23 luglio 2014

MAGGIO 2015. LA SPERANZA DI UN’EXPO DIFFUSA E CREATIVA


A partire dal 31 marzo 2008 (data di assegnazione a Milano dell’Expo 2015) feci parte, con l’architetto Emilio Battisti, di un gruppo di opinione che, riconoscendo nell’Expo un evento che poteva stimolare importanti movimenti positivi per Milano, concentrò la sua attenzione e i suoi contributi su due temi. l’Expo diffusa e la “legacy” dell’Expo (quella che in linguaggio corrente si chiama: dopo Expo).

05vitale28FBSul primo punto sostenemmo che l’Expo, oltre a sviluppare le sue strutture in un sito determinato, come richiesto dal BIE, doveva favorire a stimolare manifestazioni di Expo diffusa, come avvenuto con il Fuori Salone, a partire dagli anni novanta, in concomitanza con il Salone Internazionale del Mobile. Questa poteva essere la vera novità dell’Expo milanese. Sul secondo punto sostenemmo che la “legacy” dell’Expo, cioè ciò che l’evento lascia alla città in modo stabile, sia sul piano materiale che immateriale, è un aspetto fondamentale dello stesso. Su entrambi i punti fummo ignorati e, in qualche caso, irrisi.

È stato ora pubblicato dalla Fondazione Ambrosianeum il Rapporto sulla Città 2014, tutto dedicato a: “Expo, laboratorio metropolitano cantiere per un mondo nuovo“. Si tratta di un ottimo Rapporto (anche se contiene qualche saggio che riproduce acriticamente le esagerate attese in termini economici e occupazionali), che aiuta una riflessione seria e aggiornata sull’Expo. I due temi che più ci interessano sono presenti in vari saggi, ma in modo più specifico nei due ottimi saggi di Silvia Mugnano, ricercatrice di sociologia urbana dell’Università di Milano Bicocca: “Expo 2015 come evento diffuso nella città” e di Giuliana Costa, ricercatrice di Sociologia presso il Politecnico di Milano: “Impatti e legacy sociali dei grandi eventi, esperienze internazionali, sfide e opportunità per Milano 2015“.

La Mugnano analizza la storia dei grandi eventi e fa emergere tre punti fondamentali:

– I grandi eventi (esposizioni, olimpiadi, campionati del mondo di calcio) hanno effetti positivi durevoli quando si inseriscono in una precisa strategia di sviluppo della città che li ospita. È stato così con Barcellona che a partire dal 1978 a oggi ha ospitato ben cinque importanti manifestazioni, tutte inserite in un piano strategico preciso, complesso e articolato del quale la città si è dotata a partire dagli anni ottanta;

– I grandi eventi assumono un’importanza particolare quando si sviluppano in una successione di eventi particolari e non restano isolati. Ancora una volta vale l’esempio di Barcellona. Ma notevole è il percorso di Rio de Janeiro che tra il 2007 e il 2016 si troverà a ospitare parecchie manifestazioni importanti: giochi para americani (2007), giochi mondiali militari (2011), copa confederacion Fifa (2013), la giornata mondiale della gioventù cattolica, (2013), i mondiali di calcio (2014), le Olimpiadi e para olimpiadi (2016). Il caso di Rio de Janeiro evidenzia anche che l’organizzazione di grandi eventi di ultimissima generazione sembra rispondere a una logica di diffusione sul territorio, non limitandosi a uno spazio specifico della città. Commenta la Mugnano: “Non è ancora valutabile se il modello proposto da Rio de Janeiro sarà sostenibile oppure se la città, dopo tale calendario si troverà sfibrata; quello che certamente questo modello brasiliano sta presentando è un superamento dell’unicità degli eventi e la necessità di far diventare la manifestazione un tema di area vasta“.

– Il tema della “legacy” è essenziale, anche se non è nuovo. Basti pensare alla Tour Eiffel di Parigi (1889), all’anello sopraelevato della metropolitana di Chicago realizzato in vista dell’Esposizione del 1893), ma anche all’Acquario e al ricupero dell’area portuale di Genova in occasione dell’Esposizione Internazionale del 1992 o del piccolo ma grazioso acquario di Milano, frutto dell’Expo 1906. Ma è nei più recenti eventi di nuova generazione che il tema della “legacy” (concetto presente anche nei documenti degli organismi organizzatori internazionali e nella letteratura specializzata, sotto il profilo sia materiale che sociale e culturale), ha assunto un ruolo essenziale e al contempo è cresciuta la consapevolezza che il tema del “post” va pensato e attivato prima.

Qui l’esempio più limpido è quello delle Olimpiadi 2012 di Londra: “Le Olimpiadi 2012 di Londra hanno fatto del tema della legacy il loro punto di forza e di innovazione. Già nella fase preparatoria, il Sindaco di Londra Ken Livington (febbraio 2004) attraverso il documento Spatial Development Strategy evidenziava come le Olimpiadi 2012 dovevano avere l’obiettivo di porre le basi della città dei prossimi vent’anni, individuando sia gli strumenti di pianificazione della legacy che un organo di gestione del processo post-eventi. In effetti il modello di Olimpiadi di Londra includeva anche il Legacy Community Scheme, un piano di trasformazione complessivo che prevede un nuovo assetto dell’area post-olimpiadi da attuare in un periodo medio lungo di diciotto-vent’anni e la definizione di nuove funzioni accompagnate da obiettivi di carattere politico. Tale policy è implementata da un organismo formalmente costituito – la London Development Corporation (Ldc) – che si dedica esclusivamente alla gestione della legacy” (Silvia Mugnano). Sul tema della legacy, Giuliana Costa aggiunge una constatazione fondamentale: “La realizzazione di grandi eventi può però essere foriera di impatti e legacy altamente positive se non lasciata alla sola regia dei loro “proprietari”. È necessario considerare che la diversità dei contesti in cui si organizzano i grandi eventi fa spesso la differenza e in particolare la fa il livello di stateness, la forza dello Stato (nelle sue diverse articolazioni) nel perseguire interessi collettivi e nell’indirizzare al meglio le risorse pubbliche impiegate, costruendo nel contempo relazioni virtuose con gli attori privati (anch’essi variamente articolati)“.

Sulla base di queste preziose analisi delle esperienze precedenti e dei concetti fondamentali dalle stesse enucleabili è possibile fare il punto sulla situazione di Expo 2015 e di Milano, che non è esaltante su nessuno dei due temi che ci interessano.

Sul tema della legacy nessuno ne parla seriamente, se non nell’ambito della Fondazione Triulzia che è, forse, l’unico seme potenzialmente positivo gettato sul terreno. Mi riferisco alla “legacy” immateriale della quale Giuliana Costa, correttamente, scrive: “È parere di chi scrive, infatti, che i temi di legacy di Expo siano davvero marginali per la stragrande maggioranza degli attori che attorno alla manifestazione gravano“. Sugli interventi strutturali che avrebbero dovuto migliorare l’assetto della città, i metodi disastrosi con i quali è stato condotto l’intero progetto dalle autorità statali e locali competenti, hanno accumulato ritardi che “avranno serie ripercussioni sulla realizzazione in se e per sé, ma soprattutto sull’eredità che si lascerà alla città” (Silvia Mugnano). Caduto, in pratica, il progetto Vie d’Acqua, che era l’unico che poteva arricchire veramente il territorio, operati tagli importanti agli altri progetti per i ritardi accumulati, resta ben poco. Resta la risistemazione della grande area espositiva che, per ora, è gestita in modo che non è esagerato definire demenziale e che se proseguirà sulla direttrice assunta finirà con una epica rissa generale, non dissimile da quella iniziale.

Sicché, sottolineata “l’assenza del tema della legacy nell’agenda di Società Expo”, Giuliana Costa pensa che “all’orizzonte si profilano anche dei rischi, nel senso che la manifestazione milanese può trasformarsi in un’occasione mancata per aumentare la qualità della vita della popolazione. Il tema incomincia solo ora a essere dibattuto e non esiste una riflessione riconoscibile cui poter attingere e con cui confrontarsi in questo momento“.

L’altro tema, quello dell’Expo diffusa, tema in realtà connesso con quello della legacy, rappresenta una nuova tendenza: “Gli eventi di ultima generazione superano in parte il modello della sede espositiva e tentano (non è ancora avvenuto) di promuovere manifestazioni “diffuse” sul territorio … Il connubio tra mega eventi ed eventi off è particolarmente recente e il primo esperimento di una certa rilevanza è stato il progetto Marseille 2013, legato al mega evento Marsiglia Capitale della Cultura. Questo evento off, assolutamente bottom up, costruito a partire dal basso, ha proposto, durante il periodo del mega evento, un calendario culturale e artistico alternativo per la città, in grado di dimostrare le potenzialità in questo campo e la sua predisposizione alla cultura, al di là di quella imposta dall’Unione Europea” (Silvia Mugnano).

Milano, grazie alla notevole esperienza in materia di manifestazioni diffuse, poteva trovare proprio qui un suo unicum, una sua caratterizzazione innovativa. Ma le suggestioni in questa direzione che non sono mancate, per tempo e qualificate, sono state, come già detto, ignorate o irrise. Sicché “La città di Milano sembrerebbe affrontare il mega evento Expo 2015 con degli strumenti e delle prospettive di azioni che rimarcano modelli organizzativi del passato“(Silvia Mugnano).

Ma qui, forse, non tutto è perduto. Sia pur molto tardivamente, Comune e Camera di Commercio hanno dato vita a un soggetto denominato Expo in città (vedi omonimo sito) che ha il compito di stimolare, coordinare, filtrare le iniziative bottom up che nascono dalla città, il fuori salone Expo 2015. Grazie a questa iniziativa i cittadini hanno, finalmente. un soggetto con cui parlare e confrontarsi. Non solo la provvida iniziativa è partita, ma è stata, miracolosamente, affidata a una persona competente, per bene e ottimo organizzatore. Per cui sono molto convinto che farà bene. Purtroppo è stato commesso un grande errore. L’area affidata a Expo in città viene fatta coincidere con la città metropolitana che, sciaguratamente, coincide con la Provincia di Milano. Così se arrivano delle proposte interessanti non dico da Brescia (luogo dei più interessanti resti romani a un’ora di treno) ma da Monza (che persino Bonvesin de la Riva includeva nel contado milanese) non potrebbero essere accettate. È un limite grandissimo e assurdo che va subito rimosso.

Ma questa, pur tardiva, apertura verso l’Expo diffusa è l’unica buona notizia da parecchio tempo. Se l’Expo 2015 non si ridurrà a un banale Fiera di paese, realizzata in qualche modo tra ritardi, disagi e contenziosi, accompagnata da qualche alta manifestazione di propaganda politica, ciò avverrà solo se la Città riuscirà, grazie a questo nuovo canale, a dar vita a una Expo diffusa e creativa, degna della tradizione di Milano. Il salvataggio dell’Expo 2015 è, come non mai, nelle mani dei cittadini milanesi e lombardi. È il nostro ultimo treno.

 

Marco Vitale

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti