14 maggio 2014

LA SANITÀ LOMBARDA. RIPARTIRE COL PIEDE GIUSTO


Riflessioni stimolanti quelle di Massimo Cingolani, che offrono lo spunto per presentare il progetto di legge di riforma del sistema sanitario, elaborato in questi mesi dal Pd lombardo. Che il modello formigoniano di sanità abbia fallito è ormai chiaro a tutti, come dimostrano anche i numerosi scandali che anche in questi giorni occupano intere pagine di cronaca. Il sistema attuale non è più in grado di dare risposte efficaci ai bisogni di cura, né tanto meno di tutelare i più deboli. E questo in presenza di una crisi economica che ha portato a una maggiore diffusione della povertà e alla comparsa di nuove fragilità. Già ad oggi il 21% della spesa sanitaria (senza calcolare i ticket) è a carico dei cittadini. Ma non solo. Nell’ultimo decennio la speranza di vita è aumentata e i bisogni sono cambiati. Le patologie croniche sono in costante crescita: il 32% dei lombardi utilizza da solo l’80% delle risorse. La Lombardia non ha saputo dare risposte efficaci ai nuovi bisogni dei cittadini.

08valmaggi18FBPer questo, per ridurre le diseguaglianze e ottimizzare le risorse, è necessaria una radicale e tempestiva riorganizzazione del sistema. Una riforma che il Pd ha elaborato e depositerà al più presto, dopo una consultazione con operatori sanitari e territori. Idea centrale del progetto è superare la separazione fra cure in ospedale e cure territoriali, per creare una sinergia virtuosa tra rete socio sanitaria regionale e servizi territoriali di assistenza e garantire la presa in carico e la continuità della cura. Questo anche con il coinvolgimento dei Comuni, che devono avere voce in capitolo sulla programmazione sanitaria nei loro territori.

In questo contesto a essere integrati sono dunque il Piano socio sanitario regionale, i piani socio sanitari locali e i piani sociali di zona dei Comuni. Il sistema sanitario regionale (Ssr) si trasforma in sistema socio sanitario regionale (Sssr) e fa capo a un unico assessorato, che include Sanità e Welfare. La nuova struttura ha un unico bilancio, un’unica direzione, con un evidente risparmio di risorse pubbliche e la garanzia di una regia unica.

A supporto dell’assessorato operano tre agenzie. La prima è l’agenzia regionale per la programmazione, l’accreditamento, l’acquisto e il controllo delle prestazioni, che programma e regola i servizi accreditati, acquista le prestazioni sanitarie e controlla le procedure amministrative (funzioni oggi in capo dalle Asl). La seconda, l’agenzia regionale per l’innovazione, la ricerca e il governo clinico, realizza i controlli sulla qualità delle prestazioni cliniche, (svolti oggi dalle Asl in modo puramente formale) e fa da centro propulsore della ricerca e dell’innovazione. La terza è l’agenzia regionale per l’emergenza-urgenza (Areu), che gestisce il 118, l’unica attiva già oggi.

Le Asl sono trasformate in Asst (Aziende socio-sanitarie territoriali) a cui fanno capo le cure primarie, intermedie, le prestazioni specialistiche territoriali, la prevenzione e il raccordo con i Comuni. A loro va sia la gestione diretta degli Ospedali di Riferimento, grandi strutture ad alta intensità di cura, con un bacino di utenza corrispondente in genere a un livello territoriale provinciale, un DEA per l’emergenza-urgenza e numerose specialità, sia la gestione degli Ospedali di Territorio, presidi a media intensità di cura, con un bacino d’utenza medio basso, un pronto soccorso e poche specialità. Fanno capo alle Asst anche i Presidi di Comunità (vera novità nello scenario regionale), strutture a bassa intensità di cura, diffuse su tutto il territorio, che erogano prestazioni sia in regime di ricovero (possono offrire posti letto per subacuti e postacuti) che day hospital, ma soprattutto aggregano gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri, gli specialistici e i riabilitativi, divenendo il vero luogo della presa in carico dei pazienti, soprattutto cronici.

Al di fuori del controllo delle Asst restano i Centri ad Elevata Intensità e Complessità, veri e propri hub sanitari (si ipotizza che in Lombardia non saranno più di otto), sia pubblici (le future aziende ospedaliere ) che privati. Si tratta di grandi ospedali, (il bacino di utenza è di circa un milione di abitanti) con un dipartimento di emergenza ad alta specialità (Eas), attrezzati per gli interventi con la più alta intensità di cura.

Il nuovo sistema sanitario prevede, infine, una rete della ricerca e della formazione, che comprende gli Ircss (Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico) sia pubblici che privati, le università, gli enti e le istituzioni di ricerca. Agli Irccs sono destinate maggiorazioni tariffarie per le prestazioni di ricovero come riconoscimento per le attività di ricerca, elargite sulla base di criteri oggettivi di valutazione, non più in modo discrezionale, come è accaduto troppe volte in passato.

Una riforma radicale del sistema non può prescindere, come sottolinea anche Cingolani, da una nuova legge sulle nomine. Il Pd lombardo ha da tempo elaborato una proposta, diversa da quella in vigore anche in altre Regioni governate dal Centro sinistra, che prevede l’istituzione di una commissione indipendente, altamente qualificata, composta solo da componenti esterni. La commissione ha il compito di valutare non solo l’idoneità dei candidati ma il merito e i titoli dei direttori generali di Asl e Aziende ospedaliere da nominare e di proporre alla giunta una rosa di nomi (corredata da un parere sulla professionalità) doppia rispetto a quelli da nominare. La proposta prevede, inoltre, che direttori sanitari e amministrativi siano selezionati tramite avviso pubblico, sulla base della loro professionalità.

 

Sara Valmaggi* e Carlo Borghetti**

 

*vicepresidente del Consiglio regionale

**consigliere regionale, capogruppo Pd in Commissione Sanità

 

 

 

 



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