14 maggio 2014

TEMPO DI 730: PER RIDURRE LE TASSE BASTA A TAGLI O RIMBORSI LINEARI


Da anni assistiamo nell’ambito fiscale a interventi cosiddetti “lineari” cioè tagli, rimborsi o deduzioni uguali per tutti i contribuenti, pertanto ingiusti in quanto non tengono conto delle diverse situazioni reddituali e famigliari del singolo contribuente. Si tradisce così la Costituzione che detta: “I cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, in parole povere chi più ha, più dà. Infatti il sistema tributario è informato a criteri di progressività che devono essere mantenuti anche a fronte di interventi lineari, altrimenti inevitabilmente vengono colpiti i redditi più bassi a favore di quelli più alti.

09agnesi18FBPer esempio per l’IMU sono state inique le detrazioni di € 200.-per tutti i possessori dell’abitazione principale e di € 50.-per ogni figlio a carico sotto i 26 anni, sicuramente questo intervento ha favorito le fasce di reddito più alte a scapito delle più basse, che avrebbero dovuto recuperare una cifra maggiore avendo una capacità contributiva minore. Pertanto bisogna armonizzare ogni singolo intervento legandolo realmente al concetto di progressività costituzionale, come quando giustamente si passò dalla “detrazione da lavoro dipendente” uguale per tutti a una revisione che ha portato il contributo massimo per i possessori di reddito lordo annuo di € 8.000.- riducendolo via, via fino ad azzerarsi per i redditi pari e oltre i € 55.000.

Secondo me si possono ridurre le tasse anche rimodulando le detrazioni fiscali presenti nei nostri 730 riguardanti le spese sanitarie, veterinarie, dei funerali, degli interessi dei mutui contratti per l’acquisto della prima casa, per l’assicurazione vita e infortuni, le spese scolastiche e universitarie dei figli, per le palestre, per gli affitti degli studenti fuori sede, ecc. rimborsi che valgono dai 500 milioni ai 4,5 miliardi di euro da ridistribuire equamente tra i contribuenti. Si potrebbe ad esempio per le spese mediche recuperabili oggi al 19% per tutti gli aventi diritto, rimodulare il sistema riconoscendo ad esempio un recupero del 22% per la fascia di reddito più bassa e via, via ridurla fino al 15% per quelle più alte. Così pure per tutte le altre voci sopra elencate introducendo, con particolari aggiustamenti, un sistema fiscale che agisca in termini inversamente proporzionali al reddito, concedendo meno sconti fiscali a chi ne ha meno bisogno.

Anche l’aumento delle franchigie uguali per tutti porta ai risultati perversi di discriminazione tra i contribuenti, senza contare la categoria dei “contribuenti incapienti” i quali avendo un reddito basso non possono recuperare totalmente le loro spese detraibili, in quanto lo Stato riconosce le detrazioni fino all’azzeramento delle trattenute fiscali effettuate. Il che vuol dire che non importa a quanto ammontano le mie detrazioni, per esempio sulla sanità, perché al massimo le recupero esclusivamente sulla tassazione del mio piccolo reddito annuo, un’ulteriore iniquità, che colpisce i poveri. Parlando di fisco ogni termine “uguale per tutti” che sembrerebbe avere una logica di uguaglianza in effetti si concretizza in una perversa iniquità.

Un invito che mi permetto di fare al Comune di Milano nell’applicazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) per la compartecipazione ai servizi comunali quali gli asili nido, assistenza domiciliare, assistenza maternità, sostegno alle famiglie, bonus bebé, ecc., consiste di applicare ulteriori accertamenti per l’assegnazione di quanto dovuto. Tali nuovi accertamenti dovrebbero essere legati per esempio allo stato lavorativo, di salute, alle diverse età dei richiedenti, partendo dai bambini in quanto i bisogni cambiano con l’età.

Il Comune di Milano dovrebbe approfondire ed esprimere proposte riguardo alle sperimentazioni del “Quoziente Parma” e del “Fattore Famiglia della Regione Lombardia” per una reale e sempre più precisa equità. Inoltre, come afferma Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università Cattolica “l’ISEE fa bene il suo lavoro se fotografa nel modo il più aderente possibile alla realtà le condizioni, ad esempio, della famiglia con un anziano non autosufficiente o di quella povera. È uno strumento, non è suo compito realizzare politiche per la non autosufficienza o contro la povertà.”. Spetta agli Enti locali, Regione e Comuni sviluppare iniziative politiche per rispondere alle esigenze più drammatiche non solo di povertà, ma anche, per esempio, in termini sanitari di fronte ai malati di SLA e Alzheimer.

PS. A proposito del recupero sui costi degli affitti degli studenti fuori sede, visto lo scandalo scoppiato, sarebbe bene una sana burocrazia da parte degli atenei i quali solo di fronte a contratti di locazione registrati dovrebbero offrire i servizi richiesti.

 

Giovanni Agnesi

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti