16 luglio 2014

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: SAPER DIVENTARE PROPULSORE DELL’ECONOMIA


Dopo i casi di malaffare, e non saranno gli ultimi, di Expo e Mose, come è possibile favorire un rapporto virtuoso tra pubblica amministrazione e imprese?

Anzitutto si deve partire dal presupposto che anche le imprese agiscono in un contesto in cui le conseguenze derivate dalla loro attività investono ogni settore e ogni aspetto del sistema, indipendentemente che ciò sia un esito voluto o imprevisto. Volenti o no, ogni loro azione ha ripercussioni nella sfera sociale. Ne consegue la necessità di adoperarsi non solo per il vantaggio dei propri dipendenti o azionisti, ma anche per quello dell’intera collettività, in riferimento a coloro che sono interessati direttamente agli esiti delle attività dell’impresa, i consumatori, o a chi ne è “toccato” indirettamente, cioè la società intera.

09pasini27FBSul versante pubblico, i vincoli sempre più “insopportabili” della Pubblica Amministrazione (P. A), spesso ostacolano le iniziative economiche, rallentandone crescita e sviluppo, determinando l’aumento dei costi aziendali, minacciando perciò i progetti innovativi e i nuovi investimenti della libera impresa. Va da sé che la razionalizzazione della P.A. verso una maggior efficienza ed efficacia è considerata un presupposto fondamentale dagli imprenditori per la competitività delle imprese stesse.

Da ormai un trentennio nei principali paesi occidentali stiamo assistendo a un processo di riforma strutturale della P.A. e, dal punto di vista organizzativo, alla sua trasformazione in sistemi aperti (attraverso il principio dell’accountability, cioè del “dover di rendere conto”), abbandonando perciò meccanismi autoreferenziali e atteggiamenti di chiusura nei confronti della cittadinanza. In Italia, nel 1993 è con Sabino Cassese – ministro della Funzione Pubblica nel Governo Ciampi – che la logica del processo di riforma della P.A. viene orientata alla centralità del cittadino: l’amministrazione in quanto erogatrice di servizi per i cittadini deve fare in modo che l’utente finale sia soddisfatto per ciò che riceve.

“Metti il cittadino al primo posto” diventa il motto col quale non solo l’esperienza italiana che anzi arriva in ritardo rispetto agli altri paesi europei, ma soprattutto quella statunitense orienta il processo di ristrutturazione della P.A.. Infatti, il National Performance Review Report 1993, noto come “Rapporto Gore”, dall’allora vice presidente degli USA è finalizzata al putting customers first: “migliorare il servizio agli utenti è il principale obiettivo del progetto di riorganizzazione del governo. Se rovesciate il modello organizzativo a testa in giù e mettete gli utenti in cima e poi vi chiedete di che cosa hanno bisogno gli impiegati che operano a diretto contatto con il pubblico per fornire i servizi di migliore qualità a costi inferiori, allora tutto assume un diverso e migliore aspetto”.

A tal fine, si auspica che con lo schema di disegno di legge delega per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche – approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2014, si inneschi una sorta di “circolo virtuoso” nel quale istituzioni pubbliche, associazioni per la salvaguardia dei diritti di cittadinanza, imprese pubbliche e private abbiano modo di interagire, consolidando una dinamica che promuova il benessere e gli interessi della collettività. Soprattutto sapendo che il processo di formazione e attuazione delle politiche pubbliche coinvolge tanto le imprese e le associazioni imprenditoriali e sindacali quanto la P.A., contrariamente al senso comune che vuole che tale processo sia esclusiva dei partiti politici e dei governanti.

Se le riforme di cui sopra, oltre all’annuncio, andassero finalmente in porto, il rapporto tra imprese e amministrazioni pubbliche potrebbe volgere a una maggior collaborazione? Gli imprenditori sono disposti a dotarsi di nuovi strumenti (rispetto della concorrenza, bilanci sociali, codici etici, ecc.) che potranno avvantaggiare anche i loro interessi? Di contro, la P.A. sarà in grado di auto-modificarsi per incontrare le esigenze degli imprenditori e tutti gli utenti, pena gravi scompensi nello sviluppo economico dell’intero paese?

La riforma della P.A. andrà a buon fine solo laddove, da fattore di rallentamento dello sviluppo economico (i vincoli burocratici incidono negativamente sull’operatività e sulla competitività delle imprese), possa diventare un fattore di promozione e sviluppo del territorio, migliorando il suo rendimento, attraverso la drastica ridefinizione del suo ruolo nella società. Ma senza un forte investimento formativo e senza un nuovo approccio di carattere culturale, la meta rimarrà sempre lontana.

 

Nicola Pasini

 



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