27 luglio 2009

LO SFREGIO DEL PARCO DELLE CAVE


Quand’ho visto su Repubblica, due settimane fa, il pezzo di Luca Beltrami Gadola dal titolo “Quelli che vogliono la privatizzazione del verde pubblico” ho pensato che parlasse della vicenda del Parco delle Cave. Invece no, parlava di altro verde a rischio di privatizzazione, quello dell’Isola, quello di City Life, verde di progetto, verde di domani dunque.

Ma forse la logica è sempre la stessa, e infatti sotto lo stesso titolo potremmo parlare appunto anche della vicenda del Parco delle Cave, del quale Italia Nostra ha annunciato di dover rinunciare alla cura e al completamento, pressappoco per lo stesso motivo: il Comune si occupa solo delle piccole, futili richieste delle associazioni locali che rappresentano interessi particolari (gli arcieri, i pescatori, i giocatori di bocce ecc.), molto attente tuttavia a presentarsi come ‘politicamente affini’, e tiene nel cassetto e non da corso ai progetti di Italia Nostra, progetti di ampio respiro per il completamento del Parco; e per capire quanto tale completamento sia invece necessario basti ricordare che più della metà del parco è ancora da realizzare, e che ad esempio la vasta cava Ongari Cerutti è tuttora recintata, inagibile, degradata e pericolosa.

Per capire cosa significhi per Milano questa rinuncia di Italia Nostra, è necessario fare un po’ di storia: una storia che ho seguito da vicino, con grande partecipazione anche se mai in prima persona, e che quindi mi fa piacere di richiamare.

E’ cominciato nel ’74 l’impegno concreto di Italia Nostra per il verde milanese: su un’area in concessione dal Comune di Milano, inizialmente di qualche decina di ettari, alla Cascina S. Romano, in fondo a via Novara, ha cominciato a pensare, a progettare, a realizzare e a gestire il “Boscoincittà”, quella che sarebbe presto diventata la più importante e qualificata esperienza di nuova area verde dell’area milanese.

L’iniziativa, partita un po’ in sordina, ha ben presto avuto i più ampi riconoscimenti, sia da parte dell’opinione pubblica che dell’Amministrazione comunale: dal sindaco Tognoli in poi, tutte le amministrazioni che si sono succedute a Palazzo Marino hanno sempre garantito il massimo appoggio ed hanno favorito il più ampio sviluppo dell’esperienza di Italia Nostra.

Infatti, nel corso degli anni non solo l’area della Bosco si è ampliata fino agli attuali 140 ettari, ma anche e soprattutto, nel ’97, sulla base ovviamente di una valutazione più che positiva dell’esperienza, l’Amministrazione Comunale decideva di affidare a Italia Nostra anche il Parco delle Cave (parco che, nonostante alcuni primi, rilevanti e onerosi interventi diretti da parte dell’Amministrazione, non riusciva a decollare e anzi godeva di una fama sinistra, come luogo di degrado e di spaccio). Il risultato straordinario di bonifica, riqualificazione, valorizzazione, rinascita del parco, nei primi nove anni della “cura Italia Nostra”, è sotto gli occhi di tutti ed ha avuto un riconoscimento unanime, anche in sede di Consiglio Comunale di Milano.

Il perché l’Amministrazione Moratti abbia deciso, prima ancora di conoscerlo, di ‘rompere il giocattolo’ che tutte le precedenti amministrazioni, anche dello stesso colore, avevano apprezzato (per non parlare dell’episodio più recente, le pubbliche grida di giubilo dell’Assessore Cadeo alla notizia della disdetta del contratto di Italia Nostra) sono un mistero di difficile comprensione.

Sembra che nessuno si renda conto del fatto che si sta buttando alle ortiche un patrimonio di cultura e di esperienza del verde prezioso e unico per la città di Milano: e di questo io posso dare testimonianza in prima persona.

Infatti, quando nel ’74 e negli anni successivi prendeva inizio l’esperienza del Bosco, io ero responsabile del settore “verde e parchi” del PIM, il centro studi che ‘pensava’ alla Grande Milano; e quindi, mentre il verde lo disegnavo sulla carta, sapevo bene che gli unici che in concreto ‘facevano’, mettevano a dimora alberi, e per di più in forma partecipata, coinvolgendo ampiamente il lavoro volontario, e quindi con una straordinaria ricaduta educativa e partecipativa, erano gli amici del Bosco di Italia Nostra. E quando, qualche anno dopo, dal “verde sulla carta” ho potuto passare anch’io al progetto e all’avventura dell’attuazione di un nuovo parco (sto parlando del Parco Nord Milano), sperimentando in prima persona il panico del vuoto culturale e del vuoto di esperienza in cui ci trovavamo precipitati in quegli anni nel nostro paese, soprattutto nel settore del verde di grande scala, ho capito ben presto che per imparare qualcosa dovevo fare viaggi all’estero e guardare alle molte e ricche esperienze oltreconfine, salvo la possibilità di attingere ancora all’unica esperienza ‘nostra, la preziosa esperienza milanese del Bosco (con cui, tra l’altro e non a caso, si potevano fare appunto anche viaggi di studio all’estero, sui problemi del verde di grande scala, sviscerando esperienze di progettazione, realizzazione, gestione, animazione di aree verdi, incontrando tecnici ed esperti, approfondendo nuove tecniche e metodologie, analizzando costi e benefici dei diversi approcci ecc. ecc.).

E’ stato “sul campo” dunque che ho imparato, nel corso degli anni, a conoscere e ad apprezzare il lavoro, la passione e la competenza del gruppo degli amici del Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra; ed è stato per questa continua permeabilità e ricchezza di scambio tra le due esperienze che, anche senza bisogno di gemellaggi ufficiali, il Parco Nord e il “Bosco più Cave” sono diventati le più importanti esperienze di aree verdi di grande scala di Milano (i luoghi dove non solo io, ma chiunque si occupi di verde a Milano, porterebbe un gruppo di amici o esperti, giapponesi o scandinavi che siano, intenzionati a vedere qualcosa di significativo del verde milanese).

Questo mio punto di vista è forse poco obiettivo, o parziale, o partigiano? Non mi pare; tra l’altro, non c’è inchiesta giornalistica sul verde milanese che, da molti anni a questa parte, non assegni ai parchi sopra nominati i primissimi posti in classifica; e mi pare che ciò corrisponda a un comune sentire tra i cittadini.

No. Il vero motivo per cui la nostra città possa e voglia privarsi, da un giorno all’altro, dell’esperienza e della professionalità del Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra e interrompere un’esperienza eccezionale e positiva per Milano, mi è del tutto incomprensibile.

Anche se, all’inizio, c’è stato da parte dell’Amministrazione l’errore dello “spezzatino”: ma questo è un discorso troppo lungo, che ci costringerebbe a richiamare perfino la storia del Parco di Monza. Ne parleremo una prossima volta.

Francesco Borella


 



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