella di Salgado, non solo perché il fotografo stesso ha vissuto per diverso tempo in ambienti estremi e a contatto con la natura più vera, ma anche perché Salgado porta in mostra frammenti di mondo che sembrano essere lontanissimo da noi, come le immagini delle tribù del Congo, dei Boscimani e degli indigeni brasiliani, ritratti davvero in totale armonia con il proprio habitat naturale.

“Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo fatto una scoperta molto interessante: circa il 46% del mondo è ancora come il giorno della genesi” ha detto Salgado in conferenza stampa, aggiungendo che insieme tutti possiamo continuare a fare in modo che la bellezza della Genesi non scompaia mai.

Genesi, Sebastiao Salgado Fino al 2 novembre Milano, Palazzo della Ragione Orari: mar – merc – dom: 9.30-20.30 giov – sab: 9.30-22.30 Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8,50 euro.

 

 

IL DESIGN AL TEMPO DELLA CRISI

Se il caldo impazza e si ha voglia di vedere qualcosa di alternativo e diverso dalle solite mostre, ecco che la Triennale di Milano offre tante valide opportunità. Ricco come sempre il ventaglio delle mostre temporanee di architettura, ma interessante ancor di più è il nuovo allestimento del TDM, il Triennale Design Museum, giunto alla sua settima edizione.

Dopo “La sindrome dell’influenza“, tema del’anno scorso, per la nuova versione ci si è concentrati su temi quanto mai cruciali, che hanno a che fare molto e soprattutto con gli ultimi anni: “Autarchia, austerità, autoproduzione” sono le parole chiave che fanno da titolo e da fondo all’edizione di quest’anno. Un racconto concentrato sul tema dell’autosufficienza produttiva, declinato e affrontato in modo diverso in tre periodi storici cruciali: gli anni trenta, gli anni settanta e gli anni zero. La crisi ai giorni nostri, insomma.

Sotto la direzione di Silvana Annichiarico, con la curatela scientifica di Beppe Finessi, l’idea alla base è che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività progettuale: da sempre condizioni difficili stimolano l’ingegno, e se questo è vero nelle piccole cose, è evidente ancor di più parlando del design made in Italy.

Dal design negli anni trenta, in cui grandi progettisti hanno realizzato opere esemplari, ai distretti produttivi (nati negli anni settanta in piccole aree geografiche tra patrimoni basati su tradizioni locali e disponibilità diretta di materie prime) per arrivare alle sperimentali forme di produzione dal basso e di autoproduzione.

Viene delineata una storia alternativa del design italiano, fatta anche di episodi all’apparenza minori, attraverso una selezione di oltre 650 opere di autori fra cui Fortunato Depero, Bice Lazzari, Fausto Melotti, Carlo Mollino, Franco Albini, Gio Ponti, Antonia Campi, Renata Bonfanti, Salvatore Ferragamo, Piero Fornasetti, Bruno Munari, Alessandro Mendini, Gaetano Pesce, Ettore Sottsass, Enzo Mari, Andrea Branzi, Ugo La Pietra fino a Martino Gamper, Formafantasma, Nucleo, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian, Massimiliano Adami.

Il percorso si sviluppa cronologicamente: si comincia con una stanza dedicata a Fortunato Depero, artista poliedrico e davvero a tutto tondo, e alla sua bottega Casa d’Arte a Rovereto (dove realizzava quadri e arazzi, mobili e arredamenti, giocattoli e abiti, manifesti pubblicitari e allestimenti) e termina con una stanza a cura di Denis Santachiara dedicata al design autoriale che si autoproduce con le nuove tecnologie.

In mezzo, un racconto fatto di corridoi, box e vetrine, che mette in scena i diversi protagonisti che, dagli anni trenta a oggi, hanno saputo sperimentare in modo libero creando nuovi linguaggi e nuove modalità di produrre. Uno fra tutti Enzo Mari con la sua semplice e disarmante autoprogettazione.

Il percorso si arricchisce anche di “momenti” dedicati ai diversi materiali, alle diverse aree regionali, alle varie tecniche o città che hanno dato vita a opere irripetibili, “quasi uniche”, come recitano i pannelli esplicativi.

Anche l’allestimento segue il concept di base: sono stati scelti infatti materiali che rievocano il lavoro artigianale e autoprodotto: il metallo e l’OSB (materiale composito di pezzi di legno di pioppo del Monferrato).

Dopo aver risposto alla domanda “Che Cosa è il Design Italiano?” con Le Sette Ossessioni del Design Italiano, Serie Fuori Serie, Quali cose siamo, Le fabbriche dei sogni, TDM5: grafica italiana e Design, La sindrome dell’influenza, arriviamo a scoprire come il design si salva al tempo della crisi.

Il design italiano oltre le crisi. Autarchia, austerità, autoproduzione Triennale Design Museum, Orari: Martedi – Domenica 10.30 – 20.30 Giovedì 10.30 – 23.00 Biglietti: 8,00 euro intero, 6,50 euro ridotto

 

LEONARDO ICON

Leonardo Da Vinci ancora una volta protagonista di Milano. Si è inaugurata ieri sera la scultura intitolata “Leonardo Icon“, opera ispirata al genio di Leonardo e appositamente disegnata dall’architetto Daniel Libeskind per valorizzare la piazza Pio XI recentemente pedonalizzata. Leonardo continua quindi a dialogare, con un rapporto lungo decenni, con la Biblioteca e la Pinacoteca Ambrosiana che sorgono sulla piazza, scrigni d’arte contenenti tra l’altro il famoso Ritratto di Musico e l’importantissimo Codice Atlantico, a opera del maestro toscano.

Luogo e posizione centralissima per la scultura dell’archistar Libeskind, che oltre ad impreziosire la riqualificata piazza, ha “giocato” con Leonardo non solo per omaggiare il suo genio, ma anche sottolineandone il talento artistico, creando per la scultura un basamento circolare riproducente la mappa della città di Milano così come Leonardo stesso l’aveva descritta.

Un’operazione in linea con il programma di Expo 2015, che tenta di arricchire la città con opere e trasformazioni di ambito culturale a cui il grande pubblico può relazionarsi e magari farle diventare nuovi punti di riferimento urbano.

Leonardo Icon si presenta come un totem di quasi tre metri, fatto di leghe metalliche, che l’amministrazione comunale ritiene particolarmente significativo per il rilancio della piazza Pio XI.

“Quest’opera si trova all’interno di un simbolo della trasformazione della nostra città: due anni fa questa piazza era un parcheggio selvaggio ora è un gioiello pedonale che vogliamo sia conosciuto da sempre più milanesi e turisti”, ha dichiarato l’assessore alla Mobilità Pierfrancesco Maran. “Per questo l’arrivo dell’opera di Libeskind è doppiamente importante, perché racconta la Pinacoteca e Leonardo ai milanesi in un nuovo contesto pedonale ancora tutto da scoprire. Oggi nasce una nuova stagione, la Pinacoteca riprende il suo giusto ruolo in città”.

 

MUNARI POLITECNICO

Il genio di Bruno Munari ha spaziato in diversi campi: dalla grafica all’editoria, dalla pedagogia al design, passando per l’arte più pura. La mostra “Munari politecnico“, allestita nello spazio mostre del Museo del ‘900, propone un percorso affascinante su alcune delle sperimentazioni/invenzioni progettate dall’artista.

I pezzi in mostra provengono tutti dalla Fondazione di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz di Milano, che nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi diversi. L’obiettivo della mostra è dunque rivelare la propensione artistica di Munari, compito che idealmente prosegue l’esposizione allestita nel 1996 nelle sale della Fondazione stessa, rileggendone però la collezione e aprendola a un dialogo con una generazione di artisti, presenti in mostra, che con Munari hanno avuto un rapporto dialettico.

La mostra è divisa in sezioni, attraverso le quali appaiono gli orientamenti artistici di Munari attraverso il disegno e il collage, con un modo di intendere l’arte vicino alle pratiche delle avanguardie storiche; ma dalle quali emerge anche il suo rapporto con la ricerca scientifica, come supporto di intuizioni plastiche e meccaniche; per arrivare poi alla produzione artistica vera e propria.

Soprattutto queste opere vivono di corrispondenze e influenze, citate da Munari nei suoi libri quali quelle di Mary Vieira e Victor Vasarely; ma in mostra ci sono anche pezzi di artisti che hanno esposto e condiviso ricerche con lui come Enzo Mari, Max Bill, Franco Grignani e Max Huber; e di artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani e Marina Apollonio. Senza dimenticarsi di coloro che hanno condiviso momenti importanti del suo percorso, come Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e successivamente il Gruppo T. Infine, questa stessa sezione include figure che con Munari hanno mantenuto un rapporto ideale in termini di capacità e ispirazione, come Giulio Paolini e Davide Mosconi.

Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano, oggi come allora, con l’immaginario estetico di Munari, anche grazie a un sistema di allestimento fatto di strutture e supporti legati tramite incastro e gravità, ma con aspetto leggero. Quella stessa leggerezza di cui Munari fece vivere le sue opere, tra cui le famose Sculture da viaggio, le 10 forchette “impossibili” e i libri illeggibili, tutti esposti in mostra.

Accanto alla mostra principale il Focus è dedicato all’opera fotografica, in parte inedita, realizzata da Ada Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i principali momenti della vicenda professionale e umana dell’autore. L’esposizione ha come titolo “Chi s’è visto s’è visto” locuzione molto amata da Munari e che racchiude tramite immagini, l’artista e l’uomo a tutto tondo.

Munari politecnico fino al 7 settembre Museo del Novecento lun.14.30 – 19.30 mar. mer. ven. e dom. 9.30 – 19.30 gio. e sab. 9.30 – 22.30

 

PERCHÈ IL MUSEO DEL DUOMO È UN GRANDE MUSEO

Inaugurato nel 1953 e chiuso per restauri nel 2005, lunedì 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto le sue porte e le sue collezioni il Grande Museo del Duomo. Ospitato negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo del Duomo si presenta con numeri e cifre di tutto rispetto. Duemila metri quadri di spazi espostivi, ventisette sale e tredici aree tematiche per mostrare al pubblico una storia fatta d’arte, di fede e di persone, dal quattordicesimo secolo a oggi.

Perché riaprire proprio ora? Nel 2015 Milano ospiterà l’Expo, diventando punto di attrazione mondiale per il futuro, così come, in passato, Milano è stata anche legata a doppio filo a quell’editto di Costantino che quest’anno celebra il suo 1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la Veneranda Fabbrica ha scelto di inserirsi in questa felice congiuntura temporale, significativa per la città, dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.

Il Museo è un piccolo gioiello, per la qualità delle opere esposte così come per la scelta espositiva. L’architetto Guido Canalico lo ha concepito come polo aperto verso quella varietà di generi e linguaggi in cui è riassunta la vera anima del Duomo: oltre duecento sculture, più di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal XV secolo alla contemporaneità.

E l’allestimento colpisce e coinvolge già dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue di santi e cherubini, da apostoli, da monumentali gargoyles – doccioni, tutti appesi a diversi livelli attraverso un sistema di sostegni metallici e di attaccaglie a vista, di mensole e supporti metallici che fanno sentire l’osservatore piccolo ma allo stesso tempo prossimo all’opera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ciò che è stato sul “tetto” del Duomo per tanti secoli.

Si è poi conquistati dalla bellezza di opere come il Crocifisso di Ariberto e il calice in avorio di san Carlo; si possono vedere a pochi centimetri di distanze le meravigliose guglie in marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del ‘400 e ‘500, alcune su disegno dell’Arcimboldo, sopraffini esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.

C’è anche il Cerano con uno dei “Quadroni” dedicati a San Carlo, compagno di quelli più famosi esposti in Duomo; c’è un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potrà gustare il Paliotto di San Carlo, pregevole paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto, con bozzetti e sculture in terracotta; per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che più che un congegno in ferro del 1700, sembra un’opera d’arte contemporanea. E al contemporaneo si arriva davvero in chiusura, con le porte bronzee di Lucio Fontana e del Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.

Il Duomo è da sempre il cuore della città. Questo rinnovato, ampliato, ricchissimo museo non potrà che andare a raccontare ancora meglio una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che è il Duomo stesso.

Museo del Duomo Palazzo Reale piazza Duomo, 12 – biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro orari: martedì – domenica: 10.00 -18.00.

 

 

 

questa rubrica è a cura di Virginia Colombo

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