14 maggio 2014

I MASCALZONI DI EXPO E I CANI CHE ABBAIANO ALLA LUNA


No, non si può dire “the show must go on” e tirare diritto. Non lo può dire Renzi e, scendendo la scala gerarchica della politica, non lo può dire nessuno perché i cani abbaiavano e speravano di non abbaiare alla luna. Nessuno può nemmeno chiosare dicendo “troppo facile dire l’avevo detto”. Chi accetta il potere lo sa che non è una sine cura, non glielo ha ordinato il medico: le difficoltà sono il suo pane quotidiano. Nessuno può dire: ci sono ovunque mele marce ma anche tante persone oneste. Ne abbiamo abbastanza di questo repertorio buono per ogni scandalo. Né si può dire che quel che è saltato fuori lo si debba ai controlli milanesi: è una vicenda che viene da lontano come ricaduta di altre indagini: i controlli milanesi riguardavano le infiltrazioni mafiose ma per gli ultimi arresti si tratta di associazione a delinquere “mafia free” come si direbbe oggi. Che poi questa delinquenza sia la pronuba della mafia lo abbiamo detto da sempre.

01editoriale18FBIn un Paese normale il presidente della società Expo spa darebbe le dimissioni: Diana Bracco, il presidente, non fa un plissé come se lei e l’intero consiglio di amministrazione fossero altrove e lì solo a fare le belle statuine, buoni per i pranzi di gala e i concerti di Bocelli. Forse chi è stato presidente di Assolombarda, e prima ancora presidente di Federchimica, dovrebbe dare ai suoi colleghi imprenditori un esempio di comportamento coerente: anche se non si hanno responsabilità dirette nei fatti accaduti, se non altro si prende atto di essere venuti meno all’obbligo della sorveglianza o di non aver saputo scegliere i propri collaboratori. Non voglio sentirmi dire che lei e il consiglio di amministrazione non contavano nulla: hanno accettato la carica, fatti loro. Ogni carica comporta oneri, non solo onori: scusandosi lascino la scena.

A seguire sulla loro scia si accodino tutti quelli che avevano e lasciavano intendere di avere qualche potere decisionale nella macchina infernale che si è rivelata essere Expo.

E delle imprese che sono lì a fare lavori acquisiti con l’imbroglio cosa ne vogliamo fare? Un buffetto sulla guancia? Un piccolo rimpasto in consiglio di amministrazione tanto per mostrare facce nuove? Ma in quelle aziende le cattive abitudini normalmente scendono per i rami il che equivale a dire pessimi lavori.

Veniamo ai cani che abbaiano (inutilmente) alla luna, che per definizione non reagisce. Da tempo su queste colonne si denunciavano condizioni generali inaccettabili, a cominciare dall’articolo di Emilio Battisti del 26 marzo 2009 dal titolo “Expo cavallo di Troia della ‘ndrangheta“. Siamo poi spesso tornati alla carica anche dicendo che, indipendentemente da Expo, la legislazione sui lavori pubblici è un colabrodo e che malgrado l’aspetto di un’architettura legislativa articolata e pignola lascia varchi aperti alle più spudorate manipolazioni, in particolare quando si decide dell’assegnazione dei lavori secondo la formula della “offerta economicamente più vantaggiosa” (per chi?). Solo gli sciocchi ritenevano questo essere il rimedio contro la corruzione che si nascondeva dietro le offerte al massimo ribasso. Potete starne certi, se la cosiddetta offerta economicamente più vantaggiosa non fosse stata il varco perfetto per le manipolazioni più spudorate con i suoi criteri discrezionali, si sarebbe fatto in modo di non poterla utilizzare, invece è piaciuta a tutti: bipartisan.

Ma prima ancora bisogna che i lettori sappiano che la tecnica è anche quella di bandire gare con un capitolato fatto come un vestitino su misura per qualcuno, magari cercando di ridurre al minimo consentito dalla legge il tempo per studiare un’offerta, tempo spesso chiaramente insufficiente. Ma “qualcuno” sa tutto da molto prima e non viene colto “impreparato”. Non vorrei dover qui fare il manuale del perfetto manipolatore ma quello che è successo, e le intercettazioni ne sono la conferma, lo avevamo detto per tempo. I rimedi? C’erano nella stessa legislazione se la si fosse applicata come forse immaginava il legislatore che però non conosceva fino in fondo tutte le trappole che evidentemente la lobby dei disonesti aveva teso: troppi varchi aperti.

E allora? Stiamo aspettando per vedere se dal cilindro esce un coniglio (con le manette) o qualcosa di buono. Per il futuro immediato si potrebbe cominciare col far approvare i bandi e i capitolati dalle associazioni di categoria interessate che, forse pensando a evitare favori ora a questo ora a quello, farebbero l’interesse dell’insieme dei loro associati e contemporaneamente del bene comune. Una rivincita della mano invisibile? E poi rimettiamo mano all’intera legislazione sugli appalti e non solo in edilizia. A quando?

Luca Beltrami Gadola

 



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