2 luglio 2014

cinema – JERSEY BOYS: l’ultimo Eastwood


JERSEY BOYS

di Clint Eastwood [USA, 2014, 134′]

con C. Walken, F. Tingley, J. L. Young, J. Luke, F. Eastwood, B. Gardell, K. Narducci, S. Whalen, V. Piazza, S. Schirripa

 

cinema25FB“C’erano tre modi per uscire dal quartiere: entravi nell’esercito e magari finivi ucciso; diventavi mafioso e magari finivi ammazzato; o diventavi famoso”. Il quartiere è il New Jersey, la comunità quella italoamericana immersa nel clima mafioso. Comincia così l’ultimo film di Clint Eastwood con la storia di un gruppo di ragazzi che più o meno riescono a schivare la vita del malavitoso e del soldato per dedicarsi al canto. È la storia di Frankie Valli e dei Four Seasons, forse con i Beach Boys il gruppo più famoso negli Usa dei primi anni ’60. La narrazione alterna pezzi di vita dei protagonisti alle esibizioni canore senza che il film sia un musical.

Sullo schermo compaiono i ragazzi che faranno parte della band, gran parte di loro ha passato l’adolescenza dentro e fuori dal riformatorio come fosse un percorso formativo. Frankie Castelluccio (in arte Valli) viene esentato da questa formazione sul campo: è sotto la protezione del boss della zona Gyp De Carlo (un bravissimo Christopher Walker) che lo ha sentito cantare e che punta sulla sua voce d’angelo per portare al successo un “suo” ragazzo. Benché lavori come garzone nella bottega di un barbiere Frankie comincia a cantare la sera in locali in compagnia e sotto l’occhio vigile di Tommy De Vito, già al servizio del capo zona e futuro chitarrista della band.

Non sarà un percorso facile quello del successo e il gruppo avrà varie formazioni fino all’arrivo di Bob Gaudio tastierista e autore. Ma successo e fama comportano anche gravi costi sul piano personale e privato, in più la band si trova in un mare debiti. È come se ci fosse una maledizione e alcuni non riescono a sottrarsi al destino di mettersi nei guai.

Tutto questo è narrato con leggerezza affetto e nostalgia, senza approfondire lo sfondo sociale per non togliere troppo spazio alla parte musicale. E forse qui sta una debolezza del lavoro di Eastwood: da un lato vuole rivelarci cosa fermenta sotto i bravi ragazzi del New Jersey sempre invischiati in relazioni mafiose e dall’altro vuole assolutizzare i momenti musicali, ma le due cose non sempre riescono a integrarsi.

Perfetta è come sempre la ricostruzione delle atmosfere dell’epoca fatte di brillantina, capelli che si allungano e coloratissime cabrio pinnate. Interessante è l’uso degli a parte in cui i vari protagonisti escono dalla scena e ci spiegano la loro versione dei fatti. Da notare che gli attori sono in gran parte gli stessi che, da otto anni, mettono in scena a Broadway la storia dei Four Season.
Jersey Boys non è sicuramente uno dei migliori film di Eastwood, ma chapeau.

Dorothy Parker

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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