9 luglio 2014

OPEN GOVERNMENT E CULTURA DELLA PARTECIPAZIONE IN LOMBARDIA


Dovremmo farcela. Questa l’impressione dominante emersa durante un incontro sull’Open Government dove sono stati chiamati a raccolta alcuni tra i protagonisti del momento. L’evento, organizzato dall’Associazione Umberto Ambrosoli e svoltosi a Palazzo Turati giovedì 3 luglio, ha permesso di fare il punto sulle distanze dal raggiungimento dell’obiettivo multilaterale internazionale che vede decine di nazioni impegnate nel cosiddetto ‘governo aperto’.

10montani26FBSì, dovremmo farcela, anche se i ritardi endemici sono moltissimi e a richiamarli tutti ci hanno pensato alcuni esperti che da anni lavorano sul tema: Ernesto Belisario, Direttore Osservatorio Open Government; Flavia Marzano, Presidente di Stati Generali dell’innovazione; Stefano Pizzicannella, Direttore per gli affari internazionali presso il Dipartimento della Funzione Pubblica e Guido Romeo Data&business editor a Wired Italia. Ospite d’onore Christopher M. Wurst, Console degli Stati Uniti a Milano, di fresca nomina ma con un’esperienza consolidata sul tema.

Un ottimo panel di invitati per raccogliere un sfida, quella dell’associazione Ambrosoli, tutt’altro che banale: il cambiamento arriva? Già, perché ad attenderlo, questo cambiamento, è il sistema istituzionale e amministrativo italiano e insieme a questo, l’economia, e tutti noi.

Non è un tema per addetti ai lavori e a sottolinearlo da subito è stato Guido Romeo, moderatore del confronto. Cosa sia, nel dettaglio, lo ha detto Umberto Ambrosoli: “Per Open Government si intende una prassi di amministrazione del bene pubblico trasparente e accessibile, perseguita nell’ambito dell’Agenda Digitale per l’Italia rispondendo agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Per il nostro Paese rappresenta, dunque, una grande opportunità e forse risponde anche alla necessità di rendicontare, mettere in luce, dimostrare che non siamo il fanalino di coda”. “Per l’Italia – ha proseguito Ambrosoli – lo scopo è aumentare il grado di apertura e accessibilità dell’operato delle amministrazioni nei confronti dei cittadini, tanto in termini informativi quanto di partecipazione al processo decisionale”.

Sono stati raccontati esempi noti, primo tra tutti quello promosso dal Ministro per la Coesione Territoriale sugli Open Data, ma “non è sufficiente perché Open Government è ancora molto di più”. Ambrosoli ha insistito molto su questo punto, fino a definire l’Open Government ‘un’ambizione di trasparenza ed efficacia’ che dovrebbe caratterizzare tutti, soprattutto chi si occupa di tracciare le regole del gioco e la tutela degli interessi dei cittadini.

La sbornia di consultazioni – per usare le parole di Belisario – ha generato molte ombre anche per gli strumenti utilizzati e per la mancanza di obiettivi specifici. Sugli obiettivi raggiunti e su quelli mancati si è soffermato Pizzicannella con uno sguardo lucido: “in questo importante e irreversibile processo di modernizzazione della PA, il cambio di cinque governi in pochi anni certo non ha facilitato”.

Wurst oltre a raccontare la sua esperienza diplomatica nella lotta a favore della trasparenza nell’azione politica, ha mostrato un video incoraggiante sull’esperienza ‘We the people’: un sistema per la consultazione dei cittadini Usa. Il Console ha anche citato una frase memorabile del giudice Brandeis che, sul tema, è diventato un must più volte condiviso su Twitter con l’hastag #uaopengov: “la trasparenza è il miglior disinfettante, la luce del sole il miglior poliziotto”.

Da segnalare anche alcuni impegni inediti che ha preso Umberto Ambrosoli, cercando di declinare il tema Open Gov in Lombardia e a Milano. “Racconterò periodicamente come evolve il sistema di Regione, monitorando le azioni istituzionali, il funzionamento degli URP, le attività di formazione e documentazione che Regione Lombardia e la città di Milano mettono a disposizione di tutti i cittadini. Ognuno con la propria parte di competenza: io non sono un giornalista e non faccio il tecnico, ma la ricaduta sociale locale di un gap così grande non possiamo ignorarla”. Altri gli impegni assunti: verifica dell’aggiornamento dei dati dei cittadini, promozione di azioni per la diffusione del commercio elettronico e dei sistemi di pagamento digitali (per aprire il mercato, ridisegnare la logistica delle merci e sconfiggere fenomeni patologici come l’evasione fiscale e il riciclaggio del denaro sporco), promozione delle potenzialità del fascicolo sanitario elettronico; e poi il riavvio di “un progetto ambizioso per la realizzazione di una rete per l’ascolto e la consultazione on line dei cittadini. Noi, per mancanza di risorse, abbiamo fermato un nostro progetto davvero importante ma che varrebbe la pena di riprendere”.

Impegni che paiono di difficile attuazione senza il coinvolgimento di esperti. Ecco perché “favorire la nascita di un gruppo di lavoro milanese che non sia il doppione di un ennesimo tavolo di confronto, bensì un gruppo di persone disponibili a raccogliere pratiche ed esperienze che negli anni hanno trasformato i beni e i servizi di Milano proiettandola nel mondo con un ruolo di leadership riconosciuta”.

A concludere l’incontro una riflessione sul fatto che la cultura della partecipazione in Italia non è ancora diffusa: l’impegno deve essere rivolto, quindi, a fare in modo che la partecipazione diventi un fenomeno reale e capillare. “Anche questo è moltiplicare le difese immunitarie contro le tossine dell’antipolitica e del qualunquismo”.

 

Luca Montani



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