4 giugno 2014

SANITÀ LOMBARDA TRA DIMISSIONI E SOLDI AL PARTITO. PARLIAMO INVECE DI COSE SERIE


Il commento di Luciano Balbo alla proposta di riforma del sistema sanitario avanzata dal PD mi ha sorpreso. L’intero impianto della proposta viene liquidato come “nulla di nuovo sotto il sole” e si segnala come unico “elemento essenziale di novità” la nascita dei Presidi di Comunità, fatti risalire alle Case della salute di Livia Turco e alle molte realizzazioni – o tentativi di realizzazione – di strutture territoriali che consentano una presa in carico del paziente, alleggerendo il carico degli ospedali. Su queste strutture e sulle difficoltà incontrate, sia per quanto riguarda la loro nascita sia nel raggiungimento degli obiettivi originari, si esaurisce il commento all’intero progetto di legge.

05porro de somenzi21FBCome rilevato da Balbo, il progetto di riforma del PD riorganizza le competenze e la gestione dei servizi: le Aziende sociosanitarie territoriali (ASST), infatti, vengono restituite a compiti di tutela della salute, di gestione ed erogazione di servizi sanitari e socio – sanitari e hanno un ruolo integrato e complementare a quello delle (poche) Aziende Ospedaliere previste e degli IRCCS. Viene così a cessare la divisione tra “acquirenti” e “venditori” di prestazioni sanitarie che oggi vede, in posizione di contrapposti interessi, istituzioni che dovrebbero avere medesimi obiettivi di salute dei cittadini.

Il modello lombardo -anomalo rispetto all’intero Paese – che ha diviso e spezzettato il sistema sanitario, separando non solo il sanitario dal socio sanitario e dal sociale, ma anche la prevenzione dalla diagnosi, la cura e la riabilitazione, è stato imposto attraverso una “semplice” riorganizzazione di competenze e di gestione di servizi, con completa trasformazione dell’organizzazione esistente, come ben sanno gli operatori che tale cambiamento hanno vissuto.

Il progetto del PD propone una trasformazione di uguale portata, ma di segno contrario: si vuole unire ciò che è stato diviso, si vogliono dare obiettivi comuni ai diversi attori del sistema sanitario e sociosanitario, si vuole affrontare il cambiamento del quadro epidemiologico con strumenti fino ad oggi usati poco e male, quali la promozione della salute e la medicina di iniziativa. Il mutamento di quadro riguarda l’intero sistema: dall’Assessorato Regionale (unico per sanità e servizi sociali, coadiuvato da Agenzie specialistiche), al sistema ospedaliero -riorganizzato e riclassificato in base alla complessità e intensità di cure erogate in tre tipi di strutture (gestiti dall’Azienda sociosanitaria territoriale) e in Aziende Ospedaliere a elevata intensità e complessità-, alla rete della ricerca e della formazione.

Altri due punti mi sembrano meritevoli di essere ricordati: i nuovi criteri di nomina delle Direzioni strategiche delle Aziende sanitarie, trasparenti e sottratti alla discrezionalità della politica, e la modulazione della compartecipazione in base alla capacità di reddito, per la quale è fissata una soglia di reddito famigliare di 30.000 euro/anno.

In tutto il suo impianto il progetto di legge persegue un obiettivo principale che è quello dell’integrazione (il termine è abusato, ma non per questo la necessità di integrare è stata superata): integrazione delle risorse, delle strutture, delle culture ai fini di migliorare la situazione oggi esistente, che accentua sempre più la diseguaglianza sanitaria tra i cittadini. Ovviamente ogni progetto di legge è perfettibile, ma deve essere esaminato e discusso in tutti i suoi aspetti rilevanti: ignorarne la maggior parte dei contenuti non aiuta l’eventuale riflessione utile a revisioni e modifiche.

Chiara Porro de’ Somenzi

 

 

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