18 giugno 2014

SIRIA: MILANO IL SAMARITANO SULLA VIA PER IL NORD


È una tentazione troppo forte, la parabola del buon samaritano. Sembra un canovaccio perfetto per descrivere ruoli e azioni: il sacerdote Alfano, il levita Maroni, il buon samaritano Comune di Milano nei confronti dei profughi siriani. I profughi allo stremo come l’uomo mezzo morto sulla strada tra Gerusalemme e Gerico, il Comune che non si tira indietro e se ne fa carico in modo concreto. Per analogia: “lo vede, ne ha compassione, si fa vicino, fascia le ferite, versa olio, versa vino, carica sul giumento, lo porta alla locanda, si prende cura di lui, tira fuori due denari e li dà all’albergatore, dà delle indicazioni (abbi cura di lui) e promette che lo rifonderà al suo ritorno (…)” e prende decisamente posizione a favore delle loro vite.

06mattace23FBPossiamo parlare di “compassione istituzionale” come l’Arcivescovo parla di “amicizia civica”? Una volta si diceva la “Milano con il cuore in mano” ed è quella che ha risposto all’appello delle istituzioni cittadine, l’associazionismo laico e cattolico, dai funzionari del Comune che fanno i volontari nel week end alla Protezione Civile, alla Polfer, ai Giovani Mussulmani che si prestano da traduttori, a Progetto Arca, Farsi Prossimo, Caritas Ambrosiana, Fondazione Fratelli di San Francesco, Casa della Carità che concretamente alloggiano i rifugiati. La rete consolidata e collaudata con il piano per l’emergenza freddo si è rivelata la spina dorsale della capacità di intervento del Comune, cui va dato il dovuto merito all’assessore Majorino e all’assessore Granelli.

Parole di fuoco nei confronti di Alfano si sono levate da Pierfrancesco Majorino, cui fanno eco don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, Alberto Sinigallia di Progetto Arca  e don Virginio Colmegna che denunciano l’inesistenza di un coordinamento nazionale dell’accoglienza, e la miopia di chi chiama “emergenza profughi” quello che non si può definire che “esodo”, un esodo destinato a continuare. Sono proprio le Caritas internazionali le sentinelle: ad Atene lo scorso 10 giugno si è tenuto Migra Med Forum, un confronto tra organismi pastorali europei e delle coste meridionali del mare di mezzo. Raccontano le esperienze di chi mobilita operatori, volontari e risorse sul campo, di chi ha il polso della situazione come il vescovo caldeo di Aleppo la cui Caritas si prodiga per assistere parte di quei 6.000.000 di sfollati.

Il 20 giugno è la Giornata mondiale dei rifugiati, i sopravvissuti dei nostri tempi: nel 2014 l’Unhcr, Alto commissariato Onu per i rifugiati la ha intitolata “ogni storia merita di essere ascoltata”.

Merita di essere vista e ascoltata quella di questo straordinario “train de vie” italo siriano: “Un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano incontrano a Milano cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa in fuga dalla guerra, e decidono di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso la Svezia. Per evitare di essere arrestati come contrabbandieri però, decidono di mettere in scena un finto matrimonio coinvolgendo un’amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici italiani e siriani che si travestiranno da invitati. Così mascherati, attraverseranno mezza Europa, in un viaggio di quattro giorni e tremila chilometri. Un viaggio carico di emozioni che oltre a raccontare le storie e i sogni dei cinque palestinesi e siriani in fuga e dei loro speciali contrabbandieri, mostra un’Europa sconosciuta. Un’Europa transnazionale, solidale e goliardica che riesce a farsi beffa delle leggi e dei controlli della Fortezza con una mascherata che ha dell’incredibile, ma che altro non è che il racconto in presa diretta di una storia realmente accaduta sulla strada da Milano a Stoccolma tra il 14 e il 18 novembre 2013.”

Io sto con la sposa questo il titolo del docufilm che Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, e il poeta Khaled Soliman Alnassiry da anni residente a Milano, hanno ideato girato vissuto e diretto. Un documentario che è anche azione politica: “alla fine del documentario, prima dei titoli di coda, abbiamo deciso di mettere una dedica ai nostri figli “affinché sappiano che i loro padri non si voltarono dall’altra parte“. Questo per noi è la cosa più importante di questo film. Perché se abbiamo fatto tutto questo è per loro.” Questo il messaggio di chi non ha distolto lo sguardo, di chi è rimasto coinvolto e non è rimasto indifferente, in una parola ha compatito.

 

Giulia Mattace Raso



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