4 giugno 2014

libri – DONNE CHE SANNO BALLARE E ALTRE STORIE


 

NICOLETTA MONDADORI

DONNE CHE SANNO BALLARE E ALTRE STORIE

Milano, Giampiero Casagrande, 2014

pp.174, euro14

 

Il libro verrà presentato mercoledì 4 giugno, ore 18,15, a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano, con Maurizio Cucchi, Giuliana Nuvoli, Lina Sotis, modera Marilena Poletti Pasero, a cura di Unione Lettori Italiani Milano

libi21FBCi sono libri in cui i racconti si sgranano in rosario: uno dopo l’altro con lo stesso punto di vista. Ci sono, poi, libri in cui il punto vista dei racconti muta di continuo: è rutilante, imprevedibile, smemorato. Donne che sanno ballare e altre storie appartiene a questo secondo tipo: non sai quale voce ti aspetta; di cosa si parlerà; dove ti porterà quella storia.

Ma un sottile filo c’è; non lo scopri subito. Si rivela con la lettura e si consolida sino a diventare chiaro nella terza sezione: Ferite. Ed è Thanatos, coi suoi fratelli: Hypnos (il Sonno), Moros (il Destino inevitabile), Ker (la Morte violenta), gli Oneiroi (la Stirpe dei Sogni). La grande famiglia dei figli della Notte; l’ordito su cui vengono tramate le storie con le quali Nicoletta Mondadori costruisce uno dei noir più amari e intensi degli ultimi anni.

L’eredità del pittore, che apre la raccolta, ha un incipit che la potrebbe collocare fra le novelle di Gozzano. La figura del padre domina (ma solo da co-protagonista) questo primo racconto come i due finali, costituendosi come una sorta di cornice, all’interno della quale si muovono storie di donne. Tante donne: figlie, madri, sorelle, amiche, madri. Come a una mostra di Campigli, dove però i colori non sono quelli della terra, ma quelli cupi del degrado, del disfacimento, della morte.

Donne senza capelli si mostrano senza vergogna, donne che vogliono raccontare la loro storia che è faticosa e incerta. Roberta, Angela, Giovanna, Ilaria … . Una sorta di tacita alleanza si diffonde con qualche sorriso che mi fa sentire meglio. (L’orizzonte e la buca) .”I colori costruiscono i pensieri”, scrive poco dopo, attenta e sorvegliata; e continua in questa misura metaletteraria segnalando al lettore come costruisce le sue storie: “Le storie hanno un inizio ma la fine può scompaginare l’intero racconto, muta, assalire la loro vita con altri significati, spostare le parti e magari questo ha un senso anche se non immediato.” (L’orizzonte e la buca).

Ha sempre amato raccontare storie, anche a colei (il racconto è l’unico autobiografico) cui era molto legata e che non ha potuto salvare: “Tu ti divertivi alle mie favole, io ci vivevo nelle mie favole: tu avevi eliminato l’immaginario, l’invenzione di una realtà ideale. E me lo dicevi quando esageravo, il tuo senso della realtà diventava imperioso. Ma quella realtà, quella che tu vivevi, era anche quella una costruzione tutta tua, non era vera, era incompatibile con l’amore.” (Il coniglio rosso).

Con il racconto seguente, L’errore, la misura noir del libro si svela di colpo: “Non posso crederci, è assurdo, è un incubo, non ha senso e non ci credo. Voglio un motivo. Che, comunque, non basterebbe a giustificarti. C’è solo orrore per quello che hai fatto.” Sta parlando dell’uccisione della moglie, da parte del protagonista, che ha infierito su di lei sino a toglierle qualunque aspetto umano, in un attacco parossistico di rabbia.

Morte drammatica e improvvisa anche quella di Sofia, in Sofia si guarda allo specchio, che muore al modo di Isadora Duncan: la sciarpa che porta legata al collo, resta impigliata nell’oblò della lavatrice e la strangola. Una morte che è una sorta di nemesi per una donna incapace di amare e che tratta la madre malata come un oggetto.

Morte come vendetta, invece, ne I sogni di Clarissa. Nei suoi incubi Clarissa ricordava la morte della madre provocata dal padre e da Carla, la donna che gli subentra a fianco: da adulta incendierà la casa dove i due stanno dormendo, e se ne andrà impunita. Un omicidio per calcolo, come accade in Oreste e Orlando, dove però l’assassinio è solo un’ipotesi che sembra emergere da una relazione adultera e tre testamenti in una comprensione tardiva.

Moros e Ker sono i protagonisti anche del racconto Donne che sanno ballare: solo che, questa volta, nessuno sembra averlo voluto.

“Sono lì davanti a me le donne che sanno ballare. Sono le donne che quarant’anni fa erano belle ragazze, magari alcune sfrontate e altre con il broncio, nonostante una giovinezza che allora era solo un dato anagrafico. Ora invece sorridono tutte, con quei bei volti solcati dalle rughe, allegre nella danza, con i loro corpi non più esili, con le macchie scure sulle mani ma fresche di parrucchiere. Si muovono leggiadre una vicina all’altra, è come se avessero scoperta una giovinezza diversa. (…) Ma d’un tratto, quando ormai è troppo tardi, il traghetto comincia a cedere e infine si ribalta. Ecco: così se ne vanno le donne che sanno ballare.”

Andarsene: cioè morire. Ma è morte anche l’allontanamento della persona amata, l’abbandono della madre, il rifiuto dell’amante. E la morte, gli esseri umani, la sperimentano già nell’infanzia: “Tutto ho perduto nell’infanzia / E non potrò mai più / Smemorarmi in un grido. / L’infanzia ho sotterrato / Nel fondo delle notti / E ora, spada invisibile, Mi separa da tutto“. Quel grido, però, resiste e da vita a una emozionante scrittura.

Giuliana Nuvoli

 

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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