11 giugno 2014

EXPO, EXPO ÜBER ALLES E IL PENSIERO LEGGERO


«La vicenda Maltauro va seguita da vicino con flessibilità, senza preconcetti formalistici, se no si fanno danni maggiori. » «Purtroppo siamo già arrivati al gran finale, le imprese lavorano già su due turni e l’allestimento dei capannoni già richiede il non rispetto formale di tutte le leggi esistenti. Questo è uno stato di fatto.» (La Repubblica 10.06). Così Gianfelice Rocca all’assemblea di Assolombarda lunedì scorso. Parole leggere. Se queste cose le avesse dette uno qualunque non avrebbero peso ma in bocca a Gianfelice Rocca presidente di Assolombarda fanno un certo effetto e di questi tempi flessibilità e non rispetto formale di tutte le leggi esistenti, se le parole hanno un significato, vorrei capire cosa s’intenda nel caso della Maltauro per “flessibilità” e cosa s’intenda per “non rispetto formale”.

01editoriale22FBOrmai la truppa che marcia al grido di “Expo, Expo über alles” si fa sempre più numerosa, come dice Gianni Biondillo in queste stesse pagine, chi per convinzione, chi per convenienza e chi per rassegnazione all’ineluttabile (ineluttàbile agg. [dal lat. ineluctabilis, comp. di eluctabilis «che si può superare con la lotta», der. di eluctari «vincere lottando»]. – Contro cui non si può lottare, a cui non si può contrastare, quindi inevitabile, Diz. Treccani).

Evocare di questi tempi flessibilità e non rispetto formale di tutte le leggi esistenti è uno schiaffo a chi per la legalità si batte quotidianamente e si è battuto, ben consapevole del limite tra giustizia e giustizialismo. Ma ammettiamo pure che siano tempi non certo di flessibilità ma purtroppo di “deroghe”, concetto almeno giuridico, per altro deroghe a leggi e regolamenti per la materia dell’appalto voluti da una classe imprenditoriale alla ricerca di regole “ad excludendum” e limitative della libera concorrenza; ciò detto che almeno le delibere che hanno portato a queste deroghe si conoscano e portino in calce la firma di chi le ha autorizzate e che rientrino nel meccanismo degli “open data” che tutti citano, invocano ma in fondo ostacolano.

Tanto per capirci e perché non ci siano equivoci, orma l’ineluttabile ha travolto pure me (e ArcipelagoMilano che dirigo) e ne diamo testimonianza in questo numero che ospita interventi che potremmo dire degli expottimisti per convinzione. Restano però sul tappeto come macigni alcuni interrogativi ai quali Giuseppe Sala, che come Gianni Biondillo nemmeno io invidio, dovrebbe rispondere: da chi andava il compagno Greganti in visita agli uffici di Expo in via San Tomaso? E in secondo luogo quando e chi ha deciso di saltare la fase della pubblica evidenza per passare agli affidamenti diretti per la fornitura di beni e servizi? Lui ne era all’oscuro? Fin dalle prime battute di questo travagliato discorso di Expo 2015 si è parlato di infiltrazioni della criminalità organizzata, perché i controlli sono stati tanto blandi da consentire quello che è successo mentre doveva essere la prima preoccupazione?

Non passa minuto che dal presidente del consiglio, magari in viaggio in Corea, fino all’ultimo politico e fino all’ultimo personaggio che abbia un minimo di visibilità, non si inciti a portare a termine Expo nei tempi previsti, costi quello che costi. Sala ci ricorda che sono stati venduti 2 milioni di biglietti e che nessuno può immaginare di restituirli con tante scuse.

Va bene, rasseganti ma non entusiasti questa è anche la nostra posizione, andiamo avanti senza esitazioni ma una cosa almeno ci sia a risarcimento di chi soffre per questo deficit di legalità. Si parla molto, e l’ha fatto anche Gianfelice Rocca, di “dopo Expo” e di lasciti dell’esposizione: rilancio dell’economia, occasione per mettere l’Italia sotto i riflettori del mondo, ricadute sul territorio e così elencando. Il lascito migliore sarà, fin che la piaga è aperta, rimettere mano a tutta la legislazione che presiede alla spesa del denaro pubblico, ma che non passi attraverso la burocrazia ministeriale, la stessa che ci ha regalato quella vigente. Non ci piace, non ci fidiamo perché a lei dobbiamo la “base giuridica” che ha permesso la maggior parte degli scandali che trascinano il nostro paese al fondo delle classifiche di legalità. Non è stata incompetenza o leggerezza. A questo faticoso compito (una sorta di rifondazione legislativa) Gianfelice Rocca dovrebbe impegnare la categoria che rappresenta, prima di ogni altra iniziativa.

 

Luca Beltrami Gadola



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