23 luglio 2014

arte – MOSTRE E MUSEI A MILANO D’ESTATE


DIOCESANO E BRERA PER LE LUNGHE SERE D’ESTATE

Anche quest’anno il Museo Diocesano apre le porte delle sue collezioni in orario serale. Si avrà modo così di poter ammirare i “grandi classici” del Museo, come la Collezione Crespi, 45 tavole antiche a fondo oro, spaziando fino al contemporaneo, con le sale dedicate a Lucio Fontana e alla scultura novecentesca, senza però dimenticare le nuove acquisizioni, su tutte la Collezione Antonio Sozzani con i pregiati disegni di grandi artisti, italiani e stranieri.

arte28FBSe tutto questo non bastasse, ecco che nel consueto spazio dedicato alle mostre temporanee trova posto una retrospettiva interessante, quella di Gabriella Benedini. “Transiti e incontri” è infatti il titolo di un percorso cronologico che propone allo spettatore un viaggio attraverso la ricerca e la vicenda artistica della Benedini, artista cremonese classe 1932.

L’esposizione ha inizio con un grande lavoro che fa parte del ciclo I Teatri della Melanconia, indagine che all’inizio degli anni ottanta ha portato l’artista a interessarsi del significato profondo e mistico dell’alchimia. Segue poi, come tematica di indagine, l’interesse per il mondo del mito, concretizzato nell’evocazione della storia di Psiche, un modo però per continuare il tema già indagato in precedenza: l’unione di mondo terreno e divino. Ecco dunque la Porta del cielo, le Vele di Psiche e le Nozze di Psiche.

Spunto per altre metamorfosi e indagini è ora il tema del Viaggio, sintetizzato dalle Vele o Memorie del vento: tre grandi sculture verticali dalla forma concava che possono accogliere il vento o memorie di viaggi lontani. Ad esse si affiancano una grande opera rotonda, allusione al mappamondo, intitolata L’Eco del mondo, e dodici piccole mappe fatte con antiche scritture.

Allo spazio si sostituisce ora la profondità del tempo, scandita dai sette Metronomi, affiancati da un altro strumento di misurazione, l’Astrolabio, scultura di ferro e legno. Non manca la musica in questa ricerca a 360 gradi, che prende forma nella sala delle Arpe, sculture polimateriche di grandi dimensioni, cui si affiancano piccoli strumenti fantastici, ottenuti attraverso l’assemblaggio di materiali di recupero: la possibilità combinatoria è infinita e suggestiva.

Tempo, musica, scrittura, tutto si mescola e confluisce nel dialogo di una Meridiana con le “sculture pensili” e con i Libri, posati su leggii come fossero spartiti. Concludono la rassegna due film di artista, Diutop
(Il giorno di utopia) e Il deserto, realizzati in super 8 negli anni Settanta.

Biglietto scontato e orario serale. Farsi due passi fino in Porta Ticinese val bene la pena.

Così come un orario speciale lo applica anche la Pinacoteca di Brera, che per tutti i venerdì di luglio farà orario continuato fino alle 21.30. Un’occasione in più per visitare anche, nelle Sale XXIX-XXX, la mostra “Antonio López García, Caravaggio. Cena per due, pittura della realtà“, con opere a confronto dei due artisti, Caravaggio il grande e il contemporaneo Lopez Garcia, definito come “il più grande dei pittori realisti” da Robert Hughes nel New York Times. Grazie a un inedito allestimento che vede La Cena di López García di fronte alla Cena in Emmaus di Caravaggio, il pubblico assisterà a un dialogo senza precedenti tra due Maestri della realtà, a partire da un soggetto iconografico caro anche all’Expo 2015.

Museo Diocesano Dal 24 giugno al 30 agosto 2014: mar-sab: 19-23 La biglietteria chiude alle ore 22.30 INGRESSO RIDOTTO A 5 EURO

Pinacoteca di Brera Antonio López García – Caravaggio Cena per due, pittura della realtà 1 luglio – 7 settembre Orario di apertura: mar, mer, gio, sab, dom 8.30 – 19.15 ven 8.30 – 21.15 – euro 6,00 Intero euro 3,00 Ridotto

 

LA GENESI DELLA BELLEZZA DI SALGADO

arte26FBUn fotografo tra i più amati inaugura il nuovo Palazzo della Ragione. Nuovo perché finalmente il Comune di Milano ha deciso di usare lo storico palazzo per farlo diventare il centro deputato ad accogliere qualcosa di continuativo, nello specifico mostre di fotografia. Dopo la chiusura di Spazio Forma, si tenta di ripartire puntando sul riutilizzo di un edificio centralissimo e davvero suggestivo, a contatto con una forma espressiva tra le più amate degli ultimi anni. Ecco perché per la prima mostra in loco si è scelto di partire davvero in grande con il progetto Genesi, l’ultima fatica del brasiliano Sebastiao Salgado.

Genesi è un progetto decennale, iniziato nel 2003 e concepito, usando le parole di Salgado stesso, come un canto d’amore per la terra e un monito per gli uomini. Un viaggio fatto di 245 scatti in bianco e nero divisi in cinque sezioni per raccontare un mondo primigenio e ancora puro, un mondo fatto di animali, natura e uomini che vivono insieme in armonia ed equilibrio. Quello stesso equilibrio che viene rovinato ogni giorno dalla noncuranza della maggior parte del mondo “civilizzato”, che sembra dimenticarsi delle sue stesse origini.

Sono a tratti commoventi le immagini presentate, dagli scatti dei maestosi ghiacciai del circolo polare artico, alle dune del deserto che creano disegni quasi perfetti, passando per tutti i cinque continenti.

Montagne, foreste pluviali, canyon, animali della savana o mandrie di renne, pinguini e iguane, abitanti di tribù quasi estinte con tradizioni per noi quasi intollerabili alla vista, come la scarificazione, scorrono davanti agli occhi dello spettatore per ricordagli la ricchezza e la vastità del nostro mondo. Così era all’inizio, così dovrà essere sempre, sembra ammonire Salgado.

Un vero e proprio atlante animale e antropologico, che diventa non solo un viaggio affascinante alla scoperta del nostro pianeta, ma soprattutto un grido di allarme per cercare di riparare ai danni fatti e alla preservazione della flora e della fauna mondiali.

Una immersione a tutto tondo quella di Salgado, non solo perché il fotografo stesso ha vissuto per diverso tempo in ambienti estremi e a contatto con la natura più vera, ma anche perché Salgado porta in mostra frammenti di mondo che sembrano essere lontanissimo da noi, come le immagini delle tribù del Congo, dei Boscimani e degli indigeni brasiliani, ritratti davvero in totale armonia con il proprio habitat naturale.

“Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo fatto una scoperta molto interessante: circa il 46% del mondo è ancora come il giorno della genesi” ha detto Salgado in conferenza stampa, aggiungendo che insieme tutti possiamo continuare a fare in modo che la bellezza della Genesi non scompaia mai.

Genesi, Sebastiao Salgado Fino al 2 novembre Milano, Palazzo della Ragione Orari: mar – merc – dom: 9.30-20.30 giov – sab: 9.30-22.30 Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8,50 euro.

 

DECOLLAGES E RETRO D’AFFICHE: ROTELLA TORNA A MILANO

Mimmo Rotella. Décollages e retro d’affiches“, è la mostra curata da Germano Celant che tenta di ricostruire in modo puntuale la nascita e lo sviluppo dell’arte di Rotella, noto ai più per i famosi manifesti strappati. La retrospettiva è soprattutto una ricognizione incentrata sugli anni giovanili dell’artista, e grazie a circa centosessanta opere presenti, si focalizza sul periodo che si estende dal 1953, anno delle prime sperimentazioni sul manifesto lacerato, per arrivare al 1964 quando Rotella partecipa alla XXXII Biennale di Venezia.

arte25FBIl percorso dell’esposizione, costruito curiosamente a ritroso, analizza alcuni momenti fondanti dell’inizio della carriera dell’artista. Il visitatore partendo dalla prima sala, il trionfo di Rotella in Biennale nel 1964, avrà modo di assaporare quegli anni vitali, frenetici e ricchi di sperimentazioni artistiche. Iniziando “dalla fine” si arriva gradatamente a comprendere, passo dopo passo, perché Rotella iniziò a strappare e usare manifesti pubblicitari presi dalla strada, quegli stessi manifesti che diventarono il suo marchio di fabbrica.

Il clima vivace dell’epoca è testimoniato anche dalla scelta, tre o quattro per sala, di opere di altri artisti, più o meno direttamente legati a Rotella. Amici, colleghi, esempi ispiratori e a lui contemporanei sono affiancati ai manifesti per testimoniare di una influenza forte e reciproca, di un modo altro di intendere l’arte, un’arte che si concentrava sulla materia, i materiali poveri e soprattutto l’immagine, dall’esplosione della Pop art in poi. Iniziando dai futuristi Marinetti e Prampolini, il percorso di Rotella si arricchisce grazie agli influssi fondamentali di precursori come Kurt Schwitters e Hannah Höch; passando poi per Jean Fautrier, Alberto Burri, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Raymond Hains, Andy Warhol e Michelangelo Pistoletto.

Dal linguaggio maturo del 1964 all’intuizione della lacerazione del 1953, il percorso della mostra racconta un artista complesso e presente nel suo tempo, come dimostra anche la vicinanza al Nouveau Realisme, movimento fondato dal critico Pierre Restany, quasi un parallelo europeo della Pop art americana.

Ed è proprio all’inizio degli anni ’50 che Rotella arriva al manifesto, all’uso dell’immagine pop e rivisitata: il manifesto pubblicitario usato come mezzo per avvicinarsi alla vita reale. Nasce il decollage, lo strappo dai muri di manifesti che vengono assemblati su un supporto dall’artista, che li lacera poi una seconda volta grazie a pennelli o raschietti. Contemporaneamente a queste opere, Rotella inizia anche a sperimentare i retro d’affiches: manifesti sempre tratti dalla strada ma applicati sul supporto al verso.

Rotella, morto nel 2006, rivive a pochi anni di distanza da un’altra mostra a lui dedicata proprio a Palazzo Reale, mostrando ancora una volta il grande apprezzamento rivolto a questo artista dalla critica, proprio a lui che un tempo fu soprannominato malignamente “pittore della carta incollata”.

Mimmo Rotella. Décollages e retro d’affiches” Fino al 31 agosto, Palazzo Reale. Orari: Martedì, mercoledì, venerdì, domenica dalle 9.30 alle 19.30. Giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30; lunedì dalle 14.30 alle 19.30. Prezzi: Intero € 11,00, Ridotto € 9,50

 

 

IL DESIGN AL TEMPO DELLA CRISI

Se il caldo impazza e si ha voglia di vedere qualcosa di alternativo e diverso dalle solite mostre, ecco che la Triennale di Milano offre tante valide opportunità. Ricco come sempre il ventaglio delle mostre temporanee di architettura, ma interessante ancor di più è il nuovo allestimento del TDM, il Triennale Design Museum, giunto alla sua settima edizione.

arte22FBDopo “La sindrome dell’influenza“, tema del’anno scorso, per la nuova versione ci si è concentrati su temi quanto mai cruciali, che hanno a che fare molto e soprattutto con gli ultimi anni: “Autarchia, austerità, autoproduzione” sono le parole chiave che fanno da titolo e da fondo all’edizione di quest’anno. Un racconto concentrato sul tema dell’autosufficienza produttiva, declinato e affrontato in modo diverso in tre periodi storici cruciali: gli anni trenta, gli anni settanta e gli anni zero. La crisi ai giorni nostri, insomma.

Sotto la direzione di Silvana Annichiarico, con la curatela scientifica di Beppe Finessi, l’idea alla base è che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività progettuale: da sempre condizioni difficili stimolano l’ingegno, e se questo è vero nelle piccole cose, è evidente ancor di più parlando del design made in Italy.

Dal design negli anni trenta, in cui grandi progettisti hanno realizzato opere esemplari, ai distretti produttivi (nati negli anni settanta in piccole aree geografiche tra patrimoni basati su tradizioni locali e disponibilità diretta di materie prime) per arrivare alle sperimentali forme di produzione dal basso e di autoproduzione.

Viene delineata una storia alternativa del design italiano, fatta anche di episodi all’apparenza minori, attraverso una selezione di oltre 650 opere di autori fra cui Fortunato Depero, Bice Lazzari, Fausto Melotti, Carlo Mollino, Franco Albini, Gio Ponti, Antonia Campi, Renata Bonfanti, Salvatore Ferragamo, Piero Fornasetti, Bruno Munari, Alessandro Mendini, Gaetano Pesce, Ettore Sottsass, Enzo Mari, Andrea Branzi, Ugo La Pietra fino a Martino Gamper, Formafantasma, Nucleo, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian, Massimiliano Adami.

Il percorso si sviluppa cronologicamente: si comincia con una stanza dedicata a Fortunato Depero, artista poliedrico e davvero a tutto tondo, e alla sua bottega Casa d’Arte a Rovereto (dove realizzava quadri e arazzi, mobili e arredamenti, giocattoli e abiti, manifesti pubblicitari e allestimenti) e termina con una stanza a cura di Denis Santachiara dedicata al design autoriale che si autoproduce con le nuove tecnologie.

In mezzo, un racconto fatto di corridoi, box e vetrine, che mette in scena i diversi protagonisti che, dagli anni trenta a oggi, hanno saputo sperimentare in modo libero creando nuovi linguaggi e nuove modalità di produrre. Uno fra tutti Enzo Mari con la sua semplice e disarmante autoprogettazione.

Il percorso si arricchisce anche di “momenti” dedicati ai diversi materiali, alle diverse aree regionali, alle varie tecniche o città che hanno dato vita a opere irripetibili, “quasi uniche”, come recitano i pannelli esplicativi.

Anche l’allestimento segue il concept di base: sono stati scelti infatti materiali che rievocano il lavoro artigianale e autoprodotto: il metallo e l’OSB (materiale composito di pezzi di legno di pioppo del Monferrato).

Dopo aver risposto alla domanda “Che Cosa è il Design Italiano?” con Le Sette Ossessioni del Design Italiano, Serie Fuori Serie, Quali cose siamo, Le fabbriche dei sogni, TDM5: grafica italiana e Design, La sindrome dell’influenza, arriviamo a scoprire come il design si salva al tempo della crisi.

Il design italiano oltre le crisi. Autarchia, austerità, autoproduzione Triennale Design Museum, Orari: Martedi – Domenica 10.30 – 20.30 Giovedì 10.30 – 23.00 Biglietti: 8,00 euro intero, 6,50 euro ridotto

 

LEONARDO ICON

Leonardo Da Vinci ancora una volta protagonista di Milano. Si è inaugurata ieri sera la scultura intitolata “Leonardo Icon“, opera ispirata al genio di Leonardo e appositamente disegnata dall’architetto Daniel Libeskind per valorizzare la piazza Pio XI recentemente pedonalizzata. Leonardo continua quindi a dialogare, con un rapporto lungo decenni, con la Biblioteca e la Pinacoteca Ambrosiana che sorgono sulla piazza, scrigni d’arte contenenti tra l’altro il famoso Ritratto di Musico e l’importantissimo Codice Atlantico, a opera del maestro toscano.

arte20FBLuogo e posizione centralissima per la scultura dell’archistar Libeskind, che oltre ad impreziosire la riqualificata piazza, ha “giocato” con Leonardo non solo per omaggiare il suo genio, ma anche sottolineandone il talento artistico, creando per la scultura un basamento circolare riproducente la mappa della città di Milano così come Leonardo stesso l’aveva descritta.

Un’operazione in linea con il programma di Expo 2015, che tenta di arricchire la città con opere e trasformazioni di ambito culturale a cui il grande pubblico può relazionarsi e magari farle diventare nuovi punti di riferimento urbano.

Leonardo Icon si presenta come un totem di quasi tre metri, fatto di leghe metalliche, che l’amministrazione comunale ritiene particolarmente significativo per il rilancio della piazza Pio XI.

“Quest’opera si trova all’interno di un simbolo della trasformazione della nostra città: due anni fa questa piazza era un parcheggio selvaggio ora è un gioiello pedonale che vogliamo sia conosciuto da sempre più milanesi e turisti”, ha dichiarato l’assessore alla Mobilità Pierfrancesco Maran. “Per questo l’arrivo dell’opera di Libeskind è doppiamente importante, perché racconta la Pinacoteca e Leonardo ai milanesi in un nuovo contesto pedonale ancora tutto da scoprire. Oggi nasce una nuova stagione, la Pinacoteca riprende il suo giusto ruolo in città”.

 

MUNARI POLITECNICO

Il genio di Bruno Munari ha spaziato in diversi campi: dalla grafica all’editoria, dalla pedagogia al design, passando per l’arte più pura. La mostra “Munari politecnico“, allestita nello spazio mostre del Museo del ‘900, propone un percorso affascinante su alcune delle sperimentazioni/invenzioni progettate dall’artista.

arte16FBI pezzi in mostra provengono tutti dalla Fondazione di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz di Milano, che nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi diversi. L’obiettivo della mostra è dunque rivelare la propensione artistica di Munari, compito che idealmente prosegue l’esposizione allestita nel 1996 nelle sale della Fondazione stessa, rileggendone però la collezione e aprendola a un dialogo con una generazione di artisti, presenti in mostra, che con Munari hanno avuto un rapporto dialettico.

La mostra è divisa in sezioni, attraverso le quali appaiono gli orientamenti artistici di Munari attraverso il disegno e il collage, con un modo di intendere l’arte vicino alle pratiche delle avanguardie storiche; ma dalle quali emerge anche il suo rapporto con la ricerca scientifica, come supporto di intuizioni plastiche e meccaniche; per arrivare poi alla produzione artistica vera e propria.

Soprattutto queste opere vivono di corrispondenze e influenze, citate da Munari nei suoi libri quali quelle di Mary Vieira e Victor Vasarely; ma in mostra ci sono anche pezzi di artisti che hanno esposto e condiviso ricerche con lui come Enzo Mari, Max Bill, Franco Grignani e Max Huber; e di artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani e Marina Apollonio. Senza dimenticarsi di coloro che hanno condiviso momenti importanti del suo percorso, come Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e successivamente il Gruppo T. Infine, questa stessa sezione include figure che con Munari hanno mantenuto un rapporto ideale in termini di capacità e ispirazione, come Giulio Paolini e Davide Mosconi.

Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano, oggi come allora, con l’immaginario estetico di Munari, anche grazie a un sistema di allestimento fatto di strutture e supporti legati tramite incastro e gravità, ma con aspetto leggero. Quella stessa leggerezza di cui Munari fece vivere le sue opere, tra cui le famose Sculture da viaggio, le 10 forchette “impossibili” e i libri illeggibili, tutti esposti in mostra.

Accanto alla mostra principale il Focus è dedicato all’opera fotografica, in parte inedita, realizzata da Ada Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i principali momenti della vicenda professionale e umana dell’autore. L’esposizione ha come titolo “Chi s’è visto s’è visto” locuzione molto amata da Munari e che racchiude tramite immagini, l’artista e l’uomo a tutto tondo.

Munari politecnico fino al 7 settembre Museo del Novecento lun.14.30 – 19.30 mar. mer. ven. e dom. 9.30 – 19.30 gio. e sab. 9.30 – 22.30

 

PERCHÈ IL MUSEO DEL DUOMO È UN GRANDE MUSEO

Inaugurato nel 1953 e chiuso per restauri nel 2005, lunedì 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto le sue porte e le sue collezioni il Grande Museo del Duomo. Ospitato negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo del Duomo si presenta con numeri e cifre di tutto rispetto. Duemila metri quadri di spazi espostivi, ventisette sale e tredici aree tematiche per mostrare al pubblico una storia fatta d’arte, di fede e di persone, dal quattordicesimo secolo a oggi.

Perché riaprire proprio ora? Nel 2015 Milano ospiterà l’Expo, diventando punto di attrazione mondiale per il futuro, così come, in passato, Milano è stata anche legata a doppio filo a quell’editto di Costantino che quest’anno celebra il suo 1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la Veneranda Fabbrica ha scelto di inserirsi in questa felice congiuntura temporale, significativa per la città, dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.

Il Museo è un piccolo gioiello, per la qualità delle opere esposte così come per la scelta espositiva. L’architetto Guido Canalico lo ha concepito come polo aperto verso quella varietà di generi e linguaggi in cui è riassunta la vera anima del Duomo: oltre duecento sculture, più di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal XV secolo alla contemporaneità.

E l’allestimento colpisce e coinvolge già dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue di santi e cherubini, da apostoli, da monumentali gargoyles – doccioni, tutti appesi a diversi livelli attraverso un sistema di sostegni metallici e di attaccaglie a vista, di mensole e supporti metallici che fanno sentire l’osservatore piccolo ma allo stesso tempo prossimo all’opera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ciò che è stato sul “tetto” del Duomo per tanti secoli.

Si è poi conquistati dalla bellezza di opere come il Crocifisso di Ariberto e il calice in avorio di san Carlo; si possono vedere a pochi centimetri di distanze le meravigliose guglie in marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del ‘400 e ‘500, alcune su disegno dell’Arcimboldo, sopraffini esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.

C’è anche il Cerano con uno dei “Quadroni” dedicati a San Carlo, compagno di quelli più famosi esposti in Duomo; c’è un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potrà gustare il Paliotto di San Carlo, pregevole paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto, con bozzetti e sculture in terracotta; per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che più che un congegno in ferro del 1700, sembra un’opera d’arte contemporanea. E al contemporaneo si arriva davvero in chiusura, con le porte bronzee di Lucio Fontana e del Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.

Il Duomo è da sempre il cuore della città. Questo rinnovato, ampliato, ricchissimo museo non potrà che andare a raccontare ancora meglio una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che è il Duomo stesso.

Museo del Duomo Palazzo Reale piazza Duomo, 12 – biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro orari: martedì – domenica: 10.00 -18.00.

 

 

 

questa rubrica è a cura di Virginia Colombo

mailto:rubriche@arcipelagomilano.org

 


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