16 luglio 2014

LA LEGGE SUL TAGLIO DEGLI ALBERI: AMBIENTALISMO INDIETRO TUTTA


Due notizie apparse in questi giorni sui giornali che, apparentemente, hanno poco in comune: “Il Comune di Milano taglia 48 platani storici per fare posto a un parcheggio”; “La Regione Lombardia approva una nuova legge sulla gestione dei boschi”. La prima notizia è relativa alla questione di un mercato di zona viale Zara a Milano e alla esigenza di trovare spazio ad auto dei residenti e camioncini dei commercianti. La seconda riguarda la nuova legge lombarda che modifica i criteri di intervento sulle aree boschive, innalzando a 30 anni (da 15 anni) l’età limite entro la quale possono avvenire i tagli di alberi in aree boschive e riducendo da 15 anni a 5 anni il limite per potere tagliare alberi in aree edificabili destinate ad attività produttive. La stessa legge istituisce inoltre una sostanziale deregulation delle gare motociclistiche sui sentieri di collina e montagna, imponendo esclusivamente l’approvazione dell’ente responsabile.

07castelli27FBNon si tratta tuttavia di semplici notizie di cronaca, magari relative a qualche diatriba a livello locale, ma testimoniano invece un’evoluzione allarmante dei nostri tempi.

L’iniziativa comunale, a livello micro, ci parla soprattutto del disprezzo di alcuni dei nostri amministratori nei confronti di quei cittadini che tenacemente chiedono, anzi pretendono, di vivere in una città migliore e meno inquinata. Sfugge, a questi amministratori, che basterebbe poco per tutelare gli alberi favorendo contemporaneamente il commercio e che non esiste alcun diritto assoluto ad avere parcheggiata la propria auto davanti all’ingresso di casa. In ogni caso la prima soluzione, la più ovvia e facile e da attuare subito se non ci fossero i comitati di cittadini, è sempre quella di tagliare e ridurre il verde, di eliminare gli alberi, di asfaltare il possibile.

La legge regionale, etichettata “Ammazzaforeste”, va vista in questa stessa ottica e questo secondo le motivazioni ufficiali che ne hanno accompagnato l’approvazione. I legislatori regionali (di Lega, Forza Italia, Nuovo Centro Destra e un rappresentante del partito democratico) hanno spiegato infatti che l’obiettivo è quello di facilitare l’attività economica, riducendo gli ostacoli a suo carico. Per quanto riguarda inoltre le gare motociclistiche si è trattato (a detta loro) di intervenire su un’attività ampiamente diffusa e sulla quale non avrebbe senso imporre un divieto assoluto.

I nostri sono tempi, senza dubbio, caratterizzati da un arretramento nella coscienza ambientale e nelle politiche pubbliche relative alle tematiche ecologiche. Di fronte a una prolungata recessione che, secondo le previsioni di molti, sarà destinata a trasformarsi al più in stagnazione, una parte della classe dirigente sembra dire: eliminiamo il più possibile i red-tapes, i lacci e lacciuoli che vincolano lo sviluppo e, tra i più importanti, ci sono senz’altro quelli relativi alla tutela dell’ambiente e della natura.

Utilizzando il linguaggio dell’economia, la deregulation della possibilità di tagliare alberi, senza alcuna compensazione, costituisce invece un incentivo a una crescita distruttiva e che tende a socializzare le diseconomie esterne di produzione, cercando i vantaggi competitivi in risparmi di localizzazione e nella appropriazione (o rapina) delle rendite fondiarie, e questo nei parchi e nel territorio boscoso. Una follia!

Se, da un livello micro a un livello macro, queste due notizie ci dicono molto sulle difficoltà non solo di fare progressi ma addirittura di mantenere i risultati raggiunti nel campo della tutela del territorio, trascurano però di dirci una cosa importante. Gli amministratori, le norme che approvano, le politiche che seguono non sono solo l’espressione concreta di un gruppo di pressione, di un interesse economico o all’inglese di un vested interest. Essi approvano leggi, portano avanti comportamenti, incentivano atteggiamenti che sono espressione di un atteggiamento generalizzato nei confronti dell’ambiente e della natura dei cittadini che hanno contribuito alla loro elezione.

Lo stesso atteggiamento che porta molti a chiedere che il proprio comune – magari, appunto, di montagna – renda edificabile il piccolo alpeggio ricevuto in eredità o che di fronte alla possibilità di rendere abitabile il ricovero per animali, non ha problemi a ricorrere a piccoli e grandi abusivismi, salvo poi chiedere all’amministrazione locale di fare una strada carrozzabile sul sentiero per arrivarci.

La legge regionale – e il piccolo episodio di Milano che speriamo sia scongiurato grazie all’attivismo dei comitati – riflettono quindi tragicamente l’atteggiamento di molti cittadini che si dichiarano, magari, d’accordo a un’astratta e lontana tutela dell’ambiente ma che nella concretezza della prassi decidono di perseguire i propri obiettivi personali o familiari in una logica opportunistica. Tuttavia, al contrario della favola delle api di Bernard de Mandeville, i vizi privati non favoriscono lo sviluppo delle pubbliche virtù e cioè la crescita della ricchezza collettiva, ma anzi, oggi in Italia – Lombardia – Milano, costituiscono il vero e più radicale vincolo a ogni prospettiva di sviluppo economico e sociale.

 

Roberto Castelli Dezza

 



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