14 maggio 2014

cinema – GRAND BUDAPEST HOTEL


 

GRAND BUDAPEST HOTEL

di Wes Anderson [USA, 2014, 100′]

con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Adrien Brody, Willem Dafoe, Tilda Swinton, Edward Norton, Jeff Goldblum

 

cinema18FBQuanto poco l’etichetta di realismo magico si attaglia al compianto Gabriel Garcia Marquez, quanto sarebbe perfetta per questo film dall’andamento rapsodico e concitato. Lo spettatore non ha il tempo di annoiarsi, le situazioni si susseguono in un quadro immaginario nel quale i personaggi hanno uno spessore e una reale verità di fondo.

Anderson ha interiorizzato, e riesce a trasmettercela, una personale visione umoristica della vita che gli permette di trasformare la drammaticità in commedia senza mai tradire l’approfondimento psicologico dei personaggi e il realismo della storia. Storia, o, per meglio dire, le storie. Perché sono almeno tre le storie o cornici a incastro, che come scatole cinesi si sovrappongono e antepongono alla vicenda centrale introducendo personaggi che concorrono a definire la trama del film: una ragazza che lascia una chiave di una stanza d’hotel ai piedi di un monumento eretto in memoria di uno scrittore scomparso; lo stesso scrittore anziano a cui vengono raccontate storie che scriverà; un giovane scrittore, interpretato da Jude Law, che per sfuggire a una patologica solitudine diventa cliente dell’hotel ormai in decadenza dove incontra Zero Moustafa (F. Murray Abraham).

La storia avventurosa di Zero è la vera e propria trama del film. Giovanissimo è assunto da Monsieur Gustav H., uno strepitoso Ralph Fiennes mitico concierge del pluristellato Grand Budapest Hotel, magnificente edificio situato nella immaginaria città di Zubrowka.

Ms. Gustav è circondato dalle attenzioni di attempate e ricche bionde signore, che frequentano l’hotel solo perché c’è lui; quando una di queste, madame D., improvvisamente muore, si scatenano contro il concierge le accuse del figlio di lei, Dimitry (Adrien Brody), che porteranno Gustav in prigione, con l’accusa di omicidio. Sarà proprio il giovane Moustafa, cui è legato a doppio filo, ad aiutarlo in questa vicenda rocambolesca.

La vicenda, complessa e con più livelli di narrazione, ma perfettamente comprensibile, è un pretesto per mettere in azione un film formalmente fantasioso e inusuale, pieno di trovate e di gag dal sapore fumettistico. Surreale, eccentrico, ricco di colpi di scena, in una parola: divertente.

Il film di Anderson attraversa cinquant’anni di storia, soffermandosi in particolare sugli anni Trenta: anni bui nella storia europea, omaggiando apertamente lo scrittore Stefan Zweig, scrittore all’indice, a cui il Nazismo nel 1933 aveva bruciato tutti i libri.

In fondo il Grand Budapest Hotel è il nostro mondo, le sue stanze e i suoi ospiti siamo noi, che facciamo fatica a osservarci dall’esterno e Anderson dipinge i personaggi con tale cura e minuziosità nei particolari attraverso acconciature, abiti, gesti, che li rende così reali pur nella spettacolarizzazione da farceli accettare anche nelle situazioni più strane, come noi accettiamo noi stessi. In ogni caso.

Un cast stellare, Premio della critica al festival di Berlino 2014, un film coinvolgente e straniante, da vedere.

La strana coppia

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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