28 maggio 2014

ANCORA SULLA PIETÀ RONDANINI


Sui trasferimenti della Pietà Rondanini, prima a San Vittore, e poi nella sala rinnovata dell’Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco, si sono già espressi esperti e addetti ai lavori. Condivido pienamente le osservazioni di Amedeo Bellini (Corriere della Sera, pagine milanesi
5/5/14), ma aggiungo, come cittadina milanese, qualche commento ad alcune affermazioni contenute in recenti interventi.

12ventura20FBL’idea di uno spostamento (temporaneo) della Pietà Rondanini nel carcere di San Vittore è stata (fortunatamente) accantonata, ma qualcuno la rimpiange. Tra questi, l’architetto Stefano Boeri (Corriere della Sera, pagine milanesi
5/5/14), perché sarebbe servita a “richiamare lo sguardo del mondo verso un luogo che incarna la vergogna delle condizioni delle carceri italiane“. Ma il mondo ne è già perfettamente informato: l’Europa ha condannato l’Italia per le condizioni del suo sistema carcerario. Oggi c’è bisogno urgente di misure concrete. Oltre a quelle che prenderà il governo, quanti erano pronti a sponsorizzare la Pietà a San Vittore farebbero meglio a finanziare misure specifiche a favore degli abitanti del carcere, in particolare quelle che riducono le recidive.

Lo smantellamento dell’attuale allestimento della Pietà per trasferirla in un’altra sala del Castello Sforzesco, invece, è purtroppo ancora all’ordine del giorno, anche se la rinuncia al progetto sarebbe da considerare un atto di coraggioso buon senso, non certo una marcia indietro.

“Strenua difesa di dogmi ideologici” è stata definita dal soprintendente Alberto Artioli (Corriere della Sera, pagine milanesi, 13/4/14) l’opinione di quanti preferiscono lasciare la Pietà Rondanini dove e come è stata per più di cinquanta anni.

Secondo il sopraintendente, inoltre, le critiche al progetto di spostamento si concentrano sulla “salvaguardia dei valori dell’opera dei BBPR, dimenticando di considerare l’altro valore in campo: Michelangelo”. Ma non è il valore dell’opera di Michelangelo che è in discussione, lo è la sua collocazione, sotto il duplice aspetto sia della valorizzazione sia dell’opera, sia soprattutto della percezione che di essa hanno i visitatori. Le ragioni per cui si vuole lasciarla dov’è? Lo hanno ben spiegato Amedeo Bellini, ed altri prima di lui. In particolare, progetti esistono o potrebbero essere ricercati per facilitare ai disabili il godimento dell’opera. Se i visitatori sono troppi rispetto agli spazi si può ricorrere alle prenotazioni, come si fa in tutto il mondo. L’opera è ben visibile a 360 gradi, anche se non da lontano.

Ma sul fondo della questione, è utile citare lo stesso promotore iniziale dello spostamento, l’architetto Stefano Boeri, che ha qualificato l’allestimento attuale come “operazione importante e sofisticata”, alla quale riconosce “nobiltà e intelligenza” (ArcipelagoMilano, 22/1/14). Poi però ha voluto giustificare lo spostamento della Pietà per “liberare la sua potenza dai lacci dell’eleganza e dello stile” (Corriere della Sera, pagine milanesi 2/4/14). Ma è proprio il connubio tra potenza ed eleganza, che si esprime nell’attuale allestimento dell’opera, che caratterizza al meglio l’anima di Milano e delle sue opere più amate, dal Duomo alle Case Museo.

Quanti criticano lo spostamento esprimono non l’attaccamento a un dogma, ma, democraticamente, la ragionevole e fondatissima difesa di un elemento importante e prezioso del patrimonio della città, forse mai valorizzato finora da un efficace progetto di comunicazione, e che dovrebbe esserlo senza bisogno di smantellamenti. Il fatto che la sensibilità del pubblico, la sua capacità di lettura e di interpretazione abbiano subito, come è normale, un’evoluzione rispetto a cinquanta anni fa, non implica affatto che l’attuale allestimento precluda altre, nuove letture dell’opera o ne riduca il valore simbolico e identificativo. La dimostrazione della necessità del cambiamento non è stata fatta.

 

Isabella Ventura



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