28 maggio 2014

FRANZ KAFKA ASSICURATORE. OGGI DIREMMO “SECOND LIFE”


C’è un lato assai poco noto della produzione intellettuale di Franz Kafka: gli scritti che riguardano la sua apprezzata attività professionale di assicuratore. Il 28 maggio 2014, la Sezione Provinciale di Milano dello SNA (Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazione) e la casa editrice L’Ornitorinco, presentano il volume Kafka Assicuratore alla Fondazione Stelline. Il libro si occupa del Kafka privato, quando lavorava presso una compagnia di assicurazione, da qui il titolo dell’antologia, infatti, sono state tradotte le relazioni dedicate a temi assicurativi scritte nella lingua ufficiale della Pubblica Amministrazione del regno Austro-Ungarico, cioè il tedesco.

05cingolani20FBAttraverso questi scritti Kafka si rivela un tecnico minuzioso e preciso, che analizza il rischio non solo in termini statistici, ma anche mettendo l’essere umano al centro delle proprie riflessioni. Infatti presta particolare attenzione alle condizioni di lavoro degli operai, sottolineando come un migliore ambiente di lavoro riduca la possibilità di rischi, con vantaggi per tutti: lavoratori e assicuratori.

Oltre alle relazioni tecniche, non mancano gli scritti che descrivono le dinamiche aziendali, con la retorica delle decisioni prese nell’interesse comune e le difficoltà nel far carriera. Kafka era considerato dall’istituto assicurativo una preziosa risorsa, infatti le relazioni più importanti gli sono commissionate già nel medesimo anno in cui era stato assunto, come quella sul “Campo di applicazione dell’obbligo assicurativo per le attività industriali edilizie“.

L’attività letteraria va di pari passo con quella professionale infatti, nello stesso anno in cui scrisse Il verdetto, La metamorfosi e il Disperso, viene nominato tesoriere della “Società dei funzionari tedeschi” dell’ente assicurativo nel quale lavora. Nella sua visione, il mondo delle leggi per il lavoratore sarebbe potuto diventare oscuro e impenetrabile, proprio come accadeva in molti dei suoi romanzi, da Il processo a Il castello. Se si trattava di far valere un suo diritto, Kafka non aveva nessuna remora nei confronti dei superiori, come del resto non l’aveva nel contestare il legislatore.

Non ci vuole molto per immaginare che la sensazione di grottesco, irreale e persecutorio che riporta nei suoi racconti abbia un’origine “assicurativa”, e comunque Kafka, a discapito di quanto spesso è il sentire comune, non era uno scrittore esclusivamente immerso nella propria realtà parallela, ma, al contrario, agiva concretamente nella quotidianità, spendendosi senza risparmio a favore delle cause che riteneva giuste.

Nelle relazioni che saranno presentate ce ne sono alcune scritte negli anni della grande guerra, ed evidenziano un Kafka pieno di sentimenti patriottici nei confronti dei soldati imperiali, feriti e mutilati. Durante il conflitto le compagnie di assicurazione dei paesi belligeranti ebbero un ruolo importante nell’assicurare i combattenti.

Questo interesse e partecipazione nei confronti dell’esercito, probabilmente è dato dal fatto che dal 1778 l’esercito austro-ungarico iniziò ad arruolare soldati ebrei, primo tra tutti gli stati europei. All’inizio del XX secolo era di religione ebraica il quattro per cento del totale dei militari e quasi un quinto degli ufficiali della riserva; numerosi erano inoltre gli ufficiali di alto grado e i generali. Durante la prima guerra mondiale servirono nell’esercito Imperial – Regio circa 300.000 ebrei.

Un altro grande scrittore mitteleuropeo di origine ebraica Joseph Roth, combatterà volontario nella Grande Guerra. Per ironia della sorte, il suo patriottismo – come quello di Kafka – sarà ripagato dalla persecuzione nazista. Roth abbandonerà la Germania, mentre la famiglia di Kafka, a cominciare dalle sorelle sarà deportata nei campi di sterminio da cui non farà più ritorno.

Gli ultimi anni di lavoro per Kafka furono segnati dalla malattia, tanto che il suo rapporto lavorativo con il mondo assicurativo finì con un prepensionamento che gli consentiva a mala pena di sopravvivere, in una Berlino divorata dall’inflazione.

 

Massimo Cingolani



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