28 maggio 2014

NORME URBANISTICHE E L’ARRIVO DI ALIEN A MILANO


Negli anni passati gli amministratori dell’urbanistica regionale e milanese hanno fatto a gara per aumentare le volumetrie costruibili senza fare varianti al PRG dell’80 (se non intaccavano gli standard), e così l’altezza virtuale passava da 3,30 a 3,00, si scorporarono dalla SLP scale ascensori e pianerottoli e addirittura i cavedi tecnologici per scarichi e canne fumarie, dalla SLP poteva essere detratta la muratura perimetrale degli edifici, ma anche i locali a uso comune dei proprietari degli alloggi. Questo sistema ha di fatto prodotto edifici sempre più voluminosi, meno verde al loro intorno ma più superficie commerciale da vendere senza che si cambiassero i parametri fondamentali del PRG vigente. Un ottimo esempio per l’urbanistica del detto “La botte piena e la moglie ubriaca.”

09zenoni20FBPer continuare ad aumentare le superfici commerciali da vendere e in mancanza di altre stravaganti trovate senza intaccare i PRG, ci pensò la Regione con la legge sul recupero dei Sottotetti Esistenti poi successivamente degenerata attraverso altre due versioni della stessa legge. Perché i sottotetti? Perché basta vedere con Google Map che le coperture dominanti a Milano come in tutte le città del Nord e in parte del centro Italia sono i tetti a falde tanto da poterli definire un valore paesaggistico da proteggere. Ma contemporaneamente un volume esistente non utilizzato.

E il concetto di utilizzare questo volume era accettabile perché si ottenevano nuove superfici vendibili ma uniformemente distribuite sul territorio, gravando così di poco sulla rete dei servizi nel sottosuolo e sui servizi di pubblico trasporto, e senza alzare gli edifici ma creando invece tipologie abitative differenti, in una città dove le tipologie abitative alternative al solito condominio sono sempre state poche e anche quelle esistenti nel tempo, le famose Zone X del PRG dell’80 sono state erose e trasformate nella tipologia dominante. Senza contare che gli interventi sui sottotetti esistenti avrebbero forzatamente migliorato la tenuta energetica dell’intera costruzione.

Ma il successivo drammatico stravolgimento dei principi iniziali attraverso le due leggi regionali successive, le circolari interpretative comunali, il loro trasferimento nei Regolamenti Edilizi e il concetto ribadito dalle due ultime Commissioni per il Paesaggio hanno, di fatto, trasformato il recupero dei sottotetti in un primo momento in una serie di tetti massacrati da abbaini i più vari tali da variare in modo negativo la scena urbana e lo sky-line della città, per arrivare, col fondamentale apporto delle Commissioni Paesaggistiche, a una pura e semplice sopraelevazione di un piano intero alto solo 2,40 con copertura piana.

Come se, ai fini della qualità abitativa, un nuovo piano alto solo 2,40 con copertura piana e tipologia standard fosse meglio di un vero sottotetto che introduceva una variante di valore alle tipologie esistenti consentendo una migliore qualità del confort e della bellezza dell’abitare. Mentre la copertura piana cominciava a intaccare l’aspetto paesaggistico delle coperture a falde avvicinando Milano, la capitale del Nord, alle coperture prevalentemente piane delle città Mediterranee con larga esibizione dei casotti degli impianti tecnologici e dei serbatoi per la raccolta dell’acqua senza alcun controllo del loro design.

E a questo punto, traslando dall’architettura alla cinematografia, mi ricordo il primo film della serie degli Alien, dove il momento più spaventoso era quando un cosmonauta che aveva subito un’aggressione da parte di questi animaletti ne era rimasto ingravidato fino alla drammatica scena del parto dove dal suo addome squarciato emergeva Alien.

Ebbene è a quest’orribile scena che ho pensato quando al semaforo rosso di piazza Wagner ho alzato gli occhi sull’edificio d’angolo tra le vie Buonarroti e Marghera con una dignitosa facciata milanese del secolo scorso, e ho visto uscire da una parte del tetto a falde tradizionale, quella più importante sull’angolo Buonarroti-Marghera una “cosa”, non saprei definirla altrimenti, Aliena alla stessa casa dalla quale emergeva, ma anche alla scena urbana circostante e per di più alta due piani su una casa di 5 piani, naturalmente adottando un tetto piano, mentre sulle parti non sopraelevate dello stesso edificio rimaneva il tetto a falde tradizionale.

Sconvolta la scena urbana planivolumetricamente perché la “cosa”non cresce su tutte le fronti dell’edificio, ma senza una logica comprensibile si ferma prima dei confini senza cercare di coprire neanche il frontespizio nudo su via Buonarroti che resta bellamente in vista come prima.

Oltretutto nella “cosa” non c’è traccia di contestualizzazione con l’esistente, colori, materiali, ritmi architettonici, niente. Ovviamente, come nel PII della poco lontana via Tolstoj, è impietoso anche in questo caso il confronto con il sobrio edificio sottostante prodotto della corrente dell’architettura milanese dei primi del 1900. Ma mentre in via Tolstoj la palazzina esistente è rimasta integra e fortunatamente isolata tanto da poterla classificare come punto cospicuo per l’intero Lorenteggio qui l’edificio Alieno si appoggia, annichilendola, sulla sobria ma elegante casa sottostante. Peggiorando così la scena urbana della Piazza Wagner importante e viva grazie ai numerosi servizi presenti, chiesa, mercato comunale, fermata MM1, alberghi e servizi commerciali.

E così, una legge che portava un leggero ma diffuso utilizzo di volumi esistenti mantenendo la caratteristica del paesaggio, è stata stravolta da politici dilettanti, amministratori onniscienti e Commissioni per il Paesaggio che distruggono quello che dovevano proteggere, mentre lo sky-line delle vie milanesi comincia ad assumere l’aspetto delle favelas di una nazione che ha almeno 1000 anni di cultura meno di noi. Complimenti!

Gianni Zenoni



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