18 giugno 2014

PALAZZO DI VETRO: AVVOCATI (ITALIANI) TRA RESPONSABILITÀ E GIUSTIZIA


Da qui, dal palazzo di vetro delle nazioni unite di New York, la professione di avvocato che in Italia nel comune sentire spesso è vista oscillare tra gli arzigogoli dell’azzeccagarbugli o il senso degli affari del favoreggiamento, ritrova il suo respiro e la sua responsabilità.

12alesso23FBOccorre forse distanza e silenzio. Migliaia di chilometri da Milano e un oceano di stereotipi si sbriciolano negli incontri e nelle riflessioni con i colleghi avvocati – elegantissimi – nigeriani, turchi, libanesi e con le – colorate – colleghe sudamericane o con le eteree e riservate colleghe del nord Europa.

Spigliati come al solito gli statunitensi. Veloci e sintetici nell’andare al punto: “siamo qui” esordisce Debra Raskin Presidente dell’Ordine degli Avvocati di New York “non per occuparci del rapporto tra avvocato e cliente, che pure è importante nella nostra vita quotidiana, siamo qui in nome di una comune visione di responsabilità e giustizia“.

Vision, Responsability e Justice for all, sono i concetti più ricorrenti in questo convegno degli Ordini degli Avvocati, Bar Leaders’ Briefing, dove i partecipanti hanno in comune il tratto non solo di essere avvocati ma di esserlo nelle Istituzioni pubbliche, elettive e rappresentative di una professione che nel salvaguardare i diritti individuali ricorda ai pubblici poteri i propri doveri.

Non prive di rischi, molto seri, le vite dei nostri colleghi in Turchia, in Russia, in Nigeria, in Uganda. Ma anche in Libano, come sentiamo dalle loro testimonianze e dal silenzio che le accompagna come quello che accoglie Georges Jreij, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Beirut, quando raggiunge la sua delegazione.

Visione comune, Responsabilità di ciascuno e Giustizia per tutti. Eppure pensando alla Vision si associa lo sguardo “su l’isola che non c’è” alla politica, alla sociologia, tutt’al più alla filosofia del diritto. Si, si pensa anche alle aziende, al consueto binomio Vision / Mission, ma certo non lo si associa al diritto e tanto meno agli avvocati. Lo stesso a dirsi per la Responsabilità che richiama quasi istintivamente la Colpa o il Risarcimento, o tutti e due, difficilmente richiama o intercetta la Responsabilità sociale della professione forense, lo svolgimento di una funzione pubblica che, nell’interpretare le regole e riconsegnarle a chi le governa, governa le nostre vite.

Nell’approfondire il tema dei diritti umani che ci accompagna per tutta la giornata, dalla pena di morte alle spose bambine, dal contrasto alle armi chimiche all’accesso alla istruzione, dalla Giurisdizione universale alla elaborazione dei Trattati internazionali, il padrone di casa, H.E. Miguel de Serpa Soares, Under Secretary General for Legal Affairs and Legal Counsel United Nations, sottolinea che “la discussione giuridica va vista non come un ostacolo ma come una parte essenziale del processo decisionale”.

Noi italiani, sei uomini e una donna, la sottoscritta, due vengono dall’Ordine di Milano, senza accorgerci ci cerchiamo con lo sguardo, sentiamo la eco di un’aria di casa, ci par di sentire il mantra di chi contrappone l’efficienza alla legalità o di chi pensa che i procedimenti facciano solo rima con impedimenti e che le deroghe siano più utili delle regole. Sorridono le nostre colleghe francesi e i colleghi tedeschi – davvero cordiali – che sono accanto a noi, nell’ala europea della grande sala ad anfiteatro del palazzo di vetro, mentre fuori le nuvole si stanno dando appuntamento sovrastando lo skyline di Manhattan.

 

Ileana Alesso

 



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