25 giugno 2014

musica – KRYSTIAN ZIMERMAN


KRYSTIAN ZIMERMAN

 

In marzo le ha suonate Andras Schiff al Conservatorio, in maggio Maurizio Pollini alla Scala, l’altra sera Krystian Zimerman (ancora al Conservatorio) nel concerto di chiusura della stagione del Quartetto. Sono le ultime tre Sonate di Beethoven – opere 109, 110 e 111 – che per anni e anni sono state considerate cerebrali, difficili, quasi ostiche, ascoltabili solo dagli iniziati, e che ora sono invece predilette del pubblico milanese, una vera passione e un appuntamento immancabile.

musica24FBCon una prolusione tesa a scongiurare il rischio di telefonini, fotografie, riprese e registrazioni (che sono diventate ovunque, non solo in Italia, la peste dei concerti pubblici e una pericolosa deriva verso la spettacolarità della musica), il Presidente del Quartetto con grande ironia ha detto “che non si devono fare confronti”. In realtà l’esercizio del confronto, per quanto possa contrastare con un ascolto intimo e disincantato, ha prepotentemente dominato la serata. Un confronto impietoso, a detta di tutti, perché questo pianista polacco, specialista mondiale di Chopin – che ha circa la stessa età in cui Beethoven scriveva queste straordinarie Sonate – ha sconvolto il pubblico con una interpretazione che ha superato ogni immaginazione.

Zimerman si è espresso con un suono limpido, che ricordava quello di Arturo Benedetti Michelangeli sia per l’intensità (faceva pensare alla poesia di Leopardi) che per la leggerezza calviniana; tanto potente quando è necessario (per esempio nella Fuga dell’opera 110), il suo suono diventa etereo, rarefatto, in quei “leggiermente” o “teneramente” richiesti da Beethoven. Non è mai sopra le righe, sia nei fortissimi che nei pianissimi, piuttosto consapevole del fluire che non consente distrazioni o divagazioni e tiene gli ascoltatori inchiodati all’aura che promana da ciascuna Sonata.

E poi ha i tempi straordinariamente liberi, duttili quel tanto che serve a rendere ricco e preciso il fraseggio e comprensibile ogni idea musicale. Sembra, ascoltandolo, che sia Beethoven stesso a improvvisare perché si propone con una immediatezza e una franchezza che paradossalmente annullano la presenza dell’interprete e mettono l’ascoltatore in contatto diretto con l’Autore. (Sappiamo bene che non è vero, che oggi Beethoven non riconoscerebbe più la sua musica, ma la sensazione della autenticità / originarietà è fortissima, forse perché Zimerman riesce a dire qualcosa che altri intuiscono senza riuscire a esprimere compiutamente e che perciò noi ci aspettiamo di ascoltare).

Zimerman si mette al servizio dell’Autore, si preoccupa solo di trarre dalla sua musica tutto quello che gli riesce di capire e di scoprire. Diverso l’atteggiamento di Pollini, che purtroppo non ho ascoltato ma non sembra abbia ottenuto particolare successo; anche perché, da … “talebano”, nel ciclo scaligero affiancava ai capolavori di Beethoven opere contemporanee che con essi non avevano alcunché da spartire, e lo ha fatto persino con queste Sonate – testamento considerate “sacre”. È stata una sorta di provocazione, di aggressiva polemica nei confronti del pubblico, che nuoce alla concentrazione e alla comprensione della musica anziché favorirla.

E che dire di Schiff, che con ammirevole e indefettibile precisione ha suonato per la ventiduesima volta l’intero ciclo delle 32 Sonate come se fosse un’unica opera – benché la prima sia stata scritta nel1793 e l’ultima del 1822 – dunque creata nell’arco di trent’anni. Così eseguite finiscono per appartenere più alla categoria dei Clavicembali ben temperati o delle Kreisleriane piuttosto che alla ricerca di un’intera vita, a un contenitore di tutte le ineludibili contraddizioni dell’Autore. Schiff non lo fa certo per pigrizia mentale ma – credo – per un malcelato bisogno di propria coerenza ed io mi chiedo perché mai si debba cercare coerenza nella vita e nella produzione di un compositore, magari proprio nella vita squietata di Beethoven.

Ascoltando Zimerman restiamo sorpresi e ci commuoviamo quando da un groviglio di suoni, mentre meno ce lo aspettiamo, sorge uno di quegli incantevoli cantabili che non sai mai se sono dolore, speranza, dolcezza, pietà di sé stesso o degli altri, che ci attanagliano l’anima e ci vien voglia di guardare negli occhi il nostro vicino per condividere l’emozione; ad esempio come nello “Andante molto cantabile ed espressivo” della 109, che poi diventa “molto espressivo” e, dopo il “leggiermente“, il “teneramente” e il “cantabile“, con una impressionante serie di trilli, porta allo sfinimento e allo spegnimento di tutto.

O quello “Arioso dolente” (klagender Gesang) della 110 che introduce la possente Fuga a sua volta interrotta da un “Perdendo le forze, dolente” (Ermattet, klagend), tutte espressioni che Beethoven usa solo alla fine del suo percorso, liberato da ogni schematismo della sonata classica, e con le quali indica con precisione lo stato d’animo suo e quello che vorrebbe espresso dall’esecutore.

Mi è parso di percepire un certo “raffreddamento” solo in conclusione, nella magica “Arietta” del finale della 111 (che Schiff eseguì in modo particolarmente commosso e intenso) forse a causa dello squillo di un telefonino proveniente dalle prime file (nonostante gli sforzi fatti all’inizio dall’avvocato Magnocavallo!) che potrebbe essere giunto all’orecchio del pianista proprio nel momento in cui raggiungeva il culmine della concentrazione e dell’impegno.

Ultima notazione, questa volta diretta al pubblico del Conservatorio. L’entusiasmo e l’affetto dimostrato al pianista alla fine del concerto è stato tale da sembrare anche una perentoria e insistita richiesta di bis. Per fortuna che Zimerman non c’è cascato e ha tenuto duro; un bis dopo le ultime note della 111 sarebbe stato blasfemo, avrebbe involgarito e svilito una delle più belle serate musicali dell’anno. Bravo Zimerman!

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


9 aprile 2024

VIDEOCLIP: LA MUSICA COME PRODOTTO AUDIOVISIVO

Tommaso Lupi Papi Salonia






20 febbraio 2024

SANREMO 2024: IL FESTIVAL CHE PUNTA SUI GIOVANI

Tommaso Lupi Papi Salonia



20 febbraio 2024

FINALMENTE

Paolo Viola



6 febbraio 2024

QUANTA MUSICA A MILANO!

Paolo Viola



23 gennaio 2024

MITSUKO UCHIDA E BEETHOVEN

Paolo Viola


Ultimi commenti