14 maggio 2014

DOPO MAASTRICHT L’EUROPA CHE NEGA SE STESSA


Le ricette fai da te per uscire dall’euro e l’Italia “sottomessa ai clandestini”. La Germania “che non crede ai lager” e l’unione monetaria come “una guerra economico-sociale”. Tutto piuttosto surreale, ma tutto tristemente vero: mai come in questo 2014 una tornata europea ha dovuto fare i conti con la paradossale negazione di se stessa. L’antieuropeismo sembra ovunque: sempre più trasversale, prescinde colori, appartenenze e geografia politica. La demagogia oggi rappresenta un affare vantaggioso per la politica; se non altro per una questione di economia semantica, laddove si liquidano in dieci parole problemi che affondano le radici in scenari socioeconomici vecchi anche di trent’anni e che richiederebbero quindi preparazione e competenza per poter essere maneggiati.

04bresso18FBÈ perfettamente comprensibile la rabbia provata da molti cittadini. Negli ultimi anni hanno assistito impotenti al crescere della disoccupazione e all’erosione del potere d’acquisto, mentre l’Europa si allontanava sempre più dal sentire comune, sposando un approccio burocratico e rinunciando alla sua vocazione politica. A fronte di scelte di austerity sempre più pesanti, è mancata quasi totalmente una politica di investimenti produttivi, un salario minimo garantito, una politica di immigrazione euromediterranea. Cavalcare quello scontento, però, additando l’Europa come il nostro carceriere, resta comunque una scelta comoda. Ad alcuni consente di celare un vuoto di idee e di programmi, ad altri di rifarsi una verginità.

In Europa come ovunque, gli organi di governo hanno maggioranze e vertici politici: e in tutti gli anni della crisi sono stati i conservatori a dettare la linea. Si dimentica spesso che il vicepresidente della Commissione è un italiano, Antonio Tajani, voluto dall’allora premier Berlusconi. Quello stesso Berlusconi che ora gioca a rintuzzare i peggiori sentimenti antieuropei, mettendo in seria difficoltà perfino il suo candidato premier, Jean Claude Juncker. Il quale bolla come “vergognose” le sue affermazioni ma non per questo vuol privarsi dei suoi voti. L’Europa che nega se stessa, si diceva.

Noi del Pd non abbiamo voluto starci. Abbiamo scelto e continueremo a scegliere di parlare alla testa e non alla pancia delle persone: perché crediamo nelle loro intelligenze, e siamo convinti che i cittadini, per quanto esasperati, non dovrebbero lasciarsi trasformare in una massa che strilla, applaude e lincia a comando. Sappiamo anche, però, che questa Europa non va più difesa, ma cambiata. Nemmeno i padri fondatori volevano un’Unione Europea che fosse, per i cittadini, una severa matrigna che impone pesanti sacrifici per il rispetto dei parametri di bilancio. L’obiettivo iniziale era un altro: superare i nazionalismi che portarono gli europei al macello in due guerre mondiali. Ripartire dal sogno dei padri fondatori non risolverà tutto, ma di certo contribuirebbe a ritrovare un comune slancio ideale.

Altiero Spinelli, confinato a Ventotene, anziché odiare i responsabili del suo esilio poneva le basi per una federazione europea. L’Europa non è solo mercato comune, ma anche un grande progetto di valori condivisi: e in questi anni troppe cose non hanno funzionato. Si è rafforzata l’idea di un’Unione governata da meri tecnicismi, come se la politica avesse derogato ai funzionari il governo dello spazio comune europeo. Ma laddove una parte politica fallisce, c’è n’è un’altra che raccoglie il timone, indicando una nuova rotta che porti fuori dalla palude. In democrazia le cose si fanno così.

 

Mercedes Bresso



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