27 luglio 2009

CONGRESSO. NON ASPETTIAMO ROMA. SE CERCASSIMO LA BONINO?


Un congresso, specie uno “quasi fondativo” come quello del PD di ottobre, dovrebbe essere l’occasione per chiarire una linea politica, fare delle scelte, definire un’identità che parli al paese in modo chiaro e comprensibile. Non ci sono dubbi che ci arriveremo…ma gli inizi sembrano più legati alla personalizzazione del confronto, con tanto di coinvolgimento delle “famiglie d’origine”, vecchie ruggini, simpatie, antipatie, enfatizzazione di singoli temi, spettacolarizzazione. Il rischio reale è quello di un dibattito tutto “interno” (auto centrato si dice …), distante dai problemi e dal linguaggio della gente, in cui anche i temi concreti o le proposte specifiche rischiano di apparire strumentali e finalizzate a un consenso e un posizionamento sempre “interno”.

Intanto la politica e il paese vanno avanti, relegando il PD (specie in Lombardia) a un ruolo sempre più marginale. Dice bene Walter Marossi, a marzo 2010 si vota il Presidente della Regione Lombardia e il candidato del centro-sinistra (oddio ho messo il trattino, sarò perseguibile ?) “non è pervenuto”.

Perché non partire da qui nel dibattito?

Anche perché la diretta conseguenza della “non espressione” del partito locale (il famoso partito che dev’essere – per tutti i candidati – legato al territorio) è che la scelta verrà fatta a Roma.

Ci sono persone che ancora non si sono riprese dalla scelta nazionale di candidare Diego Masi (allora “Patto Segni” poi AN, ora non so …) nel 1995 dando il via all’epoca Formigoni … .

E se la Lombardia non si muove (con quel poco di forza che le è rimasta) gli equilibri e il “realismo” nazionale vedono oggi in pole position come candidato presidente Antonio Di Pietro.

Col che la caratterizzazione di opposizione sarebbe garantita (in una Regione data per persa), ma l’ulteriore distanza dalla società lombarda e anche da tutto l’arco politico (“centro” e “sinistra”, ma anche parte dei nostri stessi aderenti) altrettanto.

Anche l’alleanza con l’UDC (con eventuale candidatura Tabacci o Pezzotta) potrebbe discendere solo da un accordo nazionale. Partendo infatti dalla realtà che l’UDC è oggi in giunta con Formigoni e che le chance di vincere la corsa sono scarse, solo un accordo nazionale (con altri candidati Presidenti regionali all’UDC e soprattutto con un’intesa su un sistema elettorale proporzionale non bipartitico) potrebbe convincere un leader di questo partito a essere della partita.

E allora si può fare una sommessa proposta.

Se è vero che c’è un’area di voto laico e radicale (specie nelle città lombarde), se è vero che una sinistra definitasi socialista, ambientalista e liberale ancora esiste, e soprattutto se è vero che la maggioranza dei voti sono persi in astensione perché scarso è l’appeal del ceto politico ….

Allora perché non andare a cercare Emma Bonino, donna che in questi anni, anche senza particolari carichi, non ha perso credibilità umana e politica, come candidata Presidente in Regione Lombardia?

Lo si propone a Martina che, se non ha il merito della “discontinuità” di cui parlano Bersani, Letta, Penati, ha il vantaggio della continuità, cioè di essere “in carica” e di dover pensare e praticare una politica per questo partito.

A lui si chiede di muoversi, esplicitando il fatto di non candidarsi (così togliendo di mezzo quell’idea rigida dello “spirito maggioritario” per cui, grazie ad una regola statutaria, il segretario del partito diviene automaticamente candidato premier), e portando in congresso una proposta su cui da subito fare “un’istruttoria”.

Infine, in questa congressopoli infinita, non si capisce perché non affrontare subito il problema del partito “metropolitano” milanese.

Dato che un segretario che ha perso tutto quello che si poteva perdere non ha avuto il buon senso di dare le dimissioni, cogliamo l’occasione di ottobre in cui si voteranno assemblee e segretario, nazionale e regionale, per costituire un’assemblea provinciale che elegga un segretario (in fondo lo Statuto prevede che sia nominato con primarie, tali e quali quelle del 25 ottobre).

Così forse a fine ottobre saremo in grado di condurre una battaglia politica, senza aspettare la Befana.

 

Pier Vito Antoniazzi

 


 



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