11 giugno 2014

RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO UE. LA POLVERE È SOTTO IL TAPPETO


Le raccomandazioni del Consiglio della Commissione Europea sul programma di riforma e di stabilità 2014 dell’Italia, divulgate dalla stampa come timida benedizione alle riforme governative accompagnate dall’esigenza di un ulteriore prelievo a settembre, in nome del rispetto dei parametri di bilancio, a leggere attentamente hanno ben altra struttura, in quanto denunciano la situazione di un Paese con una bassa qualità dell’insegnamento, una struttura di governance e amministrativa assolutamente inadeguata, in ritardo nel rinnovare le proprie infrastrutture.

09longhi22FBIl Consiglio, al capoverso 14, rileva l’esigenza di migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario.

Raccomanda, per assicurare una transizione agevole dalla scuola al mercato del lavoro, il rafforzamento e l’ampliamento della formazione pratica, nel ciclo di istruzione secondaria superiore e terziaria, aumentando l’apprendimento basato sul lavoro e sulla formazione professionale. Sollecita, infine, ad assegnare i finanziamenti pubblici destinati alle università in funzione dei risultati conseguiti nella ricerca e nell’insegnamento, con lo scopo di migliorare la qualità delle università e di accrescere la scarsa capacità di ricerca e innovazione.

In sostanza il Consiglio ricorda all’Italia il suo ritardo nel raggiungimento degli standard concordati in materia d’istruzione, sintetizzabili, per quanto riguarda la scuola dell’obbligo, in: aumento delle conoscenze linguistiche, dei nuovi processi tecnologici e dell’abilità di dialogare con culture diverse. Per quanto riguarda l’istruzione di secondo e terzo livello è da rilevare la scarsità di pratiche long life learning e la mancata sinergia fra istituti o atenei a livello europeo. Ma sopratutto la scarsità di pratiche che premiano l’industriosità degli studenti.

Il risultato è una classe dirigente burocratica incline a difendere la propria rendita di posizione, che sforna giovani/vecchi studenti poco ‘resilienti’ rispetto ai rapidi mutamenti del mondo contemporaneo. Una situazione che è un fattore generatore importante dell’attuale recessione.

Nel 2008 l’economista di Stanford Eric Hanushek studiando la relazione tra il PIL di un paese e i punteggi dei test di apprendimento dei suoi studenti, ha scoperto che se nel 1960 i punteggi di quel paese erano stati più alti anche solo di mezzo punto rispetto alla deviazione standard degli altri paesi, dopo il 2000, il suo PIL è cresciuto di un punto percentuale in più ogni anno, rispetto agli altri paesi.

Utilizzando il metodo di Hanushek, la società di consulenza McKinsey ha stimato che se gli Stati Uniti avessero superato il loro gap educativo rispetto alle migliori nazioni, il PIL nel 2010 sarebbe stato superiore dall’8% al 14% – pari a una cifra compresa fra 1,2 e 2,1 miliardi di dollari; gli autori chiamano questa lacuna “l’equivalente economico di una recessione nazionale permanente”.

La conclusione non può essere più chiara: la nostra ripresa strutturale dipende dalla rapida crescita delle capacità delle risorse umane, quindi dalla radicale rigenerazione del corpo dirigente e dalla qualità dell’educazione pubblica.

Al capoverso 11 della stessa relazione il Consiglio rileva la sostanziale asimmetria di funzionamento fra i vari livelli di governo dell’Italia e i criteri comunitari. Questi ultimi propongono sistemi di relazioni circolari, che funzionano per feedback, organizzati obbligatoriamente per piattaforme multisettoriali, mentre i nostri livelli di governo sono monofunzionali, con scarsa attitudine al coordinamento e una ripartizione poco efficiente delle competenze. Questo assetto rende problematici, oltre che il funzionamento della nostra Pubblica Amministrazione, la gestione dei fondi UE, il cui utilizzo è stato parziale e incompleto, soprattutto nelle regioni meridionali. Nella gestione dei fondi UE il Consiglio denuncia l’inadeguatezza della capacità amministrativa e la mancanza di trasparenza, valutazione e controllo della qualità.

Anche nell’organizzazione della pubblica amministrazione, come per la scuola, il centro della questione è il cambiamento nella gestione delle risorse umane, nella ricerca di una maggiore efficienza e di un più forte orientamento al servizio.

Il risultato della mancata azione sulle risorse umane è la corruzione, che continua a incidere pesantemente sul sistema produttivo dell’Italia, sulla fiducia nella politica e nelle istituzioni (e sul portafoglio dei contribuenti).

Al capoverso 16 il Consiglio rileva carenze importanti nel rinnovo infrastrutturale: nella produzione di energia, nell’intermodalità, nella rete di telecomunicazioni.

L’analisi del Consiglio è importante perché ricorda che il motore dello sviluppo è la crescita delle risorse umane, che deve tradursi in innovazione organizzativa pubblica, capace di leadership rispetto ai processi innovativi, economici e sociali.

Il parere finale solleva molte perplessità, perché la centralità alle risorse umane trova un debole riscontro nelle indicazioni operative, orientate alla priorità dell’equilibrio di breve momento del bilancio, lasciando completamente inevasa la questione della gestione dei processi innovativi.

Credo che anche qui si manifesti la debolezza della politica UE, rilevante negli enunciati, contraddittoria nelle pratiche, carente nelle politiche di coesione e poco sensibile alla resilienza in relazione alla diversità strutturale dei paesi europei.

Su questa base mi sembra debba essere impostato dal nostro paese, in sede comunitaria, un tavolo per la coesione, capace di gettare un ponte tra l’obiettivo qualificante della riqualificazione delle risorse umane, fondamentale per le regioni mediterranee e per la sopravvivenza dell’Unione stessa, e il mantra del puritanesimo contabile (e non disinteressato) dei centro europei.

 

Giuseppe Longhi

 

link:  Raccomandazioni del Consiglio della Commissione Europea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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