2 luglio 2014

CENT’ANNI FA IL PRIMO SINDACO SOCIALISTA A MILANO


“Riformismo è l’uovo che si accetta oggi rinunciando alla gallina domani” questa frase tranchant è di un noto rivoluzionario: Filippo Turati, che proseguiva: “nulla di simile è mai allignato nel socialismo positivo. Il quale nell’azione sua fa bensì conquista di successive riforme; ma queste stanno coordinate al fine ultimo di emancipazione che informa tutto il movimento”. E ancor più netto Treves. “I socialisti riformisti sono prima di tutto dei socialisti … il riformismo è il metodo onde si applicano le idealità animatrici del socialismo ai problemi della vita, non è un emporio di riforme a 49 centesimi il pezzo-liquidazione di fine stagione”.

02marossi25FBMi piace ricordare questi due interventi, per parlare del centenario della prima elezione di un sindaco socialista al comune di Milano onde mettere subito in chiaro che la vittoria socialista alle elezioni provocò una frattura profonda nella città, perché la contrapposizione socialisti versus moderati, socialisti versus cattolici, era durissima. Oggi una certa vulgata vuole che tutti si possano dire riformisti ma in passato non era così e la reazione fascista sostenuta dalla borghesia e dalla chiesa contro le amministrazioni rosse sta li a dimostrarlo.

Presentare la storia politica della città come un progressivo evolversi positivista è falso; la città è stata ed è attraversata da rotture profonde anche e sopratutto nella sua dimensione amministrativa. Per questo il dibattito svoltosi a Palazzo Marino con Pisapia, Tognoli, De Bortoli, De Cleva in occasione dell’uscita del volume di Maurizio Punzo “Un Barbarossa a Palazzo Marino” Edizioni Ornitorinco non ha avuto nulla di rituale.

Il 27 maggio 1914 il Corriere della Sera con un articolo dal titolo “Barbarossa e le elezioni amministrative” chiamava a raccolta la borghesia milanese per un voto utile onde opporsi allo scempio che di li a poco i socialisti avrebbero fatto della città. Non si era in una situazione tranquilla, il clima nel paese è pesante: il 9 giugno verrà proclamato lo sciopero generale per l’eccidio di Ancona; Malatesta e Nenni capeggiano occupazioni e rivolte: è la settimana rossa, un vero moto insurrezionale

A Milano a quattro giorni dalle elezioni migliaia di scioperanti si riunirono all’Arena per ascoltare tra gli altri Corridoni e Mussolini (che era in lista) che dirà: “converrà armarci, avere la voluttà del pericolo, spingerci in guerra per vendicare le vittime di oggi e di ieri e scalzare questo regime sociale basato sull’ingiustizia e l’iniquità. Conviene che questo sciopero generale sia sentito; andiamo in piazza, ci sono i caffè aperti, le carrozze che vanno; ci sono i teatri e i caffè concerti dove la borghesia va ad abbrutirsi: Questi locali devono essere chiusi. Lavoratori! Proseguiamo nella lotta. Evviva lo sciopero generale! Evviva la rivoluzione!” Viene chiesta la cacciata dei Savoia mentre si annuncia che le porte di Palazzo Marino saranno sempre chiuse per il monarca.

L’avvicinamento al governo della città durava da oltre un decennio:12 consiglieri socialisti erano stati eletti nel 1899 ed erano entrati in giunta nel 1903 (sindaco Barinetti) con Majno, Filippetti e Arienti, negoziando una politica a favore della municipalizzazione dell’energia elettrica e delle case operaie. Da diversi anni, i socialisti, avevano acquisito una cultura di governo municipale che cresceva in direzione diversa da quella insurrezionalistica e fin dal 1907 avevano posto l’accento sulla difesa dei consumatori e contro i rincari delle abitazioni e dei viveri, cercando di allargare la propria base oltre agli operai, anche ai commercianti, agli impiegati, ai piccoli professionisti.

Il programma elettorale di Caldara, avvocato, collaboratore di Critica sociale e primo segretario dell’ANCI è quello approvato il 16 maggio in 14 punti; a rileggerli sembra più che attuale: modifiche dell’impostazione del bilancio e richiesta di autonomia finanziaria da Roma, riforma del sistema sanitario ospedaliero, municipalizzazione dei trasporti, riorganizzazione della raccolta dei rifiuti, municipalizzazione degli asili infantili, refezione scolastica e campi gioco, riorganizzazione e decentramento degli uffici comunali, revisione dei regolamenti comunali, porte aperte alla cittadinanza, “sistemazione dei rapporti con i comuni limitrofi” etc.

Il 14 giugno la lista socialista vinse le elezioni. Gli elettori furono 77.584, il 54% degli aventi diritto. Primo degli eletti socialisti il rettore della Bocconi Luigi Majno naturale candidato a sindaco ma anziano e malato che rinuncia a favore di Caldara arrivato secondo. Il 4 luglio viene nominata la giunta, tra gli assessori, il romanziere di best sellers Virgilio Brocchi e l’ideologo del municipalismo socialista Alessandro Schiavi, Mussolini viene nominato in Cariplo.

Se la campagna elettorale si era svolta in un clima difficile l’avvio della nuova amministrazione è contemporaneo all’attentato di Sarajevo e allo svilupparsi dello scontro tra interventisti e neutralisti che tra l’altro lacerò il PSI milanese. La giunta cerca di mantenersi in equilibrio tra la convinzione neutralista della maggioranza socialista e i compiti di gestione ma con lo scoppio della guerra, tale cultura di governo acquisì un carattere felicemente e inevitabilmente dirigistico.

Caldara intervenne sugli industriali per una riduzione dell’orario di lavoro, impegnò gli operai licenziati nei posti comunali lasciati liberi dai richiamati alle armi, pretese una “imposta volontaria”, procedette alla municipalizzazione dei forni, avviò un maestoso programma di assistenza pubblica per le famiglie dei richiamati e per gli sfollati.

Né furono dimenticati gli obbiettivi strategici: nel 1916 vennero municipalizzai i trasporti pubblici, nel 1917, si creò l’Azienda consorziale dei consumi, che intendeva vendere direttamente al consumatore. L’opposizione naturalmente in entrambi i casi lamentò il pericolo per la “libera concorrenza”.

Con la fine della guerra Caldara propose una serie di progetti avanzatissimi dalla edificazione di un’enorme area di duecentomila metri quadrati poi da adibire a Case popolari alla costruzione di un “porto fluviale”, dalle scuole all’aperto alla municipalizzazione della Scala, dal decentramento degli uffici al progetto di una metropolitana (13 kilometri, spesa prevista 140 milioni).

Ma l’epoca del socialismo municipale volgeva al tramonto, la rivoluzione russa aveva portato alla radicalizzazione dei socialisti. Per le nuove elezioni comunali del 1920 la frazione comunista fece votare un Ordine del giorno nel quale si chiedeva che gli amministratori governassero “per il trionfo del comunismo indipendentemente e contro ove occorra alle leggi vigenti”.

Caldara pur essendo in minoranza si candidò per sostenere la lista (sortì il primo eletto con 73.000) ma come sindaco il Psi scelse il più radicale suo ex assessore Angelo Filippetti. Non ebbe tempo di fare molto nell’agosto del ’22 i fascisti occuparono palazzo Marino e il prefetto sollecitato dai vari Radice Fossati commissarierà il comune.

 

Walter Marossi

 



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