11 giugno 2014

cinema – LOCKE


LOCKE

di Steven Knight [GB, 2013, 85′]

con Tom Hardy

 

cinema22FBUn’ora e venticinque minuti di film per raccontare in tempo reale un’ora e venticinque minuti decisivi nella vita di un uomo. Il film si apre con una larga panoramica notturna sul cantiere di una grande area in costruzione, per poi racchiudere tutta la storia nell’abitacolo di un’ auto, mentre il capocantiere Ivan Locke, guida verso Londra per fare la ‘cosa giusta’ che manda in pezzi la sua vita familiare e professionale.

Nello spazio di un centinaio di miglia, attraverso una manciata di telefonate e un paio di monologhi-invettiva, ‘Locke‘ racconta e disegna il contesto della scelta difficile un uomo solo davanti alle sue responsabilità.

Nel viaggio si sciolgono le certezze di una vita di affetti e lavoro. Gli affetti in demolizione sono l’argilla che si sgretola: da una parte la moglie, compagna di sempre, e i figli, dall’altra una donna quasi sconosciuta, che lo attende in sala parto a Londra dove sta per dare alla luce suo figlio, frutto di una notte d’amore casuale .

Il lavoro è la colata di cemento che, solo se ben fatta, garantirà fondamenta solide. Per assicurare che tutto andrà come deve, Ivan Locke si confronta al telefono con due interlocutori: il responsabile locale dell’impresa di costruzioni, registrato nel telefono come ‘Bastard’, e il suo assistente di cantiere, Dolan, a cui il protagonista affida con cura e scrupolo le operazioni delicatissime del giorno dopo con un minuzioso passaggio di consegne tutto telefonico.

È tutto drammatico il registro del film, con poca consolazione, perché il carico della scelta, che porta a chiudere con tutto ciò che è stato prima, è pesante e non promette una vita nuova, ma chiuderà la presente, fatta di certezze, di figli che ti aspettano a casa per vedere insieme la partita e di lavoro da professionista stimato.

Il film si regge sulla bravura di Tom Hardy, uomo solo in scena, che dà spessore alle rivelazioni e ai sentimenti di un uomo comune, anche quando ascolta emozioni e rabbie altrui. Emozioni mediate dal mezzo telefonico in viva voce, e intervallate unicamente dalle immagini di ciò che vede in autostrada: luci, cartelli, altre auto.

Scrittura, Steven Knight nasce come sceneggiatore, perfettamente calibrata per una sfida difficilissima, sorretta in scena da un unico attore, grandissimo, che da subito stabilisce un contatto forte e diretto con lo spettatore.

La scrittura, è incisiva e capace di dare corpo e sostanza a tutti i personaggi che interagiscono con Locke senza neanche mostrarli: dalla fragile Bethan, amata per una sola notte, alla moglie arrabbiata e ferita che sceglie di non dare possibilità di spiegazioni chiudendo le conversazioni con un perentorio “La differenza tra mai e una sola volta è la differenza tra il bene e il male”.

Un film girato in solo otto notti, dal budget contenuto (sotto i 2 milioni di sterline), con tre telecamere per ogni scena che ogni notte ripetevano tutta l’azione.

Rivestono le parti dall’altro capo del filo, grandi attori inglesi (Ruth Wilson, la moglie, Olivia Colman e Andrew Scott) che hanno recitato contemporaneamente al protagonista parlandogli al telefono da una stanza d’albergo, e che varrebbe la pena di sentire in edizione originale con le loro voci.

La scelta rischiosa e ambiziosa di raccontare la storia in unità di tempo (non nuova si pensi a Mezzogiorno di fuoco, Carnage, Nodo alla gola, La Morte e la Fanciulla), insieme alla straordinaria performance di Hardy è il punto di forza del film e mantiene alta la tensione emotiva, catturando l’attenzione dello spettatore, fatta di occhi e orecchie.

Presentato a Venezia lo scorso settembre, fuori concorso.

Adele H.

 

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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