16 aprile 2014

cinema – IN GRAZIA DI DIO


IN GRAZIA DI DIO

di Edoardo Winspeare [Italia, 2014, 127′]

con Barbara De Matteis, Laura Licchetta, Gustavo Caputo, Celeste Casciaro

Presentato al festival di Berlino, sezione Panorama.

 

cinema15FBÈ la storia di quattro donne della stessa famiglia, molto diverse tra loro. È incidentalmente anche un film sulla crisi. Anzi la crisi è la premessa della storia. Adele lavora con il fratello e la sorella nell’azienda tessile di famiglia, i conti non tornano più, sono terzisti, e le grandi aziende commissionano i lavori all’inarrivabile concorrenza cinese. I debiti si accumulano e in un attimo sono perse sia l’azienda sia la casa di famiglia.

Il fratello sceglie la via dell’emigrazione, le due donne quella del ritorno alla terra insieme alla madre vedova e alla figlia di Adele, Ina. Dal paese si trasferiscono in una casa di campagna malridotta, lavoreranno la terra per vivere come si faceva una volta. Adele si fa carico di tutto e organizza il lavoro nei campi sul modello dell’impresa. La madre sembra riallacciare antichi fili e trova una naturalità nelle cose da fare. Quelle che proprio non sopportano la retrocessione al mondo agricolo sono la sorella Maria Concetta, aspirante attrice e in costante attesa di una chiamata da Ozpetek, e Ina, adolescente annoiata che consuma le sue giornate a curare il suo look e fare sesso.

Nel film gli uomini non brillano: il fratello getta la spugna, se ne va in Svizzera con la famiglia, Crocifisso, l’ex marito di Adele pasticcione e inetto, è in galera (e forse è meglio per lui stare lì). C’è poi Stefano, timido ex compagno di scuola di Adele, lavora ad Equitalia, è da sempre innamorato della donna e si fa in quattro per aiutarla sia con i debiti con il fisco sia con ripetizioni gratuite a Ina che rischia la bocciatura. Silente la donna più anziana in campagna incontra un coetaneo, Cosimo, e se ne innamora. Lui è gentile, rispettoso, l’aiuta nei campi e la porta al mare.

Adele è una schiacciasassi nel suo compito di garantire la vita alla famiglia, passa sopra i sogni della sorella, chiamata per davvero da Ozpetek, del debole e disponibile Stefano, che la corteggia con favori, e non si accorge di ciò che accade alla figlia. È proprio la gravidanza della giovane a cambiare le cose a mettere in rete i sentimenti delle quattro donne che, in una quotidianità che non avevano scelto e molto lontana dalle loro aspettative, non facevano che ferirsi e deludersi.

Unica eccezione Salvatrice che affronta le cose così come vengono, un passo alla volta, memore di una concezione della vita che va oltre il contingente, con lo sguardo lungo che minimizza ciò che accade e lo supera in funzione del tutto. La sua è una lezione che viene dal mondo di sempre, la campagna salentina qui fotografata al meglio.

Il bambino che verrà diventa un progetto comune, così come pian piano lo è diventata la loro terra sul mare, che rifiutano di vendere anche se l’offerta e economica sembra allettante.

La recitazione di attori non professionisti è intensa, enfatizzata anche dal ritmo della parlata e da una gestualità che sembra non ammiccare mai allo spettatore. Tant’è che a volte pare di entrare nella vita reale dei protagonisti e la narrazione sembra talvolta sfiorare il racconto documentario.

Dorothy Parker

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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